Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 02 mag. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 11 febbraio 1997
IN QUESTO SILENZIO UN'ELOQUENTE CONFESSIONE

Fondo di prima pagina di Iuri Maria Prado

(Il Tempo, 11 febbraio 1997)

Caro direttore ho letto il suo editoriale di ieri, nonché i precedenti di suoi collaboratori, sul presunto caso di indebita interferenza nel giudizio di ammissibilità dei quesiti di referendum. E mi pare si tratti di un caso il quale, se accaduto, descriverebbe responsabilità molto più gravi e diffuse rispetto a quelle già ipotizzate dal giornale che lei dirige.

Parlare di ipotesi, di caso 'presunto', è non solo opportuno, ma dovuto senz'altro. Come dovuto mi sembra è infischiarsene tranquillamente della 'smentita', venuta dal presidente della Corte costituzionale, secondo cui quelle certe pressioni non ci sarebbero state. Che ci siano state oppure no, infatti (e io voglio credere di no) comunque la parola del presidente Granata conta meno di nulla: sennò è come accontentarsi, per chiudere la vicenda, del fatto che l'accusato di un delitto qualunque dica: "Non è vero". Cioè: lo dica pure, ma a noi che ci frega? Noi vogliamo che si indaghi.

Ma a lasciare, diciamo così, soprappensiero, è anche il contegno di colui il quale avrebbe confidato a Lei, Direttore, i modi in cui quelle pressioni sarebbero state esercitate, i nomi dei personaggi che in fatto se ne sarebbero resi responsabili nonché i nomi di quelli che le avrebbero subite: non solo senza denunciarle, ma anzi, si può pensare adeguandovisi. Ci si domanda, in altre parole, se sia così scontato che un cittadino - e non qualunque, si badi, ma ex presidente di un organo di vertice e pure non timido, sia quando era in carica che dopo, nel prendere pubblicamente posizione sopra i più disparati argomenti, e, proprio in virtù della funzione pubblica da lui esercitata, destinatario di ossequiosi e incondizionati accreditamenti di autorevolezza - ci si domanda, dicevo, se sia così scontato che un cittadino possa essere messo a conoscenza di un progetto illecito (tale è, si crede ancora, il progetto di influenzare un organo di giustizia), non reagendo in alcun modo ma addirittura fornendo, dici

amo così, qualche indicazione.

A meno che, s'intende, l'ex presidente della Corte costituzionale volesse semplicemente scherzare: scherzo tuttavia incauto e scappato di mano 'se' qualcuno lo ha preso sul serio. E sottolineamolo quattro volte, quel 'se', perché davvero io a tutta questa storia non voglio credere. Ma come faccio se Lei, invece, Direttore, mi dice che quelle cose gliele hanno dette, e che c'erano testimoni? Io non voglio crederci: ma se dall'altra parte sento o il silenzio o lo scomposto berciare di qualche senatore postdiccì (il quale non chiede di meglio, per fare luce, che oscurare una radio che si è limitata a dare conto delle notizie fornite da 'Il Tempo'), ebbè allora, per quanta resistenza io opponga, finirò per crederci.

Di una cosa però son certo da adesso e senza bisogno di schiarimenti ulteriori: in uno Stato 'di diritto', non si ipotizza che dei giudici supremi possano subire pressioni senza che immediatamente seguano gli accertamenti di ragione. E il fatto stesso che accertamenti immediati non seguano, in un Paese 'democratico' determinerebbe qualche strepito.

In Italia, no. E questo la dice tutta del carattere 'di diritto' del nostro Stato, e del suo tenore 'democratico'. Il presunto 'caso', insomma, spaventa meno rispetto al modo in cui è - cioè non è - trattato.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail