Revisionismo. Sono un appassionato di revisionismo, contro la vergognosa manipolazione della storia fascista da parte di un antifascismo costruito da una generazione di postfascisti che, se il fascismo fosse continuato, erano già destinati, per fattori oggettivi e per vocazione, ad esserne la classe dirigente, anche culturalmente. Cominciai ad occuparmi della questione verso gli anni '70, quando Pannella lanciò la sua definizione di fascismo, come di un evento "tragicamente grande". Non ho cessato di occuparmene, cercando di contestare la tesi di De Felice, che il fascismo è stato qualcosa di molto simile alla democrazia...
Zevi, con la sua controstoria dell'architettura, è un felicissimo "rivoluzionario". I suoi concetti relativi all'architettura come poesia dello spazio sono azzeccatissimi, la sua vigorosa rivalutazione del gotico, letteralmente ignorato, spocchiosamente, dai nostri critici firenzecentrici, mi trova d'accordo da quando, appena posso, vado a visitare le cattedrali francesi (Chartres) e inglesi (Winchester, ecc,) che fanno dimenticare, senza rimpianti, Viterbo e simili), la sua visione dell'architettura come di un fattore rivoluzionario lo isola in un paese di conformisti, compresi i revisionisti che rivalutano l'accademia italiana degli anni trenta, etc.
Compreso anche il finto anticonformista Galli Della Loggia, che rivaluta il fascismo, anzi il nazionalfascismo senza nemmeno rendersene conto.
Zevi, europeo, americano, ecc., è un perno culturale profondo della nostra (spero) volotà di sprovincializzazione in senso liberaliberista.
Leggersi anche, in economia, "La libertà individuale come impegno sociale", di Amartya K. Sen, laterza, 9000 lire.
Buona domenica a tutti.