prese dal sito di Repubblica (dovrebbe essere, comunque, una notizia Ansa)
Quesito per quesito, le ragioni dell'ammissibilità dei vari referendum
Diciannove respinti,
undici ammessi
Le motivazioni della Consulta
Quota proporzionale alla Camera e al Senato
(respinto)
Un eventuale successo dei "sì" nel referendum sull'abrogazione della quota proporzionale del 25 per
cento nella elezione di Camera e Senato comporterebbe
una paralisi della operatività dei due organi, perché il
sistema elettorale non consentirebbe più il rinnovo dei due
rami del Parlamento. Così i giudici della Corte
Costituzionale spiegano il loro "no" ai referendum su
Camera e Senato. A scrivere la sentenza è stato il giudice
Francesco Guizzi, lo stesso che due anni fa venne
incaricato di motivare la bocciatura degli identici quesiti
referendari. Ed in parte il relatore replica le
argomentazioni di allora. La Corte, nella premessa,
riconosce che le richieste dei riformatori hanno i "requisiti
di chiarezza ed omogenità in quanto rispondono ad una
matrice unitaria: quella di far espandere il principio
maggioritario positivamente accolto dalle due leggi
elettorali del 1993 e fin qui limitato dai meccanismi ispirati
dal principio proporzionale".
Ma dopo il riconoscimento del rispetto di queste due
condizioni essenziali per arrivare alla consultazione
popolare, i giudici osservano che "tuttavia va ricordato
che i referendum abrogativi delle leggi elettorali degli
organi costituzionali non devono paralizzare i meccanismi
di rinnovazione, che sono strumento essenziale della loro
necessaria, costante operatività". La Corte non contesta
l'ammissibilità dei referendum parziali di tali leggi, purché
la normativa risultante dalla abrogazione, che viene definita
"residua", sia immediatamente applicabile, consentendo il
rinnovo, in qualsiasi momento, dell'organo
rappresentativo. Ciò, prosegue la sentenza, assume
particolare importanza per il Parlamento che è "istituto
caratterizzante dell'ordinamento" ed è luogo privilegiato
della rappresentanza politica, cosicchè la paralisi, anche
soltanto temporanea, dei meccanismi giuridici per il
rinnovo delle assemblee parlamentari "urterebbe con le
esigenze fondamentali della democrazia rappresentativa".
La Corte si chiede a questo punto se la "normativa
residua" in caso di una vittoria dei "sì" consentirebbe il
funzionamento di Camera e Senato. La risposta è stata
negativa in quanto, in mancanza di una iniziativa legislativa,
l'attività dei due rami del Parlamento risulterebbe
paralizzata. La Corte osserva infatti che, una volta
abrogata la quota proporzionale e in mancanza di una
nuova determinazione dei collegi uninominali in ciascuna
circoscrizione, si arriverebbe alla elezione di un numero di
deputati inferiore a quello previsto dalla Costituzione (475
e non 630). Discorso simile viene sviluppato per quanto
riguarda la elezione dei senatori e la conclusione è che, in
queste condizioni, il sistema elettorale non consentirebbe
quindi di rinnovare l'assemblea.
Smilitarizzazione della Guardia di finanza (respinto)
Il quesito sulla smilitarizzazione della Guardia di Finanza è
"incongruente" e "inidoneo" a conseguire l'abolizione del
carattere militare della Gdf; la proposta referendaria
sembra tradursi in un referendum di indirizzo, non previsto
dalla Costituzione. Questa, in sintesi, la motivazione con la
quale la Corte Costituzionale, relatore Guido Neppi
Modona, ha dichiarato non ammissibile il referendum sulla
Guardia di Finanza. Secondo la Consulta, infatti, anche nel
caso di un esito positivo del referendum, gli attuali
caratteri della GdF continuerebbero a sussistere ai tre
livelli delle funzioni, dell'ordinamento del reclutamento e
dello stato giuridico del personale. "Il vero e proprio
modo di essere di questo ramo dell'Amministrazione dello
Stato", proseguono i giudici, "non è suscettibile di essere
eliminato mediante la mera abrogazione delle norme che
sanciscono l'appartenenza del Corpo alle Forze Armate e
gli attribuiscono la funzione di "concorrere alla difesa
politico-militare delle frontiere, e in caso di guerra, alle
operazioni militari". Per rafforzare la sua tesi, la Consulta
ricorda che per "smilitarizzare" il Corpo delle guardie di
pubblica sicurezza e il Corpo delle guardie carcerarie si è
disposto l'espresso scioglimento di tali corpi e
contestualmente si è adottata una disciplina legislativa per
regolare in chiave civile tutti gli aspetti delle strutture.
Golden share (ammesso)
Un quesito dotato di perfetta chiarezza nella struttura
come nella finalità. Con queste parola la Corte
Costituzionale, relatore Cesare Ruperto, ha deciso
l'ammissione del referendum sulla "golden share", ovvero
sulla riserva allo Stato dei rilevanti poteri speciali previsti
dall'articolo due della legge sulle privatizzazioni. In
particolare, i giudici della Corte Costituzionale si sono
soffermati sul possibile legame della legge in questione e le
leggi di bilancio, legame che aveva causato la
dichiarazione d'inammissibilità della richiesta referendaria
sull'alienazione dei beni patrimoniali dello Stato. Secondo i
giudici, non c'è alcun rapporto tra l'incremento delle
entrate dello Stato, che si stimano siano conseguenti dal
processo di dismissione delle società da privatizzare e la
eliminazione della cosiddetta "golden share". Il quesito,
inoltre, non rischia di confondere l'elettore, al quale è
posta "un'alternativa netta" e che può quindi "percepire
immediatemente e con esattezza le possibili conseguenze
del suo voto".
Droghe leggere (respinto)
La legalizzazione delle droghe leggere costituirebbe un
inadempimento degli obblighi internazionali assunti dallo
Stato italiano, in particolare della Convenzione di Vienna
del 1988 e di New York del 1961, che "impongono" alle
parti contraenti di attribuire carattere di reato a quei
comportamenti che i promotori del referendum volevano
invece depenalizzare. Per questo motivo la Corte
Costituzionale, relatore Guido Neppi Modona, ha
dichiarato non ammissibile il quesito referendario sulla
legalizzazione delle droghe leggere. Secondo la Corte
Costituzionale, che in proposito cita precedenti sentenze,
devono venire preclusi i referendum che investono non
soltanto le leggi di autorizzazione a ratificare trattati
internazionali, ma anche quelli collegati all'esecuzione dei
trattati medesimi. La Corte Costituzionale si è limitata ad
esaminare solamente il quesito nella parte relativa
all'articolo 75 del testo unico della legge sugli stupefacenti
(il quesito intero riguardava sei articoli della legge),
ritenendo superfluo procedere all'esame degli altri
interventi abrogativi.
Elezione Csm (respinto)
Quesito non omogeneo: per la mancanza di tale essenziale
requisito è stato bocciato il referendum sul sistema
elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura
proposto dai riformatori. Nella sentenza, redatta da
Cesare Mirabelli, si ricorda che già in passato, nel 1987,
una richiesta, sia pur limitata alla elezione dei componenti
togati dell'organo di autogoverno dei giudici, fu bocciata
dalla Consulta. Questa volta il quesito era stato ampliato,
investendo l'intera normativa sulla elezione e sul
funzionamento del Csm, dalla durata in carica dei
consiglieri, alla elezione di quei componenti votati dal
Parlamento, ai requisiti per essere nominato membro
"togato". Nell'esaminare la normativa di cui si chiedeva
l'abrogazione, la Corte osserva che alcune di queste
disposizioni "eccedono la finalità, enunciata dai promotori,
di superare il sistema elettorale proporzionale". Da qui
scaturisce il convincimento che al momento del voto il
cittadino sarebbe stato chiamato ad esprimersi su
questioni non omogenee, come dimostra tra l'altro, si
afferma nella sentenza, la diversità del sistema elettorale
per la nomina dei componenti togati da quello per la
nomina di quelli indicati dal Parlamento. In conclusione,
osserva la Corte, "è sufficiente la ricognizione dell'ambito
e della estensione del quesito referendario per renderne
manifesta l'eterogeneita"'.
Incarichi extragiudiziali dei magistrati (ammesso)
Una pagina appena è bastata ai giudici della Corte
Costituzionale, relatore Fernanda Contri, per decidere
l'ammissibilità del quesito referendario sull'abrogazione
delle disposizioni che consentono ai magistrati, previa
autorizzazione del Csm, di accettare "incarichi di qualsiasi
specie" e di "assumere le funzioni di arbitro". Secondo i
giudici della Corte Costituzionale, infatti, il quesito è
conforme ai requisiti di chiarezza e omogeneità, ovvero "è
immediatamente percepibile dall'elettore", e non incorre in
alcuna delle ipotesi di inammissibilità previste dalla
Costituzione.
Responsabilità dei magistrati (respinto)
Assenza di chiarezza, che impedisce all'elettorato la piena
consapevolezza del significato del voto. Questo "difetto"
nella enunciazione del quesito ha portato alla bocciatura
del referendum con il quale i riformatori chiedevano
l'abrogazione delle norme che attualmente disciplinano il
risarcimento del cittadino che abbia riportato un danno
ingiusto in seguito alla decisione di un magistrato. Con la
consultazione i promotori puntavano all'affermazione di
una responsabilità civile dei magistrati, diretta e piena nei
confronti del danneggiato, mentre ora è ritenuta indiretta e
limitata in quanto è lo Stato che fa fronte a rivendicazioni
di questo genere. La richiesta di eliminare dalla legge una
breve frase ("contro lo Stato"), osserva la Corte, "di per
sè non espressiva di un autonomo contenuto normativo,
determina una assoluta e oggettiva mancanza di chiarezza
del quesito che si intende sottoporre a votazione
popolare". Difatti, aggiunge la sentenza, è del tutto
equivoca la configurazione della domanda per quanto
attiene la posizione dello Stato, la cui responsabilità è
preminente nell'attuale configurazione della legge al fine di
un risarcimento del cittadino danneggiato. E in caso di un
successo dei sì con la conseguente eliminazione della
responsabilità dello Stato, non sarebbe più possibile
avanzare la richiesta di risarcimento.
Abolizione ministero risorse agricole (ammesso)
L'unico vero ostacolo era rappresentato dalle funzioni
dello Stato centrale in attuazione delle politiche
comunitarie, ma le leggi di ratifica del trattato Cee che
impegnano lo Stato italiano non indicano gli organi ai quali
lo Stato stesso deve affidare le relative funzioni e
nemmeno impongono di affidarle ad un Ministero.
Obiezione coscienza (ammesso)
L'attuale legislazione sull'obiezione di coscienza può
essere sottoposta a referendum anche perché non
rappresenta l'unico possibile equilibrio, conforme alla
Costituzione, tra le esigenze individuali e quelle collettive
che si esprimono nell'obbligo del servizio militare, obbligo
configurabile dalla legge in ordine tanto ai "modi" quanto ai
"limiti" del suo assolvimento.
Possibilità concorsi per enti locali (ammesso)
Il quesito non incide sul principio del concorso nelle
pubbliche amministrazioni (articolo 97 della Costituzione,
terzo comma), principio che anche in caso di eventuale
abrogazione delle norme in questione potrà continuare a
trovare attuazione nelle diverse modalità non toccate dal
quesito.
Abolizione Coreco (ammesso)
Il principale ostacolo era costituito dai numerosi articoli
oggetto del quesito, ma la Corte ha riconosciuto che sono
tutti riconducibili alla comune problematica dei controlli, in
senso lato, sull'azione degli enti locali. Il quesito, poi, mira
a ridurre l'area del controllo, lasciando sussistere il
controllo di legittimità che i Coreco sono chiamati a
svolgere, in via generale e necessaria, sulle deliberzioni dei
consigli comunali e provinciali.
Ruolo segretari comunali (ammesso)
La mancata inclusione di alcune norme riguardanti la figura
del segretario comunale non costituisce un ostacolo alla
chiarezza del quesito che propone un'unica alternativa
all'elettore: la soppressione o il mantenimento della figura
del segretario comunale.
Controllo stato su regioni (ammesso)
Il quesito non riguarda leggi "a contenuto
costituzionalmente vincolato" perché, se è vero che il
complesso sistema delle relazioni fra Stato e Regioni trova
il suo fondamento diretto nella Costituzione, è anche vero
che sui controlli la Costituzione parla di controlli da parte
di "un organo dello Stato", rimettendo alla legge di
stabilirne "modi e limiti".
Ingresso cacciatori nei fondi altrui (ammesso)
La Corte ricorda che sull'identico quesito si è già votato
nel 1990, ma in quell'occasione non si raggiunse il quorum
dei votanti. La nuova legge sulla caccia, inoltre, non ha
modificato l'articolo 842 del codice civile, oggetto del
referendum.
Abolizione ministero sanità (respinto) La domanda è stata
giudicata inammissibile, come lo fu una precedente
richiesta (1993), in quanto non è possibile che un quesito
che proponga al corpo elettorale di giungere, attraverso la
soppressione di un intero ministero, alla eliminazione di
funzioni che siano costituzionalmente necessarie e come
tali non possano essere soppresse senza con ciò ledere
principi costituzionali. In questo caso verrebbe violato il
primo comma dell'articolo 32 della Costituzione (la
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell'individuo e interesse della collettività).
Abolizione ministero industria (respinto)
Già nel 1992 la Corte Costituzionale giudicò inammissibile
tale quesito referendario, osservando che un eventuale
successo della consultazione non avrebbe potuto mai
portare alla totale soppressione del dicastero, ma soltanto
a una sua mutilazione. Questo perché il ministero si
presenta come "il risultato di una stratificazione normativa"
che il quesito non poteva definire adeguatamente. Anche
in questo caso vi è una palese incongruità del quesito
rispetto all'oggetto reale del referendum, il quale non può
non coinvolgere l'esame delle molteplici funzioni attribuite
al ministero dalla complessa normativa.
Abolizione dipartimento turismo (respinto)
Ventisette pagine di sentenza per giungere alla
dichiarazione di inammissibilità del referendum
sull'abolizione del dipartimento del Turismo, Spettacolo e
Sport per la "palese eterogeneità dei temi" proposti. Ciò,
perché accanto alle politiche di settore e delle attività di
indirizzo e coordinamento, il dipartimento svolge funzioni
che con esse non necessariamente si coniugano, come lo
svolgimento delle attività necessarie ad assicurare la
partecipazione dell'Italia alla elaborazione delle politiche
comunitarie. Quindi, la proposta, investendo una nutrita e
variegata serie di disposizioni, non consente all'elettore di
dare un libero e consapevole responso.
Abolizione del sostituto d'imposta (respinto)
Richiesta inammissibile, come già ebbe a dire la Corte
Costituzionale per una analoga domanda nel 1995. I
giudici ribadiscono ora che il sistema della ritenuta alla
fonte per i lavoratori dipendenti risponde sia all'interesse
fiscale della immediata percezione delle somme, sia a
criteri di tecnica tributaria per agevolare la riscossione dei
tributi. Né vale sostenere che con gli attuali moderni
strumenti di accertamento si possa ugualmente verificare la
percezione dei redditi mediante sistemi diversi da quello
che si intendeva abrogare.
Interruzione gravidanza (respinto)
a richiesta di consentire anche alla struttura privata di
praticare l'aborto e di eliminare il consenso del medico per
le interruzioni nei primi 90 giorni di gestazione è stata
giudicata inammissibile perché investe problemi importanti,
come la tutela dei diritti dei minori, sanciti dalla
Dichiarazione sui diritti del fanciullo "sia prima, sia dopo la
nascita". Tutela prevista anche dalla nostra Costituzione
secondo la quale il diritto alla vita, inteso nella sua
estensione più larga, sia da iscriversi tra i diritti inviolabili,
insieme con la tutela della maternità.
Divieto pubblicità Rai (respinto)
Così come la domanda viene proposta, attraverso quella
che viene definita dalla Corte una operazione di ritaglio
delle parole e il conseguente stravolgimento della struttura
della normativa, introduce una nuova statuizione non
riscontrabile nell'ordinamento. In altre parole si tratta di
una "domanda costruita". I contenuti del quesito vengono
definiti dalla Consulta "mere locuzioni verbali, inespressive
di qualsiasi significato normativo, tendenti a proporre al
corpo elettorale non tanto una sottrazione di contenuto
normativo, ma piuttosto una nuova norma direttamente
costruita".
Abolizione P.r.a. (respinto)
Il quesito, investendo con una sola domanda più contenuti
(interessa, infatti, una complessità di norme, strutture e
funzioni), può generare equivoci per l'elettore al quale non
viene consentita la libertà di esprimersi con chiara
consapevolezza sull'unico contenuto normativo che può
univocamente formare oggetto di una richiesta
referendaria.-
Maestre scuola elementare (respinto)
Secondo i giudici costituzionali, il quesito non si propone
un intento meramente eliminativo dell'attuale "modulo"
adottatto nelle scuole elementari (tre maestre per classe)
ma, attraverso una abrogazione parziale, mira
all'instaurazione di un sistema diverso che però resta
"obiettivamente e insuperabilmente incerto" mancando
l'alternatività tra la disciplina vigente e quella che
rimarrebbe.
Indirizzo stato su atti regioni (respinto)
La richiesta è inammissibile poiché coinvolge norme
contenute in atti di legislazione ordinaria ma a contenuto,
sia pur parzialmente, costituzionale. Il quesito, infatti,
coinvolge il potere statale di indirizzo e coordinamento in
sè, nella sua esistenza e quindi, necessariamente, nel suo
fondamento che risiede nella stessa Costituzione.
Possibilità per le regioni di svolgere attività
all'estero (respinto)
La ratio ispiratrice del quesito non è la sostituzione di un
modello di coordinamento con un altro, bensì
l'eliminazione di ogni forma di coordinamento tra Stato e
Regioni in materia di attività promozionali all'estero e tutto
ciò, per la Corte, colpisce il principio costituzionale di
"leale cooperazione". Direttive Ue e regioni(respinto) Il
quesito non mira tanto ad ottenere una successiva diversa
disciplina legislativa delle funzioni statali attinenti ai
rapporti con la Comunità economica europea quando
venga in considerazione una qualsiasi competenza
regionale, quanto a contrastare, in linea di principio, la
stessa possibilità di funzioni statali in tale ambito di
rapporti. Ciò, per la Corte, non è possibile perché le
funzioni dello Stato "non possono essere fatte
definitavemente tacere".
Direttive stato su funzioni delegate regioni (respinto)
L'eliminazione del potere di direttiva del Governo centrale
per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni amministrative
delegate alle Regioni, interessa una norma a contenuto
costituzionalmente vincolato. Del resto l'articolo 121 della
Costituzione prevede espressamente che il presidente
della giunta regionale dirige le funzioni amministrative
delegate dallo Stato alla Regione "conformandosi alle
istruzioni del Governo centrale".
Iscrizione al servizio sanitario (respinto)
Si chiedeva di consentire al cittadino di poter scegliere tra
l'iscrizione al servizio sanitario nazionale e una
assicurazione privata. La proposta non ha superato
l'esame della Corte Costituzionale, come già nel 1995 un
analogo quesito. La legge che risale al 1980 ha stabilito,
ricorda la Corte, la obbligatorietà dell'assicurazione contro
le malattie per tutti i cittadini, rendendo universale e
uniforme l'assistenza sanitaria erogata dal Servizio
sanitario nazionale. Secondo la Corte, quella proposta
doveva considerarsi una falsa alternativa che si voleva
sottoporre agli elettori. A suo giudizio, infatti, anche con la
eventuale abrogazione dell'obbligo all'iscrizione al servizio
nazionale "permarrebbe il diritto alle prestazioni sanitarie
previste per la generalità dei cittadini ed il correlativo
obbligo del servizio sanitario nazionale di erogarle". In
conclusione, anche in caso di vittoria dei "sì", sarebbe
venuto a mancare lo scopo essenziale del referendum:
quello di abrogare una legge.
(Ansa)