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Conferenza Movimento club Pannella
Segreteria Rinascimento - 24 marzo 1997
Da "L'unità" del 10 gennaio 1997 - pag. 2

L'intervista

Giovanni Sartori

"DISERTATE QUEI REFERENDUM"

"Con referendum scriteriati a valanga si ha un popolo imbrogliato da uno strumento usato in modo truffaldino". Giovanni Sartori, studioso della politica, interviene su due questioni istituzionali aperte sul tappeto: i trenta referendum e lo scontro sulla Bicamerale, aperto da Fini e Cossiga. "Si invoca la costituente - osserva lo studioso - per far frenare la bicamerale. Poi, se e quando la costituente dovesse venire, si vedrà, tutto si può sempre bloccare".

Di Renzo Cassigoli

FIRENZE. C'è un bell'ingorgo istituzionale in questo Paese. Da un lato i trenta quesiti referendari (18 voluti da Marco Pannella e 12 dalle Regioni) da due giorni all'esame della Corte Costituzionale che dovrà decidere sulla loro ammissibilità; dall'altro lato lo scontro sulla istituzione della commissione bicamerale per le riforme costituzionali, a cui una parte del Polo (in particolare Alleanza nazionale con il sostegno di Francesco Cossiga e di Mario Segni) contrappone l'assemblea costituente. Ultima variante dell'ex presidente della Repubblica: far approvare la bicamerale senza il quorum dei due terzi, così da arrivare alla necessità di un referendum confermativo. Secondo Cossiga sarebbe possibile introdurre così surrettiziamente la Costituente. Con il professor Giovanni Sartori, studioso della politica e attento osservatore delle vicende italiane, cerchiamo di chiarire alcuni passaggi di queste complesse vicende. A cominciare dai trenta quesiti che, parafrasando il titolo di un lungometraggio di Walter

Disney, sono già stati definiti "la carica dei referendum".

C'è qualcosa di maniacale in questa escalation referendaria con la quale, secondo Pannella, si dovrebbe scardinare il sistema partitocratico. E' giusto, professor Sartori, chiamare i cittadini a pronunciarsi con un sì o con un no su materie le più disparate e, spesso, sconosciute? Non si svilisce così lo strumento referendario, distruggendone il suo carattere democratico?

Maniacale è la parola giusta per descrivere Pannella. Ma la sua "carica" non è soltanto contro i partiti. Pannella incorna, o cerca di incornare tutto quel che passa a tiro. Ormai è un toro impazzito. Se non lo fermiamo questa volta tra due anni di referendum ne avrà escogitati trenta tutti da solo. Mi chiede se .sventagliare alla Pannella sia giusto. Risponderei che è insensato. E certo svilisce lo strumento referendario. Quanto al carattere democratico, direi così: quando i quesiti referendari sono pochi, chiari e su questioni che il grosso pubblico capisce, allora lo strumento è democratico. Ma sappiamo tutti benissimo cosa avviene con referendum scriteriati e a valanga. O il votante arriva in cabina con foglietti precompilati che vengono diligentemente ricopiati; oppure su trenta quesiti arrivano trenta approvazioni alla cieca votate per dispetto. E in entrambi i casi abbiamo un popolo imbrogliato da uno strumento usato in modo truffaldino.

Al di là di una valutazione selettiva, la Corte Costituzionale potrebbe scegliere la strada di respingerli in blocco?

Non credo, non vedo come.

Contro il ripetersi di una simile congestione basterà aumentare il numero delle firme necessarie per la presentazione dei referendum o sarà più opportuno rivedere la legge nel suo impianto?

Contro gli abusi occorrono sempre freni; e aumentare il numero delle firme può servire. Ma il vero freno sarebbe il castigo di una opinione pubblica, oramai stufa, che diserta i referendum o che vota massicciamente contro le proposte referendarie. Perché dobbiamo votare su quesiti che non capiamo (che cos'è, per esempio, la golden share?) e, comunque, non sapendo se il rimedio proposto non sia peggiore del male che promette di curare? (E' il caso di almeno metà dei referendum sul tappeto). L'obbligo non è, ai referendum, di votare; semmai è di non votare su quel che non si sa. Se dipendesse da me, io la campagna referendaria la farei così. Giro la proposta a chi di competenza.

Veniamo allo scontro sulla bicamerale. E' di nuovo Gianfranco Fini a mettersi di traverso sulla strada delle riforme e lo fa aprendo un contenzioso nel Polo da risolversi con la conta dei parlamentari. Cosa c'è dietro: un nuovo capitolo della lotta BerlusconiFini per l'egemonia nel Polo? La preoccupazione di An di essere messa nell'angolo? O più semplicemente una manovra dilatoria, come qualcuno la interpreta?

Bicamerale e costituente sono percorsi alternativi per cercare di arrivare a riforme costituzionali; e il secondo percorso è, per me, ancora più incerto e rischioso del primo. Cosa c'è dietro? Manovre di potere (non soltanto di Fine), e anche un gioco di interdizione (pure a sinistra) di chi non vuole nessuna riforma. Si invoca la costituente per far franare la bicamerale. Poi, se e quando la costituente verrà, si vedrà. Tutto si può sempre bloccare.

C'è chi propone una terza via, il ricorso all'articolo 138 della costituzione. Le sembra una strada praticabile, considerando la portata dell'intervento riformatore e la sua urgenza?

La terza via del ricorso al 138 della Costituzione è certo minimizzante. Ma questa sarebbe sempre una via più percorribile di quella di una assemblea costituente; e se ci fosse un accordo, anche con il 138 si può arrivare a buoni rifacimenti.

Fini pone un'altra pregiudiziale: il presidenzialismo. Le sembra accettabile istituire una commissione fissandone già gli sbocchi? Perché non parlare allora di semipresidenzialismo?

Il punto è che per rifare lo Stato occorre un accordo generalizzato, o comunque sufficiente. Se questo accordo precede la bicamerale prefissandone, come dice lei, gli sbocchi, io me lo prenderei senza scandalizzarmi. Altrimenti questo accordo docrà nascere nel corso dei lavori della bicamerale. Mi sta bene anche così. L'importante non è il quando di questo accordo o il consenso, ma che ci sia. E non ci sarà, temo, senza scambi o concessioni reciproche. Il problema non è che fini parli di presidenzialismo. Lo fa per rialzare la posta, e anche perché i nostri politici usano spesso parole a vanvera. Ma al congresso di Fiuggi An si è dichiarata per il semipresidenzialismo alla francese. il problema è dunque, se D'Alema sarà costretto a trattare con Fini a mani vuote, e cioè senza aver nulla da trattare. E se così fosse sarà fatica inutile.

Sulla bicamerale si rifletterebbe anche il "nodo gordiano" di una futura legge elettorale che sostituisca il Mattarellum, come lei l'ha battezzato. In che modo e con quali tempi può essere sciolto, o tagliato, il nodo?

La legge istitutiva della bicamerale non include il sistema elettorale, che è materia di legge ordinaria. Il che non toglie che il nodo gordiano sia proprio il Mattarellum. Se resta in vigore, o se i referendum lo trasformeranno in un puro e semplice sistema maggioritario a un turno, allora siamo fritti e nessuna riforma servirà a nulla, perché nessuna Costituzione può rimediare a 2cattive maggioranze". Pertanto non capisco proprio come il Pds possa mollare, nemmeno in seconda e dannatissima istanza, sul doppio turno. Se l'istinto di conservazione di Bertinotti (e anche di Bossi, non dimentichiamolo) è di non volere a nessun costo un maggioritario a due turni, l'istinto di conservazione della Quercia dovrebbe essere di volerlo.

C'è anche un problema di sostanza. Con la Bicamerale si interviene sulla seconda parte della Costituzione, con la costituente la si rifà completamente. Le sembra che l'Italia attraversi un frangente storico paragonabile a quello che portò alla costituzione del 1948?

La differenza è questa: nel 1948 una costituzione la si doveva fare per forza, visto che lo Statuto Albertino del 1948 era davvero morto, travolto dal fascismo. Oggi, invece, ci possiamo permettere il lusso di scoprire che una Costituzione sulla quale ripiegare, o ricadere, pur sempre l'abbiamo. Se fallirà la bicamerale proveremo la costituente. Ma non è detto che una costituente rifaccia alcunché. Non è detto, in verità, che nelle nostre condizioni una costituente sia in grado di "costituire" una nuova Costituzione. Segni non ci ha ancora pensato; ma una costituente senza nessuna maggioranza per nessun progetto è nelle carte, come si dice in inglese.

 
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