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Conferenza Movimento club Pannella
Fischetti John - 26 febbraio 1997
life

inserisco di seguito il testo di una lettera aperta indirizzata alla Life e inviata anche ai media locali.

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La libertà sequestrata

Sindacalisti e rifondatori comunisti da qualche giorno attaccano pesantemente la Life. Non l'hanno fatto quando la Life ha deciso di sondare le opportunità del "fare impresa" in altri Paesi, né quando parlava di disobbedienza e ostruzionismo fiscale. Hanno attaccato, invece, quando la Life ha difeso una azienda locale ed è scesa in strada a fianco dei lavoratori: imprenditori e lavoratori sullo stesso fronte contro le assurdità di un sistema burocratico fondato troppo spesso sulla inapplicabilità delle norme e sull'incertezza del diritto.

Sindacalisti e rifondatori comunisti che, quindi, non sembrano interessati al mantenimento in vita e in attività delle aziende nel nord-est, ma che si scatenano quando temono di perdere la sola cosa che pensano, sbagliando, gli rimanga, e cioè la rappresentanza della cosiddetta "classe operaia", e temendo di perdere l'osso che hanno sgranocchiato per decenni, quello del "contrordine compagni" periodicamente inflitto ad una "classe" fin troppo abituata a subir sodomìa, e il biscottino delle quote sindacali trattenute alla fonte con la complicità dei grandi gruppi industrial-finanziari, scompostamente, terrorizzati, latrano e mordono.

Sono gli stessi che affermano, scandalizzati, che la Life persegue l'obiettivo della libertà di licenziamento. A costoro occorre ricordare che, in una economia di libero mercato, la ricerca delle opportunità di creazione di ricchezza e di lavoro, e l'impiego di capitale a rischio sono frenati, fra l'altro, proprio dalla indissolubilità dei rapporti di lavoro, poiché la cosiddetta "libertà di licenziamento" in quel contesto si concretizza nella libertà di assunzione, e che ben altre sono le forme, tutte esterne alle aziende, di un efficace sistema di sicurezza sociale.

Nel merito del sequestro dei capannomi dell'azienda, attendiamo il rotolare, per carità, metaforico, di qualche testa. Infatti sembra incontestabile che, pur in presenza di un diritto sgangherato come quello vigente, vi sia chi in questo caso ha commesso un abuso: agli organi competenti la valutazione se la responsabilità, compresa la condanna al rimborso dei danni arrecati, sia di chi forse troppo frettolosamente ha disposto il sequestro, o di chi, poche ore dopo, forse perché sotto pressione, di quel sequestro ha disposto il ritiro.

L'occasione del sequestro dei capannoni della Friuli Prefabbricati ha tuttavia anche un pregio: ha evidenziato che il vero blocco sociale è di chi lavora e produce, contrapposto a chi di quel lavoro è burocrate parassita. Nelle piccole e medie aziende il titolare spesso lavora accanto ai suoi dipendenti, ed entrambi sono contrapposti a chi impiega il suo tempo ad autogiustificare la propria esistenza inventando norme astruse, incomprensibili, ambigue, inapplicabili, per poterne poi divenire il casuistico e arbitrario sacerdote applicatore.

In questo ambito, il movimento dei Club Pannella-Riformatori riconosce e condivide le finalità e gli obiettivi della Life, pur considerandone non sempre adeguati gli strumenti. A partire da queste considerazioni, rivolgiamo un invito e un appello alla Life, agli imprenditori, e, insieme, ai dipendenti delle loro aziende.

Riteniamo che imprenditori e dipendenti abbiano un interesse in comune, concreto e diretto all'affermarsi di uno Stato con poche e chiare leggi, con poche e chiare tasse, con la ragionevole certezza sul valore e difendibilità dei propri diritti, come sulla cogenza e responsabilità dei propri doveri.

Tutto questo non si ottiene gratis. Gli imprenditori sanno bene che per rilanciare una azienda in crisi, se ci si crede, è necessario ristrutturare e investire capitale fresco. L'azienda Italia ha una necessità estrema di questi investimenti e di queste ristrutturazioni, e, in assenza di significativi mutamenti di rotta, come bene ha scritto qualche giorno fa Angelo Piccinin (presidente Life del Friuli-Venezia Giulia): "l'azione di demolizione di questo "regime" è ancor più necessaria e urgente".

Uno dei cardini fondamentali di una società moderna è la certezza del diritto, certezza che è invisa ai "regimi", e che non a caso in questo Paese oggi è una chimera. Occorre tuttavia non cedere alle tentazioni di risposte disperate e violente, che costituirebbero un buon alibi per un nuovo "giro di vite" autoritario. Occorre agire riaffermando la forza enorme della verità e della legalità, e l'appello che rivolgiamo va in questa direzione.

Occorre riaffermare la legalità, quindi, e occorre certamente farlo a partire dai casi più eclatanti di sua negazione, derisione, indifferenza. In questi mesi abbiamo appreso delle lotte tendenti ad affermare il rispetto della democrazia in Serbia. Per settimane i cittadini di quel Paese sono scesi in strade e piazze per contestare, e alla fine hanno vinto, riaffermando la vittoria delle opposizioni in alcune elezioni amministrative locali. Negli stessi mesi, in Italia, il silenzio e la rassegnazione sono stati il seguito di una ben più grave violazione della volontà popolare, quella che nel 1993, mediante un referendum, aveva rifiutato con oltre il 90% dei consensi il finanziamento pubblico dei partiti.

Complici di questa violazione sono stati i massimi esponenti istituzionali di questo Paese: primo, il Parlamento, che praticamente all'unanimità, tutti i partiti concorrenti, approva in poche ore, alla vigilia di Natale, la nuova legge sul finanziamento pubblico dei partiti; seconda la Corte costituzionale, che rifiuta di discutere il caso della contrapposizione fra i promotori del referendum, rappresentanti del voto dell'elettorato, e il parlamento; terzo, il Presidente della Repubblica, che controfirma quella legge, stracciando il suo ruolo di garante della costituzione e della sovranità popolare in essa sancita.

Tutto questo non può e non deve essere supinamente accettato, e occorre armarsi e attrezzarsi con gli strumenti più adeguati perché se una cosa del genere viene accettata, magari con il mugugno e la rassegnazione, frana l'impianto stesso del sistema democratico, e la libertà e il diritto di impresa, cari alla Life, diventano allora soltanto alcuni fra i tanti piccoli e grandi ostaggi del regime, insieme alla libertà e al diritto di voto, di espressione, di cittadinanza.

Occorre rispondere subito, quindi, con un nuovo referendum che decreti definitivamente la fine del finanziamento pubblico ai partiti, e che smascheri e renda inutiili le manovre dei satrapi della partitocrazia. Siamo disposti a ripartire, mettendo a disposizione le nostre capacità e la nostra esperienza, ma stavolta iniziamo soltanto se l'obiettivo è condiviso da altri, nella concretezza delle dichiarazioni scritte, nella firma di un contratto, e nella raccolta del danaro necessario. Occorre investire, appunto, perché la libertà che non costa nulla si rivela alla fine senza valore, adatta solo al ruolo del suddito. Vogliamo provare, insieme, ad essere cittadini?

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--- MMMR v4.68 beta * Gutta cavat lapidem

 
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