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Conferenza Movimento club Pannella
Segreteria Rinascimento - 8 aprile 1997
Da "Il Foglio" dell'8 aprile 1997 - pag. 1

LA POLITICA RESISTE AL PLEBISCITO PROTESTATARIO DEI MAGISTRATI MILANESI,

AL CENTRO DELLO SCONTRO LA NATURA E IL POTERE DEL CSM, IL "PARLAMENTO DEI GIUDICI". I PM IN TRINCEA, GLI ALTRI NO.

PRUDENTE IL SILENZIO DEI ROMANI

ROMA - Nel palazzo del tribunale di Roma non è facile raccogliere prese di posizione sulla ennesima "rivolta dei pm" che porterà il 18 e il 19 aprile a due manifestazioni (al chiuso, in teatro) a cui l'Associazione nazionale dei magistrati ha chiamato tutti gli aderenti per contrastare la bozza di modifica della Costituzione presentata la scorsa settimana dal relatore sulla giustizia, il verde Marco Boato. Nel Palazzo di Giustizia della capitale non si respira aria di mobilitazione; è largamente condivisa la posizione del neonominato procuratore capo Salvatore Vecchione: il silenzio. Non è così per altri capi delle procure, non per Saverio Borrelli, non per quelli che annunciano la propria partecipazione alla protesta. Ma la settimana di Borrelli non è stata molto fortunata: ha annunciato la sua discesa in piazza e poi l'ha dovuta ritirare. Il pm di Lecce Leone De Castris gli fa sapere che lui si considera un "vero magistrato" e mai si farebbe fotografare a cavallo. La sua Ilda Bocassini si sbilancia nelle

critiche al ministero di Giustizia, ed è in parte lasciata sola anche da Giancarlo Caselli. E questa volta la politica non si inchina al potente procuratore milanese e a quelli che intimoriti, lo seguono. La politica non va in soccorso delle posizioni di rottura di Borrelli o di Elena Paciotti: sino alla tarda serata di ieri solo Rino Piscitello (per la Rete) e Federico Orlando si sono schierati a fianco dei magistrati, oggi ci sono anche i rifondatori (ma la loro polemica è strumentale, determinata da motivi tattici). Chi in passato ha fornito una sponda politica ai veti legislativi del pool milanese questa volta tace. Nel tribunale di Roma si avvertono anche sfumature inedite, indizi di seria (e determinata) diversificazione tra i magistrati. Tra le correnti dell'Anm si leggono differenze: a testa bassa Magistratura indipendente e Movimenti riuniti (con Vladimiro Zagrebelsky e Mario Almerighi), una qualche prudenza si riscontra in Magistratura democratica (soprattutto nella componente più vicina al Pds) e

si nota un'inedita moderazione di accenti e impegni (pur nella scontata protesta) da parte di Unità per la costituzione, la grande area moderata. Le ragioni di queste smagliature sono evidenti. Alcuni prestigiosi magistrati romani ragionano su come un organo autoreferente, il Csm che non risponde a nessuno, sia diventato un centro di potere incontrollato e incontrollabile, e come questo sia un'anomalia. Così come sono stati anomali quasi tutti i procedimenti disciplinari di rilievo che il Csm ha vagliato negli ultimi tre anni. La reazione dei procuratori (ma Caselli usa toni più moderati, si nota, di Borrelli) è quella di chi vede minato il proprio potere. D'altronde è evidente come non mai che questa "rivolta" (se è tale) interessi solo i pm. Come ben si vede i magistrati giudicanti stanno ben zitti. Anzi, molti di loro sono contrari, ma non parlano perché il potere disciplinare di un Csm così politicizzato è sempre un'ottima ragione per tacere. Lo nota anche Beppe Pisanu, capogruppo alla Camera di Forza It

alia: "Finora ho sentito gridare soltanto i pm, i giudici invece tacciono. E' segno che la separazione delle carriere è già nella realtà dei fatti". Anche An, al cui interno fino a non poco tempo fa non poche erano le simpatie per i pm, non giunge speciale solidarietà all'Anm., anzi: "La Bicamerale non si faccia intimorire da questo "nuovo partito" non eletto dai cittadini, senza rappresentanza popolare, portatore solo di interessi corporativi di 3040 magistrati", dichiara Enzo Fragalà. Giuseppe Gargani, responsabile per la giustizia del Ppi, mette l'accento sulla "silente adesione del complesso della magistratura che però non è, e non vuole essere, coinvolta in una partita gestita da alcune procure". "Partita che", dice ancora Gargani, "è solo di potere. Onestamente il Pm Carlo Nordio punta il dito contro la mancanza di serenità negli attacchi alla Bicamerale. Manca la serenità in chi si è preso un potere non suo (e per di più lo gestisce male). E' la fine del mondo, poi, che si arrivi sino a contestare una

volontà politica punitiva da parte di chi è impegnato a riscrivere una norma costituzionale, di chi è chiamato a dipanare l'intreccio di poteri disegnato 50 anni fa, oggi più confuso che mai. Il maggior limite delle proteste contro la bozza Boato sta nella mancanza di consapevolezza del cambiamento dei ruoli e della società rispetto al '46: allora il dibattito si rivolgeva al superamento del fascismo. Mi spiace, ma questa parte della magistratura mostra di non essere matura a fronte del cambiamento dei tempi".

 
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