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Conferenza Movimento club Pannella
Colombo Emilio - 9 marzo 1997
Requiem 1

1. DAL REFERENDUM SEGNI AL MATTARELLUM

1.1. La Corte costituzionale (sent. n. 32/1993), ammettendo il referendum Segni 2 sulla legge elettorale per il Senato (il Segni 1 era stato dichiarato inammissibile con Sent. n. 47 del 1991), ha confermato che "Sono assoggettabili a referendum popolare anche le leggi elettorali relative ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano omogenei e riconducibili ad una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in guisa da garantire, pur nell'eventualità di inerzia legislativa, la costante operatività dell'organo. Quando siano rispettate tali condizioni, è di per sé irrilevante il modo di formulazione del quesito, che può anche includere singole parole o singole frasi della legge prive di autonomo significato normativo, se l'uso di questa tecnica è imposto dall'esigenza di "chiarezza, univocità e omogeneità del quesito" e di "una parallela lineare evidenza delle conseguenze abrogative", sì da consen

tire agli elettori l'espressione di un voto consapevole (sent. N. 47 del 1991)."

1.2. Il citato referendum elettorale Segni 2 mirava, abolendo il quorum del 65 per cento dei voti espressi, richiesto per l'elezione del senatore nel collegio uninominale, ad invertire le due distinte fasi in cui era organizzato il procedimento di assegnazione dei seggi: la fase uninominale-maggioritaria e la fase plurinominale-proporzionale. La prima, da ipotesi residuale veniva trasformata in regola generale; la seconda diveniva, conseguentemente, norma di chiusura.

La legge elettorale per il Senato operava infatti, prima del referendum Segni, nel modo seguente:

a) fase uninominale-maggioritaria (art. 17, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): per essere eletto, il candidato nel collegio uninominale doveva ottenere almeno il 65 per cento dei voti validamente espressi. Il mancato raggiungimento di tale quorum nella maggior quantità di collegi possibile era divenuta condizione necessaria per il funzionamento della legge, imponendo il passaggio alla:

b) fase plurinominale-proporzionale (art. 19, comma 2, legge 6 febbraio 1948, n. 29): i voti raccolti dai candidati uninominali in ogni collegio nel quale non fosse avvenuta l'elezione del senatore con il 65% dei voti validi, concorrevano a formare, con i voti dei candidati collegati allo stesso gruppo regionale e presentatisi nei collegi in cui parimenti non fosse avvenuta l'elezione, il quoziente elettorale regionale di gruppo. Sulla base di tale quoziente, i seggi ancora da attribuire (di solito, tutti) erano quindi distribuiti, con metodo proporzionale, tra i vari gruppi di candidati; e, all'interno dei vari gruppi, si procedeva all'elezione dei senatori secondo la graduatoria decrescente dei quozienti individuali dei singoli candidati (ovvero, in base alla percentuale conseguita da ogni candidato nel proprio collegio di presentazione).

Il passaggio alla seconda fase era indispensabile per consentire l'elezione di tutti i senatori, in quanto, mentre il numero dei membri elettivi del Senato fu nel 1963 costituzionalmente fissato in 315, il numero dei collegi (238) non era stato praticamente più rivisto dopo la distribuzione avvenuta nel 1948. Infatti, se in tutti i collegi uninominali fosse stato eletto un candidato con il 65 per cento dei voti, non sarebbero rimasti più voti per calcolare i quozienti elettorali regionali di gruppo, con la conseguente impossibilità di assegnare i 77 seggi residui.

1.3. Il referendum Segni, abbattendo il quorum del 65 per cento dei voti alla semplice maggioranza relativa, ha conseguentemente dovuto abolire anche la norma che rendeva inutilizzabili -ai fini del calcolo del quoziente elettorale regionale di gruppo- i voti dei candidati presentatisi nei collegi dove fosse avvenuta l'elezione maggioritaria, ormai non più eventuale e estremamente improbabile, ma certa.

1.4. E' noto come, in seguito, il Parlamento abbia deciso di modificare la legge elettorale per il Senato, principalmente per ridistribuire equamente i collegi tra le Regioni (senza incidere sostanzialmente sulla struttura della legge derivante dal referendum vittorioso), e quella per la Camera dei Deputati, approvando la legge 4 agosto 1993, n. 277 (cd. Mattarellum).

Com.Di.R.El.C.U.

 
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