SOLDI AI PARTITI, NON C'E' CONFLITTO TRA POTERI
Di M. Antonietta Calabrò
La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso presentato dal leader referendario contro la nuova legge sul finanziamento pubblico
Pannella: spero che questa non sia la prima vittima di un plotone d'esecuzione del regime.
ROMA - Ieri sera la Corte costituzionale ha dichiarato inammissible il conflitto tra poteri dello Stato che i promotori dei referendum sul finanziamento pubblico dei partiti tenutosi nel '93 (Marco Pannella, Rita Bernardini e Roberto Cicciomessere) avevano sollevato nei confronti dei due rami del Parlamento a seguito dell'approvazione della nuova legge che disiplina la contribuzione volontaria ai partiti politici. La dichiarazione di inammissibilità della Corte costituzionale blocca qualsiasi esame nel merito del conflitto che era stato sollevato mercoledì scorso anche nei confronti del capo dello Stato per averla promulgata. Le motivazioni della decisione si conosceranno tra qualche giorno. I giudici della Consulta potrebbero ribadire quanto già detto in altre occasioni, e cioè che una volta che un referendum si è tenuto, i promotori non sono più leggittimati a promuovere un giudizio. In realtà le dichiarazioni rese nei giorni scorsi da due ex presidenti della Corte, Antonio Baldassarre e Giovanni Conso, i
mprontate a ritenere possibile una leggittimazione ad agire, avevano fatto sperare Pannella e i suoi in un esito, almeno in prima battuta, positivo. E che costituisse in ogni caso un precedente per il futuro. Che insomma rispondesse ad un quesito importante: quanto a lungo "resiste" nel tempo un referendum e il "potere" dei suoi promotori? Secondo Pannella, con la normativa sul finanziamento ai partiti, approvata a tempo di record in commissione deliberante del Senato si sarebbe vanificato il responso dato dall'elettorato nel 1993 che votò per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti politici. Durissima, quindi, la reazione del leader riformatore alla notizia della sconfitta: "Mi auguro che il nostro ricorso non sia la prima vittima di un plotone d'esecuzione, per conto del regime e dei suoi malfattori. E' vox populi (o di "pubblica notorietà", concetto a rilevanza giuridica) che in Italia i referendum vinti, cioè nuovi atti legislativi, vengano traditi, disattesi, inapplicati, creando nell'opinio
ne pubblica vere crisi di rigetto della politica, della democrazia, dello Stato di diritto. La Corte ha riconosciuto che nella fase preliminare alla tenuta dei referendum i comitati promotori sono equiparati a veri poteri dello Stato, potendo agire in conflitto con altri poteri. Dinanzi alla constatazione che i risultati dei referendum vengono disattesi e violati, ha continuato Pannella - l'estensione dei poteri riconosciuti ai nostri comitati non poteva nemmeno essere messa in dubbio sul piano della logica e di beni costituzionalmente rilevanti". "Ma la spiegazione - ha concluso - è semplice: se la Corte ci avesse dato ragione sarebbe stata una cocente sconfitta per il presidente Scalfaro, che aveva deciso di promulgare la legge proprio per salvarla, probabilmente, dalla spada di Damocle della Corte. Scalfaro ha voluto evidentemente far capire bene, a tutti, chi è il padrone. E la Corte ha eseguito". Ai giudici costituzionali riuniti in camera di Consiglio, sono state sufficienti poche ore di discussione p
er giungere alla decisione. Questo fa pensare che forse ci potrebbe essere un'altra ragione di radicale inammissibilità. I giudici potrebbero sostenere nella loro sentenza che in questo caso specifico il conflitto era palesemente inammissibile dal momento che esso era stato sollevato nell'agosto scorso, quindi prima che la legge fosse effettivamente varata. Un precedente simile si era avuto con il conflitto sollevato dall'allora ministro della Giustizia Filippo Mancuso che aveva citato in giudizio il Senato che intendeva sfiduciarlo, prima che l'assemblea di Palazzo Madama esprimesse il suo voto. Anche allora venne dichiarata l'inammissibilità e fu motivata con la sfasatura dei tempi di presentazione del ricorso all'Alta Corte. Conclusa nel primo pomeriggio l'audizione degli avvocati che rappresentano le Regioni, la Corte aveva iniziato l'esame del conflitto a ranghi ridotti (solo 13 membri), dal momento che un giudice, Riccardo Chieppa, è stato colpito dall'influenza. A Chieppa erano affidate le relazioni s
u tre quesiti referendari: quello sulla possibilità per gli enti locali di indire concorsi per l'assunzione di personale e quelli sull'abolizione dei ministeri delle Risorse agricole e della Sanità. Il primo argomento è stato affidato a Massimo Vari, il secondo a Carlo Mezzanotte, l'ultimo a Valerio Onida. In ogni caso non c'è stato nessun problema per la decisione, dal momento che il numero legale è fissato in undici giudici.