LA STET PRIVATTIZZATA E LA CONCORRENZA
Di Davide Giacalone
Romba il motore della macchina che condurrà alla privatizzazione della Stet e compagno Bertinotti permettendo, sembra che l'ultimo problema da risolvere sia quello di avere una Autority in grado di accompagnare e vigilare su questo processo. Ci permettiamo di osservare che le cose non stanno così, e che ben altri sono i problemi da risolvere. Intanto si deve avere ben chiaro che non assisteremo alla privatizzazione della Stet, giacché risulta fantasiosa l'idea che si possa privatizzare una società quotata in Borsa e che, pertanto, e già privata. Ciò che si può, e si deve, fare è vendere la azioni Stet attualmente nel portafoglio del Ministro del Tesoro. Si tratta di una vendita assolutamente positiva, ma sulla quale è ben intendersi. Può essere fatta esclusivamente allo scopo di "fare cassa", cioè di fare affluire quattrini nelle casse del Tesoro, e, in questo caso, non avrà alcuna valenza nel mercato delle comunicazioni; oppure può avere un più generale significato politico, accompagnandosi ad una reale ap
ertura di questo mercato ai salutari venti della libera della libera competizione. Si tratta, è evidente, di due cose ben diverse. Se si trattasse della prima cosa, allora non varrebbe la pena di occuparsene. Non cambierebbe niente, ben si spiegherebbe la scelta di mantenere nelle mani dello Stato il controllo e il governo della Stet, ed il compagno Bertinotti non avrebbe nulla, ma proprio nulla da temere. Se, invece, si tratta della seconda, allora non basta, prima della privatizzazione, varare la nuova Autority, si deve, almeno contemporaneamente, rendere possibile il dispiegarsi di un effettiva concorrenza. Ecco, l'impressione attuale è che le cose non vadano in questa direzione. C'è di più. La vendita delle azioni Stet sarà tanto più veloce e redditizia, quanto più gli investitori potranno contare su una azione capace di assicurare succosi dividendi . non credo che i risparmiatori, o gli investitori internazionali, vorranno portare i loro quattrini all'altare delle telecomunicazioni cubane. E' più probab
ile che intendano mettere i loro soldi dove sperano di portare a casa dei guadagni reali, fatti di fruscianti bigliettoni. Come farà ad aumentare, la Stet, ad assicurare una simile, ridente prospettiva? Alcuni segnali si colgono. L Stet infatti, gode di una poderosa rendita monopolistica. Le basta comprimere gli investimenti per riuscire ad aumentare gli utili. Aumentando gli utili, aumenteranno i dividendi. Qualcuno osserverà, non a torto, che, in questo modo, la Stet corre il rischio di indebolirsi sul mercato, di non cogliere le nuove occasioni, di non mantenere al passo con i tempi. In una parola: rischia, diminuendogli investimenti, di invecchiare e deperire. La qual cosa non si vede perché dovrebbe sorridere a coloro che decideranno di affidarle i propri risparmi. Giusta osservazione, dicevamo. A meno che .a meno che il governo, che è l'azionista che ha il dominio della Stet, e che rimarrà tale, non pensasse di conservarla in salute mantenendole il massimo della rendita monopolistica possibile. Ecco,
questo spiegherebbe molte cose. Spiegherebbero, ad esempio, perché si fa un gran parlare della privatizzazione, e non si dedica sufficiente attenzione alla liberalizzazione. L verità è che, ad onta di tanta retorica liberista, qui il mercato si preferisce dirigerlo, indirizzarlo, governarlo e, già che ci si è, essere anche gli unici protagonisti. Il compagno Bertinotti, pertanto, si rassereni: il soviet di Roma venderà le azioni Stet , ma ciò non gli impedirà domani, di occuparsi ancora di nomine e di strategie aziendali.