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IL TEMPO 6 FEBBRAIO 1997

REFERENDUM: SCALFARO FECE PRESSIONI SUI GIUDICI DELLA CONSULTA

Scalfaro con una telefonata avrebbe influito sulle decisioni della Corte costituzionale riguardo al referendum che chiedeva la smilitarizzazione della Guardia di Finanza. Su quel quesito le voci della vigilia concordavano: i giudici lo avevano ammesso. Di fronte alla possibilità che la smilitarizzazione potesse diminuire l'efficienza delle Fiamme Gialle, un generale, la mattina di giovedì 30 gennaio, avrebbe varcato il portone del Quirinale, per chiedere a Scalfaro di fare il possibile. Una telefonata avrebbe così raggiunto due giudici della Corte. Poche ore dopo il voto avrebbe ribaltato la decisione.

Titolo di prima pagina

CONSULTA, LE PRESSIONI DI SCALFARO

Referendum: una strana visita al Quirinale e una telefonata dal Colle avrebbero modificato il responso sul quesito riguardante le Fiamme Gialle

Titolo a pagina 4

Articolo di Giovanni Negri

Il telefono, la sua voce. Ormai è quasi un'abitudine del presidenzialismo spurio all'italiana, la lunga stagione dello scalfarismo. Lui, il presidente, ama il telefono. Anzi lo adora, è lo strumento principe delle sue blitzkrieg. L'ultimo episodio risale a lunedì 30 gennaio e lo racconta una fonte autorevolissima. Mancano poche ore al momento fatale della sentenza sui referendum, la Corte Costituzionale è riunita per gli ultimi adempimenti. Le indiscrezioni da giorni parlano il linguaggio crudo delle "stragi", "ghigliottine" e "mannaie" che starebbero (ma il condizionale è sempre meno d'obbligo) per abbattersi sui trenta piccoli referendum. Ma un quesito, uno importante, uno per certi aspetti di grande significato, pare sia salvo. Almeno, è dato per salvo dagli osservatori più abboccati con i giudici della Corte. E lo stesso tam-tam giornalistico per interi giorni lo conferma: il referendum per la smilitarizzazione della Guardia di Finanza è passato, la Consulta ha dato il semaforo verde. Con conseguenze di

non poco conto, visto che è grazie alla ferrea legge dell'obbedienza militare che nel bene e nel male, nella persecuzione o nella non persecuzione dei reati fiscali, che il corpo dei finanzieri funziona (o non funziona, questione di punti di vista). Certo una rivoluzione che un Generale della Finanza, un graduato di altissimo livello, non intende assecondare. Perciò, sensibile al proprio dovere e consapevole dell'urgenza, è nella primissima mattinata di giovedì 30 gennaio che il generale varca il portone del Quirinale. L'obiettivo è semplice: un'estrema invocazione al Presidente affinché sia fatto il possibile, affinché ci si renda conto della estrema difficoltà nella quale sarebbero gettate le Fiamme Gialle, insomma null'altro si chiede che una buona parola. Si può essere insensibili ad un siffatto grido di dolore, e soprattutto perdere l'occasione di un ennesimo blitz telefonico? No. Detto fatto, una telefonata raggiunge due giudici della Corte Costituzionale. Potenza di Scalfaro e della Telecom, poche ore

dopo ecco il fatidico voto che ribalta la decisione già assunta di consentire il referendum sulla Guardia di Finanza. Anche su quello si abbatte l'implacabile veto togato. La tradizione del presidenzialismo telefonico affonda del resto le sue radici in numerosi precedenti, nè mancano i testimoni autorevoli di cotanta sfrenata passione. basti ricordare la candida confessione di Gianni Agnelli, quando raccontò di essere stato raggiunto per telefono da Scalfaro in pieno week end e confessò tutto il proprio stupore per la richiesta: "Sua sorella deve entrare nel Governo Dini". Anche quella volta la cornetta del Presidente ebbe la meglio, e Suni Agnelli si trasferì alla Farnesina. Sempre per telefono, non di rado attraverso la batteria del Quirinale, venne anzi compilata la quasi totalità dei ministri del Governo tecnico, che non a caso sembrò costruito sulle Pagine Gialle (un generale alla Difesa, un prefetto agli Interni, un commercialista alle Finanze e via sfogliando per categorie). Ed è ancora per telefono

che si infittirono gli scambi di informazione - come Francesco Saverio Borrelli ha rivelato - fra i vertici della Procura di Milano e il Quirinale, a poche ore dalla consegna dell'avviso di garanzia all'allora presidente del Consiglio Berlusconi, scambio effettivamente fruttuoso visto che provocò la divulgazione della notizia in un ambiente riservato ed ovattato quale la conferenza internazionale sulla criminalità, in pieno svolgimento a Napoli. Lui, sempre lui, l'attrezzo fatale del settennato Scalfaro, fu ancora decisivo e si fece rovente in mille altre occasioni. Usato per sventare la salita al Viminale di un ministro leghista, non ebbe grande fortuna. Miglior sorte invece si guadagnò sul campo per fare le bucce alla Finanziaria del Polo e creare il primo, vero incidente di percorso di quel Governo. Sempre il telefono del Quirinale impose alle Rai le reti unificate del memorabile "Non ci sto", sbaragliò tutti gli avversari facendo digerire a forza agli italiani l'ormai dimenticata par condicio, nè vi fu d

oloroso passaggio dell'epica telenovela Gifuni-Mancuso che non sia stato seguito, secondato, smentito dallo sdegnato telefono del Quirinale. Perciò con un referendum in meno e due scatti in più, possiamo ben dirlo. Se c'è uno sponsor ideale per Telecom Italia, questi è ben altro che Massimo Lopez. Il telefono, il suo settennato

 
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