PANNELLA: "QUESTI GIUDICI SONO FUORILEGGE,
PACCIANI FA MENO MALE ALL'ITALIA DEL CAPO DELLO STATO"
Berlusconi: scelta di conservazione. D'Alema: amarezza ma le sentenze vanno rispettate.
Di Maria Teresa Meli
Nella sala stampa di Montecitorio, con un cartello appeso al collo su cui è scritto il numero di telefono da contattare per inviare contributi finanziari, il sigaro spento, e vicino a sé i compagni di partito, Marco Pannella sembra quello di sempre. Forse questa volta è un po' più "nero" del solito perché teme che la sentenza della Corte possa sancire la morte dei referendum. E' l'unico politico, il leader radicale, a mostrarsi arrabbiato sul serio. L'unico, se si eccettua Gianfranco Fini, il solo che, nel vertice del Polo, lancia pesanti accuse alla Consulta. Ma il caso di Pannella è diverso: lui ha legato gran parte della sua storia ai referendum. E adesso che glieli hanno decimati, si scaglia contro Scalfaro, che definisce un "usurpatore" e che "ha invitato la corte a violare la legge uccidendo i quesiti". Il leader radicale parla anche di un recente incontro tra il capo dello Stato e la consulta, a cui accenna come a una congiura. "Pacciani - tuona il leader radicale - fa molto meno male al Paese di qu
esti giudici e di questi presidenti della Repubblica. Questi sono peggio del fascismo, che almeno era legale, ma questi sono dei fuorilegge e dovrebbero finire in una corte di giustizia". E' inarrestabile questo Pannella furioso contro Scalfaro. "Se credessi in Dio - dice - gli manderei un esorcista, perché è un indemoniato di potere e per questo si è messo a capo di una fazione anticostituzionale". E però il leader radicale non rinuncia alla sua lotta: "Ora e sempre resistenza", esclama. E fa sul serio, come testimonia il moltiplicarsi delle sue iniziative. La sera prima ha inviato all'Hassler Medici, dove la Consulta era a cena, due "assaltatori" con un centinaio di copie del "Contratto" (il giornale di Pannella). Un'edizione speciale, tutta piena di improperi nei confronti della Corte. I due hanno nascosto i giornali sotto i cappotti e spacciandosi per clienti dell'albergo si sono diretti al bar dove i giudici costituzionali sorseggiavano i loro aperitivi. Hanno distribuito le copie agli allibiti membri d
ella corte, a qualcuno dei quali il cocktailchampagne è andato di traverso. E per oggi, a Piazza di Spagna, è prevista una sfilata "a lutto", dove ogni radicale celerà il proprio viso dietro la maschera di un uomo della cultura, di qualsiasi personaggio che, secondo Pannella, è un rappresentante della restaurazione. E' inutile dire che alla sfilata ci sarà anche la maschera di Scalfaro. Ma non è solo con lui che Pannella è arrabbiato. Ce l'ha pure con D'Alema e Berlusconi: "Sotto la loro egida - dice - si apre una stagione di degrado". Ma sul serio il cavaliere e il segretario del Pds non volevano questi referendum? Il primo pubblicamente commenta così la sentenza: "E' stata una scelta politica in cui ha prevalso la logica della conservazione". Poi però, nel vertice del Polo, Berlusconi non spreca troppe parole sull'argomento. D'Alema si sbilancia con questa dichiarazione: "Le sentenze della corte vanno rispettate e non insultate. Naturalmente poi ne prendiamo atto con amarezza perché è chiaro che non ci f
a piacere vedere restringere la possibilità di partecipazione popolare. Questo comunque è il risultato di un'usura dello strumento referendario". Ma qualche compagno di partito di D'Alema è più esplicito. Dice Fabio Mussi: "Se fossero passati i referendum sarebbero saltati e la Bicamerale e il governo e sarebbero scoppiati casini". E del fatto che Berlusconi e D'Alema, sotto sotto, siano ben contanti che sia andata a finire così è convinto il portavoce di Rinnovamento Ernesto Stajano, che osserva: "Pds e Forza Italia sono i più soddisfatti perché in una campagna referendaria si creano tensioni che non facilitano il raggiungimento di un'intesa sulle riforme". E questa versione spiega perché Fini, da sempre avverso alla Bicamerale, sia così duro verso la Corte: "Bocciando i referendum - dice infatti il presidente di An - la Consulta ha ribadito il concetto politico che sta a cuore a tutti i sostenitori della Bicamerale: le riforme istituzionali devono farle i partiti, non i cittadini. Questa per noi è una ragi
one in più per sostenere la costituente e per non rinunciare al presidenzialismo". Dunque, a parte poche eccezioni, il Palazzo tira un sospiro di sollievo. L'unico vero timore è rappresentato dalle reazioni dei presidenti delle Regioni, a cui la Corte, ha bocciato non pochi quesiti. Loro sono tutti furibondi. Dal polista Roberto Formigoni - che preannuncia un ricorso e spiega che quello della Corte "è un segnale brutto perché la regioni sono pezzi di Stato" - al toscano Vannino Chiti, pidiessino, che definisce "sconcertante2 la sentenza della Consulta".