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Conferenza Movimento club Pannella
Segreteria Rinascimento - 3 aprile 1997
Da "L'OPINIONE" del 3 aprile 1997 - pag.4

QUANDO SI FINANZIA LA PARTITOCRAZIA

Marco Pannella è senz'altro uno duro di cervice; è un merito e un riconoscimento. La Corte Costituzionale ha appena finito di falcidiare, in modo che non definisco perché sarebbe molto poco rispettoso, i referendum promossi dai riformatori e da alcune regioni; quasi tutti il mondo politico e buona parte dei formatori dì d'opinione polemizza con lui, spiegandoci che l'Italia non è la Svizzera o la California e dunque lo strumento referendario va utilizzato con parsimonia; anzi meglio sarebbe non usarlo per nulla, come certi vecchi corredi di famiglia: belli e preziosi, e che si consumano chiusi in baule, senza mai essere usati, perché altrimenti si rovinerebbero .E lui, con il suo pugno di radicalriformatori si presenta alla Corte Cassazione, con la richiesta di un nuove referendum, la proposta di abolire la recente legge che ha ripristinato il finanziamento pubblico dei partiti. Dico subito che sarò senz'altro uno dei 500 mila cittadini che firmeranno la richiesta referendaria. E spero di poter un giorno vo

tare il mio all'abrogazione. "Esistono momenti nella storia del Paese", dice Pannella, "in cui occorre, per difendere la legge contro chi occupa il potere, essere armati della propria professione di cittadini che difendono la libertà. Di fronte al prodotto di una serie di comportamenti fuorilegge, cerchiamo di dare corpo alla legge e alla giustizia". C'è chi obietta: nell'Italia del 1997 preferireste che si tornasse al sistema di prima, all'esigenza dei partiti di finanziarsi con le tangenti? Un partito deve avere sedi e collaboratori; deve organizzare convegni e congressi, deve promozionare le sue idee e i suoi programmi. La politica è un costo della democrazia. E figuriamoci se non è così. Ma: dire no a questa legge sul finanziamento pubblico ai partiti, per caso, significa dire no al finanziamento della politica e di chi la produce? Chiaro che no, anche se tanti hanno interesse a far credere il contrario. Il fatto è che con questa legge, come nell'altra che venne abrogata attraverso il referendum, non si

finanzia e non si sovvenziona la politica, ma la sua degenerazione partitocratica: quel ristretto club che si vota le leggi su misura, E si premia in modo sbagliato. Non è comunque vero che il dilemma sai costituito da questa legge, oppure il ritorno alle barbarie tangentocratica svelata da "Mani Pulite". Perché i partiti di governo (e qualcuno di opposizione ) si finanziavano illecitamente prima che venisse approvata la prima legge sul finanziamento pubblico. Hanno continuato a farlo quando le legge entrò in vigore e divenne operativa.; hanno proseguito quando la legge fu abrogata; e presumibilmente continuano tutt'ora. Per inciso i miliardi di denari pubblico che ai partiti hanno illecitamente stornato, solo in parte sono serviti per finanziare le organizzazioni e le strutture private. I tanti che sostengono di aver votato questa legge turandosi il naso chiedo perché non hanno presentato progetti di legge alternativi; perché non si sono fatti mallevadori di un dibattito serio sulla politica e sui suoi cost

i, nel Parlamento e nel Paese. Se non fosse stato per la solitaria azione di Pannella questa legge sarebbe stata approvata in fretta e furia, nel chiuso delle aule parlamentari, e forse neppure lo avremmo saputo. Chiedo: che la possibilità di controllo reale ci sono , perché il cittadino possa valutare e giudicare l'utilizzo da parte del partito, del suo denaro? Zero, nessuna. oggi come ieri. E' giusto anche questo? Il contribuente che in base alla nuova legge decide di dare il 4 per mille

Alla politica, non ha però il diritto di scegliere a quale partito darlo. Lì deve finanziare tutti. Come direbbe Totò, a prescindere,. Così l'elettore di un partito che pesa il 2 per cento, darà agli altri, piaccia o meno, il 98 per cento del suo contributo. E' giusto anche questo? Trovo geniale la "beffa" escogitata da Vittorio Sgarbi. Ha annunciato che si "apparenterà" ai socialisti di Ugo Intini, che non hanno ottenuto alcun rappresentante alle passate elezioni, ma hanno ugualmente raggranellato uno 0,4 per cento elettorale dei 160 miliardi previsti per il finanziamento pubblico: cioè 700 milioni. Ragionamento ineccepibile: "Apparentemente con Intini"; dice Sgarbi, "trasformo i miei 170 milioni in 700. A Intini ne lascio la metà, e divido in due parti i rimanenti 350: metà per le mie spese, cioè mi riprendo 170; e metà per il nuovo Partito Liberale che voglio promuovere". Non so quante ragioni bisogna elencare per convincere che si tratta di un pessima legge sul finanziamento pubblico: una legge beffa

che prima verrà abrogata e meglio sarà per tutti. Molte di queste ragioni comunque le trovo elencate in un corposo dossier pubblico dalla rivista Quaderni Radicali; ne ricavo tra l'altro, tre autorevoli opinioni che meritano di essere riprese. Livio Paladin, ex Presidente della corte Costituzionale: "E' evidente che provvedimenti di questo tipo sono frutto della disperaazio0ne finanziaria dei partiti. E poi non mi piace il metodo di attribuzione del 4 per mille. Credo che sarebbe più opportuno un meccanismo di contributo diretto ai partiti da parte del cittadino, magari attraverso un foglio separato a cui venga riservata la stessa pubblicità del 740". Sergio Romano: "Il cittadino ha le spalle al muro, sarebbe veramente libero se avesse il diritto di scegliere a chi darlo. Deve finanziare il sistema dei partiti .Ancora una volta i partiti dimostrano die essere divisi su tutto fuorchè sui fondamentali interessi corporativi della loro consorteria. La legge ora approvata dal Parlamento non è costituzionale L'alb

a della seconda repubblica assomiglia maledettamente alla notte della prima": Angelo Panebianco: "Chissà per quella ragione Pds e Forza Italia hanno votato questa incredibile legge in questa forma: Era lecito aspettarsi che le forze maggiori partorissero una legge ( e la imponessero alle forze minori), dotata di due caratteristiche: in primo luogo, una legge che non tradisse la lettera del referendum che introdusse il sistema maggioritario e che, pertanto, fesse ispirata ai principi opposti a quelli che dominavano la politica all'epoca della proporzionale. Nulla di tutto questo .. La legge rispecchia la stessa mentalità, partitocratica e proporzionalistica, che era imperante negli anni settanta .Nella sua parte più qualificata dice che i cittadini possono finanziare il sistema dei partiti (non il partito che preferiscono), indicando a tal fine la destinazione del 4 per mille, e che poi la somma complessiva verrà ripartita proporzionalmente fra i partiti rappresentati in Parlamento. Complimenti vivissimi. Ci

vuole davvero un talentaccio per escogitare un sistema simili". Può essere che ci si sbagli tutti quanti, e che sia un clamoroso errore promuovere il referendum che vuole abrogare questo finanziamento pubblico (sottolineo: questo). Ma per cortesia, ci si vuole spiegare perché? E' sempre lo stesso discorso einuaudiano, che per un liberale autentico dovrebbe essere l'equivalente di un atto di fede: "Conoscere, per deliberare". Siamo al punto, invece, che non si conosce, e non si vuole che si conosca. Una ragione c'è.

VALTER VECELIO

 
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