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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 25 marzo 1997
MANCA LA CULTURA DI DESTRA? BELLA SCOPERTA!
di Angiolo Bandinelli

(da "L'Opinione", 25 marzo 1997)

Sono molte, tumultuanti, intemperanti, le osservazioni che ci verrebbe di fare in merito agli articoli con i quali Galli della Loggia viene esaminando, denunciando, frustando le distorsioni della congiuntura politica e culturale del nostro paese, irreparabilmente bloccata dalle insufficienze culturali della destra e dall'aggressività di una sinistra proiettata verso la costruzione, o restaurazione, di un soffocante clima illiberale, se non addirittura di un "regime". Molte, del resto, ne ha provocate: un vespaio.

Ma vediamo cosa ci appare più urgente dire. La destra, osserva innanzitutto Galli della Loggia, "per mezzo secolo non ha avuto nel nostro Paese diritto di cittadinanza". Perché, prima l'aveva? Certo, se nel fascismo facciamo coagulare tutte le caratteristiche, le stigmate della destra, e se riconosciamo alla Resistenza il merito di averci liberato dal fascismo, allora il termine temporale regge. Ma le cose stanno davvero così? Non è possibile, e forse doveroso, pensare invece che una gran parte della "cultura" del postfascismo, quell'impasto di clericalismo, o cattolicesimo, e di comunismo togliattiano (l'aggettivazione è importante) che ci ha governato per quaranta anni, sia nient'altro che la riedizione appena aggiornata del retaggio fascista, quello di Beneduce e di Rocco, quello della "terza via" corporativa tra capitalismo e bolscevismo, quello del Concordato che reimmise clericali come Padre Gemelli a livelli di potere straordinariamente alti, quello della "spada dell'Islam" e della "Quarta sponda"?

C'è chi, e noi siamo tra quelli, ritiene che il fondo nero del fascismo non sia mai morto, e abbia trovato più di un travestimento nella cultura politica postbellica. La quale, dunque, come di sinistra poté spacciarsi ma era piuttosto inguaribilmente di "destra"; a meno che non si voglia concedere che la polemica mussoliniana contro l'assedio "demoplutogiudaicomassone" affondasse qualche radice nella sinistra, europea e italiana; e non è solo questione di nominalismo. Ma, si accetti o no questa variante, non cambia molto: è visibile a occhio nudo perché l'attuale destra non abbia, come deplora uno schizzinoso Galli della Loggia, una sua cultura. Troppo drammaticamente profondo è il radicamento di quella antagonista, irriducibilmente ostile ad ogni spinta democratico-liberale, per consentire che l'estemporanea iniziativa berlusconiana del marzo 1994, nella sua eccezionale vitalità e importanza, potesse generare, come dall'elmo di Minerva, la verità liberale, liberista, magari anche libertaria, capace di insta

llarsi, in un bel minuetto alternativista tranquillamente musicato dal Quirinale, nel paese, tra le sue classi e ceti, i produttori e i parassiti.

Dunque, spostati i termini temporali, la domanda di Galli della Loggia si fa persino più pesante. E propone scenari più complessi, suggerisce dubbi più profondi, sollecita a cercare soluzioni assai più drammatiche di quelle che l'illustre polemista sembra avanzare. Credere, insomma, che basti dipingere un bello scenario liberalliberista, "politically correct" da quest'altra parte, capace di resistere agli attacchi della banda Dandini-Guzzanti, epurato da inquinamenti e interessi affaristici, lobbystici, televisivi, giudiziari, sul quale si muova un drappellone di personale politico di alto sentire morale, guidato da intellettuali puri e duri, da "columnist" intemerati, da professoroni formatisi su Popper, Dahrendorf, Von Mises e Rebuffa, simpaticamente sostenuto dai "liberals" cattolico-democratici in crisi di astinenza, ecc., per avere uno schieramento vincente alle prime elezioni politiche o magari amministrative (con quel che significano queste ultime in termini di potere!), beh, è una illusione che non s

iamo disposti ad accettare. Non scommetteremmo su di essa un soldo bucato.

No. la soluzione del problema passa per altre vie. Suggeriremmo di rileggersi qualche paginetta della problematica referendaria in corso per avviare una analisi un po' seria sui termini della questione. E, a quanti vorrebbero impegnarsi nella battaglia, suggeriremmo poi di considerare l'opportunità di abbandonare, per qualche anno almeno, sogni o ambizioni di gloria parlamentare, o giornalistica, o universitaria, e di dedicarsi a tempo pieno ad una difficile, spossante, solitaria opera di organizzazione, nel quotidiano, delle forze e delle speranze alternative. Ritrarrebbero da questa esperienza un mucchio di suggerimenti d'oro.

 
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