HASHISH, NON FATE FUMO
E' IMPROBABILE CHE LA LIBERALIZZAZIONE DIMINUISCA LA CRIMINALITA'
Di Marcello De Cecco
La mia generazione era già adulta quando esplose la voga dei figli dei fiori. Non ho fatto quindi esperienze dirette di droghe leggere o pesanti, nemmeno "senza aspirare" come il capo politico attuale dell'Occidente. Come economista, tuttavia, credo di poter fare qualche riflessione sul problema della legalizzazione delle droghe leggere. La droghe, leggere o pesanti , sono divenute merci importanti negli scambi interni e internazionali del mondo intero. Il loro mercato è enorme, e il fatto che siano illegali quasi dappertutto non permette loro di sfuggire ai princìpi dell'economia politica. Anzi. La situazione di fatto è dunque quella di una vastissima diffusione, in tutti o quasi i paesi del mondo, e in particolare in quelli ricchi dell'Occidente, di droghe di ogni tipo e origine, naturali e, in misura sempre crescente, sintetiche. La domanda per queste merci è dunque enorme, e il loro mercato estesissimo. Dato che si tratta di merci illegali, tuttavia, il mercato è dominato dall'offerta, e cioè completamen
te nelle mani di fabbricanti e distributori. Non è un mercato unico, ma una serie di mercati, a seconda dei tipi di merce che trattano, e sarebbe poco realistico credere che ciascuno di essi sia indipendente dagli altri, e che in ciascuno regnino condizioni di assoluto monopolio. La concorrenza è invece di tipo oligopolistico ed è talmente feroce, nella gran parte dei mercati, da causare battaglie fra gruppi rivali di offerenti, che si affrontano con armi leggere e pesanti, e con gran copia di morti e feriti. Il fatto che i mercati delle droghe operino quasi dappertutto nell'illegalità rende i prezzi delle medesime assai alti, nonostante la concorrenza che può esistere in ciascuno di essi, e che le bande di rivali cercano di trasformare o in oligopoli collusivi, stipulando tregue più o meno durature, o in monopoli, combattendosi all'ultimo sangue. Ci si chiede cosa cambierebbe se le droghe leggere del tipo tradizionale, hashish e marijuana, fossero legalizzate, se cioè ne fosse permessala libera vendita. Far
lo, naturalmente, vorrebbe dire che, da parte delle autorità dello Stato, si è raggiunta la certezza, o una ragionevole convinzione, circa la relativa innocuità dell'uso prolungato delle stesse sostanze. E' noto come, in materia, la scienza medica sia profondamente divisa, e i lettori di giornali, come il sottoscritto, vivono bombardati da dichiarazioni a raffica, tutte provenienti da fonti le più autorevoli, che affermano o negano la nocività delle droghe leggere, con la massima tranquillità. Supponiamo, tuttavia, che le autorità dello Stato abbiano raggiunto una ragguardevole certezza sull'innocuità dell'uso prolungato di droghe leggere, e l'abbiano dunque legalizzato, legalizzandone, naturalmente, anche il commercio e, si suppone, la coltivazione libera, dato che si tratta di sostanze che possono crescere in qualsiasi orto. La legalizzazione comporterà l'uscita dal mercato delle droghe leggere degli attuali protagonisti del mercato stesso, delinquenti di vario calibro, più o meno organizzati. Il prezzo de
lle sostanze, presumibilmente, scenderà notevolmente, potendosene praticare la produzione liberamente, e altrettanto liberamente potendosi praticare la vendita. Se la curva di domanda di tali sostanze è tale da reagire positivamente al prezzo, l'uso dovrebbe aumentare. Ma potrebbe anche accadere che le sostanze naturali leggere, divenendo liberamente disponibili, e vendute a prezzi più bassi, venissero a perdere quella parte di richiamo che emana dalla proibizione, dal fascino della trasgressione e dell'atto proibito. Si rivelerebbero dunque, hashish e marijuana, dei beni che gli economisti chiamano "inferiori", la cui domanda scende quando il prezzo declina. Se ci fossero sul mercato solo questi due prodotti, la diminuzione di consumo derivante dalla liberalizzazione potrebbe considerarsi un fenomeno definitivo, senza ripercussioni collaterali. Ma gli economisti sanno che non ci sono merci che non hanno sostituti. Gli exconsumatori delle due sostanze naturali, ad esempio, potrebbero voler soddisfare il loro
desiderio di trasgressione, che la liberalizzazione lascerebbe immutato, con altre sostanze rimaste proibite, come le droghe sintetiche che si distribuiscono vicino alle discoteche e alle scuole medie e alle scuole medie superiori, e che sono responsabili della gran parte delle stragi del sabato sera. In aggiunta, il fatto che una sbornia di droghe leggere non abbia (come si sostiene) conseguenze assuefattive non impedisce che sempre di sbornia si tratti, e che la maggior disponibilità, prima che il prodotto sia rifiutato perché non abbastanza trasgressivo, induca inevitabilmente un aumento degli incidenti causati da ebbrezza da droghe. La liberalizzazione dunque causerebbe a medio termine uno spostamento su droghe rimaste vietate, del tipo già ricordato e, a breve termine, la necessità di mobilitare, ad alto costo, forze di polizia ulteriori per controllare chi guida in stato di ebbrezza da droghe. Occupiamoci ora di coloro che, prima della liberalizzazione vivevano della produzione e dello smercio di tali
sostanze. Che faranno, una volta privati delle loro fonti di sostentamento? Pensare che si dedichino a lavori onesti vuol dire presumere forse troppo dalla naturale bontà della natura umana e dalle opportunità offerte dal mercato dei lavori "leciti". Se l'esperienza della fine del proibizionismo negli Stati Uniti può insegnare qualcosa, vale la pena ricordare che coloro che si dedicavano alla fabbricazione e allo smercio degli alcoolici proibiti, una volta legalizzato tale settore, si spostarono su altre attività illegali, nelle quali potessero far valere l'esperienza precedentemente acquisita. Invasero dunque i settori della prostituzione, dell'usura e del gioco d'azzardo, portando il controllo su queste attività, dal livello artigianale precedente, a un livello organizzativo assai più elevato, e pericoloso per la società. Quando si demolisce una casa i topi si trasferiscono nelle altre case disponibili. Che altro potrebbero fare, date le condizioni in cui si trovano? Si può dunque supporre che lo stesso a
ccada in caso di liberalizzazione di droghe leggere. In aggiunta, nelle nuove condizioni, oltre al ricorso alla piccola, ma assai pericolosa, trasgressione delle pasticche per adolescenti, gli scontenti della fine della trasgressività di hashish e marijuana potrebbero trasferirsi, in parte non trascurabile, all'uso di droghe pesanti, in particolare di quelle, come la cocaina, che non hanno le conseguenze drammatiche e socialmente degradanti dell'uso dell'eroina. Non molti hanno notato che le varie mafie che dominano il commercio delle droghe pesanti hanno coscientemente "svezzato" le ricche società occidentali dall'uso di eroina, segmentando il mercato con grande perizia, in modo da specializzarlo solo per l'uso di quegli sventurati che hanno contratto l'assuefazione quando l'eroina stava divenendo una piaga sociale talmente pericolosa da minacciare la sopravvivenza degli stessi narcotrafficanti, per la rivolta delle società evolute contro di essi. Al posto dell'eroina i narcotrafficanti hanno sapientemente
diffuso il consumo di cocaina, droga ottimista, da ricchi, che a lungo andare distrugge quanto l'eroina, ma lo fa con il minimo di dislocazione sociale. E' del tutto prevedibile che reagiscano alla liberalizzazione delle droghe naturali leggere con uno sforzo rinnovato per diffondere ulteriormente l'assuefazione e, quindi, lo smercio, di cocaina. Come si fa? Si adoperano le truppe che una volta smerciavano droghe leggere e sono rimaste disoccupate, e si abbatte radicalmente il prezzo della cocaina, in modo da promuovere, democratizzare, l'uso di questa droga, proponendola anche agli strati socialmente abbienti. Può darsi, inoltre, che i narcotrafficanti provino a diffondere, anche al di fuori dei ghetti negri americani, l'uso del crack, orribile droga dei poveri, che costa pochissimo e ha effetti, come è noto, devastanti. Ma non vogliamo sostituire la nostra alla fantasia dei narcotrafficanti, che certo ne hanno assai di più. Stiamo solo cercando di analizzare, in termini puramente economici, le conseguenze
della liberalizzazione delle droghe leggere, cercando di immaginare le reazioni più ovvie di produttori e commercianti quando il mercato nel quale operano tutto a un tratto scompare. Ci sembra che gli abolizionisti, per amore della libertà, abbiano tralasciato di svolgere alcuni semplici ma fondamentali ragionamenti economici. Quello di cui si tratta è un enorme mercato mondiale. Supporre che chi di esso vive o con esso si arricchisce reagisca alla scomparsa della propria fonte di vita e ricchezza dedicandosi ad occupazioni legittime è totalmente ingiustificato, alla luce della teoria e dell'esperienza. Ci siamo fermati ad esaminare i sostituti più prossimi delle droghe leggere, quelle pesanti, nella cui produzione e commercio gli attori del mercato tutto a un tratto legalizzato si trasferiranno. Ma abbiamo tralasciato tutte le altre attività illegali nelle quali gli ex operatori del mercato delle droghe leggere potranno spostarsi. E nulla abbiamo detto della possibilità che essi, privati del mercato origina
rio, trasferiscano i propri metodi e le proprie risorse su mercati legali, operando in essi nei modi così bene appresi producendo e smerciando hashish e marijuana. Qualche esempio può bastare, per indurci a riflettere. Non è detto che il giuoco d'azzardo debba essere dominato, nel suo esercizio, da elementi e organizzazioni delinquenziali. E nemmeno è obbligatorio che lo stesso accada per le corse dei cavalli, o per quelle di automobili. Ma è accaduto. E ancor più spesso può accadere, se lavoro e capitale sono costretti a spostarsi da un settore che è a un tratto scomparso. Lo stesso può avvenire, ed è avvenuto, nell'esercizio delle pompe funebri. In Giappone, poi, non passa giorno senza che si scoprano legami sempre più stretti tra la yakuza e le più prestigiose istituzioni finanziarie. E negli Stati Uniti sono state recentemente scoperte gigantesche truffe di Borsa organizzate dal racket.