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Segreteria Rinascimento - 19 marzo 1997
VADE RETRO REFERENDUM

Lassù nessuno lo ama: né le forze politiche, né il Quirinale, né la Corte costituzionale. E la telenovela continua: si cerca di evitarlo con ogni mezzo e, quando non è prorio possibile, di vanificarne gli esiti.

Di Mario Relandini

Vade retro, referendum. Nunc et semper (ora e sempre). Antea et postea (prima e dopo). Prima, nel momento in cui i quesiti vengono sottoposti al giudizio della Corte costituzionale. Dopo nel momento in cui - una volta ammessi e una volta votati dagli elettori - vengono spesso, e in modo clamoroso, disattesi dallo Stato.

Strano destino, dunque, quello dei referendum in Italia. Assimilati, là dove il potere è uso esercitare come una specie di esclusiva, ad un vero e proprio satanico demonio. Referendum "dimoni con occhi di bragia". "Bragia" giudicata pericolosa, evidentemente, perché tale da accendere fuochi di democrazia diretta. E, perciò, di partecipazione immediata. Senza deleghe. Fuori dalle operazioni, dalle mediazioni, dagli accordi, dagli scambi, dal sistema snaturato dei partiti. Sui tram - come si sa - continua ad essere vietato parlare al manovratore. Sui banchi del Parlamento, del Governo, delle segreterie politiche continua ad essere addirittura vietato dargli una mano, se da solo mostra di non farcela. Quasi una lesa maestà. Ma più realmente, un altezzoso quanto interessato off limits ad un recinto a torto ritenuto cosa propria. Come dire, insomma, "Ragazzo referendum, lasciami lavorare. Cittadino elettore, delega e taci. Approva e taci. Paga e taci". Strana democrazia, dunque, quella italiana.C'è una Carta cost

ituzionale che, nata dal responsabile apporto di tutte le forze politiche, ammette e regola l'istituto del referendum. Ma, poi, c'è una Corte costituzionale che l'istituto del referendum non ama e randella. In ciò facilitata dall'antipatia che , contro quell'istituto, esce a folate dalle finestre dell'autorevolepalazzo dirimpettaio e, ove più ove meno, dalle finestre dei partiti. C'è lo spazio, giustamente, per un grande movimento dal basso. Ma, poi, c'è un possente muro di gomma che finisce sostanzialmente per assorbire e neutralizzare ogni pur piccolo movimento fuori dal controllo del sistema. E oggi, purtroppo, più di ieri. Come hanno amaramente sottolineato alcuni autorevoli commentatori fuori dal coro. L'ex presidente della Repubblica Cossiga: "La Consulta ha agito e, date le ultime nomine, continuerà ad agire come organo di conservazione costituzionale". Angelo Panebianco: "Il problema è che, così come è oggi, la Corte costituzionale è troppo contigua al mondo politico per poter svolgere fino in fondo

il delicatissimo ruolo di garanzia cui è preposta". Augusto Barbera: "L'impressione offerta dalla Consulta è stata sgradevole e deprimente". Antonio Martino : "Un giorno chiesero al famoso uomo d'affari statunitense Vanderbilt: "Ma i cittadini?". E lui: "I cittadini vadano al diavolo". Ecco, specialmente quest'ultima sentenza della Corte costituzionale mi induce a ritenere che, per lei, il popolo italiano non conti proprio niente". Possa andare, insomma, al diavolo. Strano popolo, dunque, quello italiano. Che la Costituzione (articolo 1) ha solennemente eletto sovrano. Ma che, poi, lo Stato nelle sue varie articolazioni continua a ritenere suddito e come tale a trattare. Al quale la Costituzione (articolo 75) ha esplicitamente garantito l'ammissione di ogni referendum ad eccezione di quelli aventi come materia "le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali".Ma al quale, poi, la Corte costituzionale - ignorando la Carta - continua ad amm

ettere, sempre più, anche quanto dovrebbe essere ammesso. In nome del quale la Costituzione (articolo101) ha opportunamente ordinato sia amministrata la giustizia. Ma in nome del quale, poi, finisce per essere amministrata sempre più la politica. Quella politica che, con il servile apporto di una stampa sempre più regime, continua ad amare sempre meno l'intrusione dei referendum. E che, ove non riesce a bloccarli prima,li blocca appena può - ecco l'altro scandalo - dopo. I cittadini elettori, nel '93, si sono ad esempio espressi con oltre il 90% dei voti per il no al finanziamento pubblico dei partiti e con oltre il 70% per il no alla sopravvivenza del ministro dell'Agricoltura e delle Foreste. Bene. E, però, ecco tanti moderni emuli dell'uomo d'affari statunitense Vanderbilt mandarli al diavolo. Senza alcun ritegno. Spudoratamente. Tanto che l'abolito ministero dell'Agricoltura e delle Foreste - come si ricorderà - fu immediatamente riesumato, nel medesimo domicilio, dietro la compiacente facciata di minist

ero per le Risorse agricole, alimentari e forestali. E il finanziamento pubblico dei partiti, cacciatoa pedate dalla porta, è stato recentemente reintrodotto dalla finestra con l'incredibile nulla osta del Quirinale. Strano Paese, dunque, questa Italia. Dove, infatti, le migliori coscienze sono sempre più in crisi. E, in genere, la maggior parte della gente non crede più a niente. E, sui muri delle case, si scrive sempre meno "Viva la democrazia" e sempre più "Abbasso la Juve". Sempre meno "Vogliamo i nostri diritti" e sempre più "Dateci la Marini nuda". E, ora, è ancora lì - a bruciare - il nuovo schiaffo dei referendum negati. Ma, ecco, potrebbe essere l'occasione di un risveglio collettivo. Per porre un freno a chi continua a muoversi - per di più, oggi, in compagnia di quanti vanno in giro con l'aureola posticcia di progressisti - nel segno di quel vecchio cancro che è il conservatorismo istituzionale e politico più becero ed interessato. Quando questo numero di Minerva sarà in edicola, l'8 marzo non sar

à più lontano. E, allora, potrebbe venire proprio da lì, pur sotto la pioggia tradizionale e festosa delle mimose, un primo segnale forte e responsabile ai potenti signori della politica. La democrazia è un bene troppo prezioso perché si possa permettere che da questo venga mandata a quel paese.

 
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