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Conferenza Movimento club Pannella
Segreteria Rinascimento - 4 febbraio 1997
"MA IL VOTO SUL CSM RESTA DECISIVO"

di Achille Chiappetti

Ordinario di Istituzioni e Diritto Pubblico all'Universita' "La Sapienza" di Roma

IL MESSAGGERO 29/1/97

Nel dibattito sulla stampa di questi giorni, il referendum abrogativo sulle disposizioni per l'elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, e' stato considerato meno rilevante del referendum sulle leggi elettorali parlamentari. E meno dolorosa è sembrata la notizia che la Corte Costituzionale starebbe per dichiarare la sua inammissibilita'. Mi sembra, al contrario, che esso sia estremamente importante perche' puo' costituire un colpo di piccone sulle piu' gravi distorsioni che inficiano sia la giustizia italiana sia l'attuale assetto politico. Cio' in quanto, la sostituzione del sistema elettorale proporzionale per l'elezione dei membri togati con quello maggioritario sembra poter dare una spallata all'assetto partitocratico, o comunque correntizio, assunto oggi dal mondo della giustizia ordinaria, in ragione della politicizzazione del Csm. Inoltre essa puo' contribuire a superare la vera e propria rottura che discende da quell'assetto. Il nostro Costituente ha infatti istituito il

Csm al fine di garantire l'autonomia funzionale della Magistratura ordinaria. Assegnando ad un organo "estratto" dalla stessa Magistratura le scelte amministrative sullo status di quei particolari dipendenti pubblici che sono i Magistrati, esso ha escluso le interferenze dell'Esecutivo. L'autogoverno della Magistratura, attraverso il Csm, e' quindi ritagliato sulla ben limitata esigenza che sia un organo "esterno" a decidere su incarichi e trasferimenti e su provvedimenti disciplinari, che potrebbero condizionare i giudici nello svolgimento delle loro attribuzioni.

Il ruolo di "rappresentanza politica" che il Csm ha oggi assunto viola, quindi, la Costituzione, anzi ne comporta una vera e propria "rottura" nel momento in cui esso si presenta come vero e proprio "organo di vertice" della magistratura, come se questa fosse un potere autonomo e non piu' un ordine composto da singoli giudici, ciascuno dei quali titolari della funzione giurisdizionale. Viene in particolare sconvolto il disegno costituzionale, che non colloca tra i poteri che compongono l'attuale forma di governo rappresentante il "potere giudiziario" (che d'altronde, contraddice all'essenza dell'attività giudicante, sottoposta, per definizione, alla sola legge) Il "nuovo" organo-potere infatti è totalmente avulso ed impermeabile al sistema delle garanzie e dei contrappesi tra i poteri predisposti dal Costituente. In effetti, il mutamento subito dal Csm ha praticamente liquefatto i meccanismi di raccordo che la Carta aveva previsto per collegarlo al sistema costituzionale: attribuzione della Presidenza al Cap

o dello Stato e partecipazione minoritaria della componente non togata. Tali meccanismi sono divenuti inadeguati a fronteggiare la nuova veste di organo politico del Csm. Sono in primo luogo vanificate le garanzie degli altri poteri nei confronti della funzione giurisdizionale perchè, qualora eventuali atti di sviamento dell'esercizio di tale funzione provengano da magistrati appartenenti alla maggioranza politica del Csm o che, comunque, siano raccordati all'indirizzo politico di tale maggioranza, tali atti sono soggetti a valutazioni prevalentemente politiche.

La conseguente impossibilità di reagire contro illegittime intromissioni da parte del potere giudiziario, consente a quest'ultimo di condizionare i componenti degli organi rappresentativi degli altri poteri (esecutivo, legislativo e di garanzia costituzionale); uno squilibrio dal quale discende la rottura del delicato rapporto di equilibrio tra gli organi costituzionali, con l'aggravante che da tale rottura emerge la preminenza di un potere il cui organo di vertice non e' rappresentativo del popolo sovrano. Ne' d'altra parte va dimenticato il rischio conseguente alla politicizzazione sulle scelte provvedimentali del Csm che dovrebbero essere ancorate esclusivamente ai principi regolatori dell'attivita' amministrativa. La Corte Costituzionale non puo' dunque trincerarsi dietro alla sua giurisprudenza che esclude da referendum le leggi elettorali per la composizione di organi del circuito politico-democratico su cui si fonda la nostra vita istituzionale, dato che tale non e' il Csm.

Ammettendo il referendum essa coglierebbe due risultati: ribadirebbe la natura strettamente amministrativa (e non politica) del Csm e avvierebbe le istituzioni democratiche fuori dal circolo vizioso in cui esse sono impantanate ormai da troppo tempo. Un'occasione unica da non perdere.

 
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