I Riformatori minacciano l'assalto alla sede del Governo, ma poi si accontentano di chiedere le dimissioni di chiedere le dimissioni di Andreatta. Mastella: il naufragio di Otranto è l'Ustica della seconda Repubblica. Bossi: lo sbarramento va fatto sulle coste albanesiROMA. Renato Pera
Marco Pannella annuncia un assalto a Palazzo Chigi, per protestare contro "la strage d'innocenti", facendo affidamento su "qualcuno dentro il Palazzo". Ma questa quinta colonna non violenta probabilmente preferisce farsi la scampagnata ai Castelli con la famiglia e Pannella e una ventina dei suoi rimangono di fuori al portone, inalberando cartelli sui quali la "strage" del canale d'Otranto campeggia accanto a quella dei referendum. Mentre altri radicali, a Bologna, stazionano sotto l'abitazione di Beniamino Andreatta, ministro della Difesa, nell'inutile di incontrarlo e convincerlo a dimettersi. Quella del guru referendario e dei suoi fedelissimi è sta la più appariscente, ma non certo l'unica, espressione del dissenso nei confronti del governo per la sua gestione di emergenza albanese. E se Pannella paragona l'affondamento dell'unità albanese a quello dei suoi referendum, Clemente Mastella traccia un ardito parallelo con strage di Ustica. "Il naufragio degli albanesi nel Canale d'Otranto - dichiara il pre
sidente del Ccd - è, per il governo dell'Ulivo, l'Ustica della seconda Repubblica. Sotto processo non devono andare gli uomini della Marina militare, ma chi ha reagito con isteria e impreparazione al dramma albanese. In fondo al mare sono infatti annegate anche la giustiziai e l'umanità, che una volta erano le parole d'ordine della sinistra. Più conciliante di Mastella e Adolfo Urso, portavoce di Alleanza Nazionale, che invita ad evitare dannose divisioni per unirsi alla ricerca di una soluzione. "In questo momento difficile e drammatico, nel quale sono in gioco la credibilità e l'immagine del nostro Paese - osserva Urso - l'Italia deve ritrovare il senso profondo della propria umanità che e storicamente più forte delle contrapposizioni politiche". Da qui la necessità "di un intervento, senza più contraddizioni né infingimenti, con un'operazione concertata di solidarietà umana ed economica, ma anche di polizia internazionale". Di segno opposto sono invece le parole di Umberto bossi, secondo il quale è chiara
"la volontà italiana di impedire effettivamente lo sbarco dei profughi albanesi in Italia. Mi spiego.: se invece di andare a fare il blocca a pochi chilometri dalle coste italiane lo si fosse fatto a pochi chilometri dalle coste albanesi, tutto questo non sarebbe successo": Il leader del Carroccio, per il quale "la Marina non lo ha fatto apposta anche se si può parlare di un reato di natura colposa, si dice convinto che il governo abbai interesse a fare entrare più albanesi possibile per dare poi il diritto di voto. "Ma che se li tengano a Roma o in Puglia o in Calabria questi sbarcati sulle coste italiane - tuona Bossi - perché in Padania non c'è molto spazio per loro". Per Giovanni Russo Spena, a differenza di bossi, la Marina invece l'ha fatto apposta o più precisamente, per usare le sue parole, "la Sibilla è andata per le spicce perché quel centinaio di profughi non dovevano raggiungere la costa ". E, oltre che sui marinai, l'esponente di Rifondazione comunista punta il dito sulle Commissioni esteri e
difesa del senato "delle quali non riconosciamo la legittimità di esaurire la discussione sulla missione militare in Albania e sul blocco navale". Mentre, a proposito di paragoni storici, c'è chi come Giovanni Aliquò, segretario dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, assimila la prua della Sibilla ai cannoni del generale Bava Beccaris "ai quali fu affidata la soluzione dei problemi della povera gente":