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Conferenza Movimento club Pannella
Baietti Roberto - 13 marzo 1997
SINTESI DELLE MOTIVAZIONI (solo quelle formali!) DELLA BOCCIATURA DI 19 REFERENDUM E DELLA AMMISSIONE DI 11

prese dal sito di Repubblica (dovrebbe essere, comunque, una notizia Ansa)

Quesito per quesito, le ragioni dell'ammissibilità dei vari referendum

Diciannove respinti,

undici ammessi

Le motivazioni della Consulta

Quota proporzionale alla Camera e al Senato

(respinto)

Un eventuale successo dei "sì" nel referendum sull'abrogazione della quota proporzionale del 25 per

cento nella elezione di Camera e Senato comporterebbe

una paralisi della operatività dei due organi, perché il

sistema elettorale non consentirebbe più il rinnovo dei due

rami del Parlamento. Così i giudici della Corte

Costituzionale spiegano il loro "no" ai referendum su

Camera e Senato. A scrivere la sentenza è stato il giudice

Francesco Guizzi, lo stesso che due anni fa venne

incaricato di motivare la bocciatura degli identici quesiti

referendari. Ed in parte il relatore replica le

argomentazioni di allora. La Corte, nella premessa,

riconosce che le richieste dei riformatori hanno i "requisiti

di chiarezza ed omogenità in quanto rispondono ad una

matrice unitaria: quella di far espandere il principio

maggioritario positivamente accolto dalle due leggi

elettorali del 1993 e fin qui limitato dai meccanismi ispirati

dal principio proporzionale".

Ma dopo il riconoscimento del rispetto di queste due

condizioni essenziali per arrivare alla consultazione

popolare, i giudici osservano che "tuttavia va ricordato

che i referendum abrogativi delle leggi elettorali degli

organi costituzionali non devono paralizzare i meccanismi

di rinnovazione, che sono strumento essenziale della loro

necessaria, costante operatività". La Corte non contesta

l'ammissibilità dei referendum parziali di tali leggi, purché

la normativa risultante dalla abrogazione, che viene definita

"residua", sia immediatamente applicabile, consentendo il

rinnovo, in qualsiasi momento, dell'organo

rappresentativo. Ciò, prosegue la sentenza, assume

particolare importanza per il Parlamento che è "istituto

caratterizzante dell'ordinamento" ed è luogo privilegiato

della rappresentanza politica, cosicchè la paralisi, anche

soltanto temporanea, dei meccanismi giuridici per il

rinnovo delle assemblee parlamentari "urterebbe con le

esigenze fondamentali della democrazia rappresentativa".

La Corte si chiede a questo punto se la "normativa

residua" in caso di una vittoria dei "sì" consentirebbe il

funzionamento di Camera e Senato. La risposta è stata

negativa in quanto, in mancanza di una iniziativa legislativa,

l'attività dei due rami del Parlamento risulterebbe

paralizzata. La Corte osserva infatti che, una volta

abrogata la quota proporzionale e in mancanza di una

nuova determinazione dei collegi uninominali in ciascuna

circoscrizione, si arriverebbe alla elezione di un numero di

deputati inferiore a quello previsto dalla Costituzione (475

e non 630). Discorso simile viene sviluppato per quanto

riguarda la elezione dei senatori e la conclusione è che, in

queste condizioni, il sistema elettorale non consentirebbe

quindi di rinnovare l'assemblea.

Smilitarizzazione della Guardia di finanza (respinto)

Il quesito sulla smilitarizzazione della Guardia di Finanza è

"incongruente" e "inidoneo" a conseguire l'abolizione del

carattere militare della Gdf; la proposta referendaria

sembra tradursi in un referendum di indirizzo, non previsto

dalla Costituzione. Questa, in sintesi, la motivazione con la

quale la Corte Costituzionale, relatore Guido Neppi

Modona, ha dichiarato non ammissibile il referendum sulla

Guardia di Finanza. Secondo la Consulta, infatti, anche nel

caso di un esito positivo del referendum, gli attuali

caratteri della GdF continuerebbero a sussistere ai tre

livelli delle funzioni, dell'ordinamento del reclutamento e

dello stato giuridico del personale. "Il vero e proprio

modo di essere di questo ramo dell'Amministrazione dello

Stato", proseguono i giudici, "non è suscettibile di essere

eliminato mediante la mera abrogazione delle norme che

sanciscono l'appartenenza del Corpo alle Forze Armate e

gli attribuiscono la funzione di "concorrere alla difesa

politico-militare delle frontiere, e in caso di guerra, alle

operazioni militari". Per rafforzare la sua tesi, la Consulta

ricorda che per "smilitarizzare" il Corpo delle guardie di

pubblica sicurezza e il Corpo delle guardie carcerarie si è

disposto l'espresso scioglimento di tali corpi e

contestualmente si è adottata una disciplina legislativa per

regolare in chiave civile tutti gli aspetti delle strutture.

Golden share (ammesso)

Un quesito dotato di perfetta chiarezza nella struttura

come nella finalità. Con queste parola la Corte

Costituzionale, relatore Cesare Ruperto, ha deciso

l'ammissione del referendum sulla "golden share", ovvero

sulla riserva allo Stato dei rilevanti poteri speciali previsti

dall'articolo due della legge sulle privatizzazioni. In

particolare, i giudici della Corte Costituzionale si sono

soffermati sul possibile legame della legge in questione e le

leggi di bilancio, legame che aveva causato la

dichiarazione d'inammissibilità della richiesta referendaria

sull'alienazione dei beni patrimoniali dello Stato. Secondo i

giudici, non c'è alcun rapporto tra l'incremento delle

entrate dello Stato, che si stimano siano conseguenti dal

processo di dismissione delle società da privatizzare e la

eliminazione della cosiddetta "golden share". Il quesito,

inoltre, non rischia di confondere l'elettore, al quale è

posta "un'alternativa netta" e che può quindi "percepire

immediatemente e con esattezza le possibili conseguenze

del suo voto".

Droghe leggere (respinto)

La legalizzazione delle droghe leggere costituirebbe un

inadempimento degli obblighi internazionali assunti dallo

Stato italiano, in particolare della Convenzione di Vienna

del 1988 e di New York del 1961, che "impongono" alle

parti contraenti di attribuire carattere di reato a quei

comportamenti che i promotori del referendum volevano

invece depenalizzare. Per questo motivo la Corte

Costituzionale, relatore Guido Neppi Modona, ha

dichiarato non ammissibile il quesito referendario sulla

legalizzazione delle droghe leggere. Secondo la Corte

Costituzionale, che in proposito cita precedenti sentenze,

devono venire preclusi i referendum che investono non

soltanto le leggi di autorizzazione a ratificare trattati

internazionali, ma anche quelli collegati all'esecuzione dei

trattati medesimi. La Corte Costituzionale si è limitata ad

esaminare solamente il quesito nella parte relativa

all'articolo 75 del testo unico della legge sugli stupefacenti

(il quesito intero riguardava sei articoli della legge),

ritenendo superfluo procedere all'esame degli altri

interventi abrogativi.

Elezione Csm (respinto)

Quesito non omogeneo: per la mancanza di tale essenziale

requisito è stato bocciato il referendum sul sistema

elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura

proposto dai riformatori. Nella sentenza, redatta da

Cesare Mirabelli, si ricorda che già in passato, nel 1987,

una richiesta, sia pur limitata alla elezione dei componenti

togati dell'organo di autogoverno dei giudici, fu bocciata

dalla Consulta. Questa volta il quesito era stato ampliato,

investendo l'intera normativa sulla elezione e sul

funzionamento del Csm, dalla durata in carica dei

consiglieri, alla elezione di quei componenti votati dal

Parlamento, ai requisiti per essere nominato membro

"togato". Nell'esaminare la normativa di cui si chiedeva

l'abrogazione, la Corte osserva che alcune di queste

disposizioni "eccedono la finalità, enunciata dai promotori,

di superare il sistema elettorale proporzionale". Da qui

scaturisce il convincimento che al momento del voto il

cittadino sarebbe stato chiamato ad esprimersi su

questioni non omogenee, come dimostra tra l'altro, si

afferma nella sentenza, la diversità del sistema elettorale

per la nomina dei componenti togati da quello per la

nomina di quelli indicati dal Parlamento. In conclusione,

osserva la Corte, "è sufficiente la ricognizione dell'ambito

e della estensione del quesito referendario per renderne

manifesta l'eterogeneita"'.

Incarichi extragiudiziali dei magistrati (ammesso)

Una pagina appena è bastata ai giudici della Corte

Costituzionale, relatore Fernanda Contri, per decidere

l'ammissibilità del quesito referendario sull'abrogazione

delle disposizioni che consentono ai magistrati, previa

autorizzazione del Csm, di accettare "incarichi di qualsiasi

specie" e di "assumere le funzioni di arbitro". Secondo i

giudici della Corte Costituzionale, infatti, il quesito è

conforme ai requisiti di chiarezza e omogeneità, ovvero "è

immediatamente percepibile dall'elettore", e non incorre in

alcuna delle ipotesi di inammissibilità previste dalla

Costituzione.

Responsabilità dei magistrati (respinto)

Assenza di chiarezza, che impedisce all'elettorato la piena

consapevolezza del significato del voto. Questo "difetto"

nella enunciazione del quesito ha portato alla bocciatura

del referendum con il quale i riformatori chiedevano

l'abrogazione delle norme che attualmente disciplinano il

risarcimento del cittadino che abbia riportato un danno

ingiusto in seguito alla decisione di un magistrato. Con la

consultazione i promotori puntavano all'affermazione di

una responsabilità civile dei magistrati, diretta e piena nei

confronti del danneggiato, mentre ora è ritenuta indiretta e

limitata in quanto è lo Stato che fa fronte a rivendicazioni

di questo genere. La richiesta di eliminare dalla legge una

breve frase ("contro lo Stato"), osserva la Corte, "di per

sè non espressiva di un autonomo contenuto normativo,

determina una assoluta e oggettiva mancanza di chiarezza

del quesito che si intende sottoporre a votazione

popolare". Difatti, aggiunge la sentenza, è del tutto

equivoca la configurazione della domanda per quanto

attiene la posizione dello Stato, la cui responsabilità è

preminente nell'attuale configurazione della legge al fine di

un risarcimento del cittadino danneggiato. E in caso di un

successo dei sì con la conseguente eliminazione della

responsabilità dello Stato, non sarebbe più possibile

avanzare la richiesta di risarcimento.

Abolizione ministero risorse agricole (ammesso)

L'unico vero ostacolo era rappresentato dalle funzioni

dello Stato centrale in attuazione delle politiche

comunitarie, ma le leggi di ratifica del trattato Cee che

impegnano lo Stato italiano non indicano gli organi ai quali

lo Stato stesso deve affidare le relative funzioni e

nemmeno impongono di affidarle ad un Ministero.

Obiezione coscienza (ammesso)

L'attuale legislazione sull'obiezione di coscienza può

essere sottoposta a referendum anche perché non

rappresenta l'unico possibile equilibrio, conforme alla

Costituzione, tra le esigenze individuali e quelle collettive

che si esprimono nell'obbligo del servizio militare, obbligo

configurabile dalla legge in ordine tanto ai "modi" quanto ai

"limiti" del suo assolvimento.

Possibilità concorsi per enti locali (ammesso)

Il quesito non incide sul principio del concorso nelle

pubbliche amministrazioni (articolo 97 della Costituzione,

terzo comma), principio che anche in caso di eventuale

abrogazione delle norme in questione potrà continuare a

trovare attuazione nelle diverse modalità non toccate dal

quesito.

Abolizione Coreco (ammesso)

Il principale ostacolo era costituito dai numerosi articoli

oggetto del quesito, ma la Corte ha riconosciuto che sono

tutti riconducibili alla comune problematica dei controlli, in

senso lato, sull'azione degli enti locali. Il quesito, poi, mira

a ridurre l'area del controllo, lasciando sussistere il

controllo di legittimità che i Coreco sono chiamati a

svolgere, in via generale e necessaria, sulle deliberzioni dei

consigli comunali e provinciali.

Ruolo segretari comunali (ammesso)

La mancata inclusione di alcune norme riguardanti la figura

del segretario comunale non costituisce un ostacolo alla

chiarezza del quesito che propone un'unica alternativa

all'elettore: la soppressione o il mantenimento della figura

del segretario comunale.

Controllo stato su regioni (ammesso)

Il quesito non riguarda leggi "a contenuto

costituzionalmente vincolato" perché, se è vero che il

complesso sistema delle relazioni fra Stato e Regioni trova

il suo fondamento diretto nella Costituzione, è anche vero

che sui controlli la Costituzione parla di controlli da parte

di "un organo dello Stato", rimettendo alla legge di

stabilirne "modi e limiti".

Ingresso cacciatori nei fondi altrui (ammesso)

La Corte ricorda che sull'identico quesito si è già votato

nel 1990, ma in quell'occasione non si raggiunse il quorum

dei votanti. La nuova legge sulla caccia, inoltre, non ha

modificato l'articolo 842 del codice civile, oggetto del

referendum.

Abolizione ministero sanità (respinto) La domanda è stata

giudicata inammissibile, come lo fu una precedente

richiesta (1993), in quanto non è possibile che un quesito

che proponga al corpo elettorale di giungere, attraverso la

soppressione di un intero ministero, alla eliminazione di

funzioni che siano costituzionalmente necessarie e come

tali non possano essere soppresse senza con ciò ledere

principi costituzionali. In questo caso verrebbe violato il

primo comma dell'articolo 32 della Costituzione (la

Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell'individuo e interesse della collettività).

Abolizione ministero industria (respinto)

Già nel 1992 la Corte Costituzionale giudicò inammissibile

tale quesito referendario, osservando che un eventuale

successo della consultazione non avrebbe potuto mai

portare alla totale soppressione del dicastero, ma soltanto

a una sua mutilazione. Questo perché il ministero si

presenta come "il risultato di una stratificazione normativa"

che il quesito non poteva definire adeguatamente. Anche

in questo caso vi è una palese incongruità del quesito

rispetto all'oggetto reale del referendum, il quale non può

non coinvolgere l'esame delle molteplici funzioni attribuite

al ministero dalla complessa normativa.

Abolizione dipartimento turismo (respinto)

Ventisette pagine di sentenza per giungere alla

dichiarazione di inammissibilità del referendum

sull'abolizione del dipartimento del Turismo, Spettacolo e

Sport per la "palese eterogeneità dei temi" proposti. Ciò,

perché accanto alle politiche di settore e delle attività di

indirizzo e coordinamento, il dipartimento svolge funzioni

che con esse non necessariamente si coniugano, come lo

svolgimento delle attività necessarie ad assicurare la

partecipazione dell'Italia alla elaborazione delle politiche

comunitarie. Quindi, la proposta, investendo una nutrita e

variegata serie di disposizioni, non consente all'elettore di

dare un libero e consapevole responso.

Abolizione del sostituto d'imposta (respinto)

Richiesta inammissibile, come già ebbe a dire la Corte

Costituzionale per una analoga domanda nel 1995. I

giudici ribadiscono ora che il sistema della ritenuta alla

fonte per i lavoratori dipendenti risponde sia all'interesse

fiscale della immediata percezione delle somme, sia a

criteri di tecnica tributaria per agevolare la riscossione dei

tributi. Né vale sostenere che con gli attuali moderni

strumenti di accertamento si possa ugualmente verificare la

percezione dei redditi mediante sistemi diversi da quello

che si intendeva abrogare.

Interruzione gravidanza (respinto)

a richiesta di consentire anche alla struttura privata di

praticare l'aborto e di eliminare il consenso del medico per

le interruzioni nei primi 90 giorni di gestazione è stata

giudicata inammissibile perché investe problemi importanti,

come la tutela dei diritti dei minori, sanciti dalla

Dichiarazione sui diritti del fanciullo "sia prima, sia dopo la

nascita". Tutela prevista anche dalla nostra Costituzione

secondo la quale il diritto alla vita, inteso nella sua

estensione più larga, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili,

insieme con la tutela della maternità.

Divieto pubblicità Rai (respinto)

Così come la domanda viene proposta, attraverso quella

che viene definita dalla Corte una operazione di ritaglio

delle parole e il conseguente stravolgimento della struttura

della normativa, introduce una nuova statuizione non

riscontrabile nell'ordinamento. In altre parole si tratta di

una "domanda costruita". I contenuti del quesito vengono

definiti dalla Consulta "mere locuzioni verbali, inespressive

di qualsiasi significato normativo, tendenti a proporre al

corpo elettorale non tanto una sottrazione di contenuto

normativo, ma piuttosto una nuova norma direttamente

costruita".

Abolizione P.r.a. (respinto)

Il quesito, investendo con una sola domanda più contenuti

(interessa, infatti, una complessità di norme, strutture e

funzioni), può generare equivoci per l'elettore al quale non

viene consentita la libertà di esprimersi con chiara

consapevolezza sull'unico contenuto normativo che può

univocamente formare oggetto di una richiesta

referendaria.-

Maestre scuola elementare (respinto)

Secondo i giudici costituzionali, il quesito non si propone

un intento meramente eliminativo dell'attuale "modulo"

adottatto nelle scuole elementari (tre maestre per classe)

ma, attraverso una abrogazione parziale, mira

all'instaurazione di un sistema diverso che però resta

"obiettivamente e insuperabilmente incerto" mancando

l'alternatività tra la disciplina vigente e quella che

rimarrebbe.

Indirizzo stato su atti regioni (respinto)

La richiesta è inammissibile poiché coinvolge norme

contenute in atti di legislazione ordinaria ma a contenuto,

sia pur parzialmente, costituzionale. Il quesito, infatti,

coinvolge il potere statale di indirizzo e coordinamento in

sè, nella sua esistenza e quindi, necessariamente, nel suo

fondamento che risiede nella stessa Costituzione.

Possibilità per le regioni di svolgere attività

all'estero (respinto)

La ratio ispiratrice del quesito non è la sostituzione di un

modello di coordinamento con un altro, bensì

l'eliminazione di ogni forma di coordinamento tra Stato e

Regioni in materia di attività promozionali all'estero e tutto

ciò, per la Corte, colpisce il principio costituzionale di

"leale cooperazione". Direttive Ue e regioni(respinto) Il

quesito non mira tanto ad ottenere una successiva diversa

disciplina legislativa delle funzioni statali attinenti ai

rapporti con la Comunità economica europea quando

venga in considerazione una qualsiasi competenza

regionale, quanto a contrastare, in linea di principio, la

stessa possibilità di funzioni statali in tale ambito di

rapporti. Ciò, per la Corte, non è possibile perché le

funzioni dello Stato "non possono essere fatte

definitavemente tacere".

Direttive stato su funzioni delegate regioni (respinto)

L'eliminazione del potere di direttiva del Governo centrale

per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni amministrative

delegate alle Regioni, interessa una norma a contenuto

costituzionalmente vincolato. Del resto l'articolo 121 della

Costituzione prevede espressamente che il presidente

della giunta regionale dirige le funzioni amministrative

delegate dallo Stato alla Regione "conformandosi alle

istruzioni del Governo centrale".

Iscrizione al servizio sanitario (respinto)

Si chiedeva di consentire al cittadino di poter scegliere tra

l'iscrizione al servizio sanitario nazionale e una

assicurazione privata. La proposta non ha superato

l'esame della Corte Costituzionale, come già nel 1995 un

analogo quesito. La legge che risale al 1980 ha stabilito,

ricorda la Corte, la obbligatorietà dell'assicurazione contro

le malattie per tutti i cittadini, rendendo universale e

uniforme l'assistenza sanitaria erogata dal Servizio

sanitario nazionale. Secondo la Corte, quella proposta

doveva considerarsi una falsa alternativa che si voleva

sottoporre agli elettori. A suo giudizio, infatti, anche con la

eventuale abrogazione dell'obbligo all'iscrizione al servizio

nazionale "permarrebbe il diritto alle prestazioni sanitarie

previste per la generalità dei cittadini ed il correlativo

obbligo del servizio sanitario nazionale di erogarle". In

conclusione, anche in caso di vittoria dei "sì", sarebbe

venuto a mancare lo scopo essenziale del referendum:

quello di abrogare una legge.

(Ansa)

 
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