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Partito Radicale Rinascimento - 9 aprile 1997
Da "L'opinione delle Libertà" dell'8 aprile 1997 - pag.3

IL FUTURO DELLA CITTA' ETERNA E LA MIOPIA DEI SUOI AMMINISTRATORI

Entrando nello studio di Bruno Zevi ho l'impressione per un attimo di essere in un ambiente della gloriosa Bauhaus. Mentre lo aspetto do un occhiata alla libreria di fronte alla scrivania: è piena di suoi libri tradotti in tutte le lingue, ce ne sono anche in giapponese. Arriva in quella che intuisco essere una tenuta da casa, comunque impeccabile. Anche nel vestire trasfonde la sua passione per le forme e i colori: semplici, essenziali, ma sapientemente eleganti. Comincio subito a incalzarlo ricordandogli la sua clamorosa uscita dall'Università.

Come maturò quella decisione che destò tanto scalpore nel mondo accademico?

Io fin dall'inizio mi dedicai all'Università con molta passione. Credevo di poter contribuire a trasformarla da un luogo d'elite in un laboratorio democratico. Poi c'è e stato tutto quello che sappiamo: la liberalizzazione dell'accesso, fatta in maniera confusa senza preparazione, il '68 che portava avanti l'affermazione di una controcultura proletaria, che però era una noncultura e così si è arrivati a uno stato di fogna. Entravano in venti con le trombette e il libretto rosso di Mao mentre si stava facendo lezione e bisognava aver nervi a posto e un po' di fortuna per cavarsela. Agli esami di progettazione, invece che con un progetto, si presentavano con una cartella con dentro il Messaggero e pretendevano un ventisette.

E lo ottenevano?

Il più delle volte sì. Tanti colleghi hanno mollato e non posso biasimarli. Io mi ritrovai di fronte a una scelta difficile: se mi sottraevo all'Università avrei perso il mio principale interlocutore, nel quale oltretutto riversavo anche il mio impegno politico. Io ho resistito durante tutto questo periodo e ti assicuro che non era facile. Ma ero arrivato a un punto tale che ero contemporaneamente il professore più noto della facoltà di Architettura e nello stesso tempo il capo dell'opposizione alla facoltà stessa: troppo comodo. Mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: questa situazione non può andare avanti. Cosi sono uscito dall'Università. Per ottimismo, come dissi in un'intervista di allora con l'Espresso.

E oggi a vent'anni di distanza che cosa pensi dell'Universita? Ha fatto passi avanti o è rimasta quella che hai lasciato?

Credo che, per certi versi, sia peggiorata, per altri qualche passo in avanti si è fatto. Trovo negativa la creazione dei dipartimenti: in questo modo invece di fare insegnamenti che possano essere seguiti da studenti di diverse facoltà, creando una possibilità di dialogo e un inizio di quel laboratorio di cui parlavo all'inizio, si butta a mare l'attività didattica in nome della "ricerca", con il risultato però che cercano cercano ma non trovano niente. Una nota positiva, parlando dell'Università di Roma è il frazionamento in cinque sedi della vecchia Facoltà. In questo modo credo sia più agibile per tutti.

Veniamo alla totale immobilità della Roma storica. Perché a Roma un corso di progettazione urbana non gode del seguito che può avere per esempio a Parigi? O, per dirla tutta, perché a Parigi, o in altre città, le cose che si progettano nell'Università a volte si realizzano e qui invece il solo pensiero che si possa veder realizzato un progetto fa correre la mente a una Roma più simile a Utopia che non a quella che viviamo?

Guarda. penso non sia questo il male. E' sicuramente un male, ma non il principale. Mi spiego. Se si ipotizza di sostituire il monumento a Vittorio Emanuele che è una oscenità, demolendolo, mettendo al suo posto uno schermo, una cosa dinamica, un percorso tra la città nuova e i Fori, è bello di per se il solo pensarlo e metterlo in forma di progetto. Quello che intendevo dire è: come mai gli amministratori, chi governa le città, non vede le cattedre universitarie come interlocutori per i progetti sulle città?

Qualche volta avviene, per esempio a Venezia, per definire il nuovo piano regolatore voluto da Cacciari, hanno utilizzato la facoltà di Architettura. A Roma, a quanto dice Rutelli, si utilizza moltissimo, ma credo che sia più che altro strumentalizzata per ottenere i consensi che servono da parte dei tecnici. Il vero problema è che governare una città come Roma dal punto di vista urbanistico non significa fare progetti tipo le Cento Piazze. Non voglio arrivare a dire che si tratti di una iniziativa negativa, ma sicuramente non affronta il vero problema, non assolve al compito principale che una amministrazione deve avere, e cioè quello di proiettare, di rappresentare, di ipotizzare il futuro della città attraverso lo strumento del Piano Regolatore ed è esattamente quello che Rutelli non ha fatto.

Sei molto deluso dal sindaco di Roma?

Sì. Mi dispiace molto doverlo dire. Ero molto amico di Rutelli. Abbiamo passato cinque anni insieme alla Camera e non in un gruppo di cento deputati, in quello radicale, eravamo in cinque gomito a gomito. Peraltro lui era capogruppo. Quando divenne Sindaco gli scrissi una lettera nella quale spiegavo quanto fosse necessario per Roma riprendere in mano il Piano Regolatore di Luigi Piccinato, certamente riveduto e corretto, ma ancora esatto nelle sue linee guida: liberare la città da quel disastro, quel malloppo che è stato ed è l'Eur. Senza eliminarlo, ma facendo ruotare i flussi non più sulla via di collegamento dell'Eur con il Centro ma bensì spostandoli su sistemi direzionali attrezzati a Pietralata e a Centocelle. Questo avrebbe riparato almeno in parte quella follia voluta dal fascismo e dagli speculatori alla Bottai di sviluppare Roma a Sud, invertendo lo sviluppo storico della città: EstOvest. Follia che ebbe in seguito il degno completamento con la costruzione dell'albergo Hilton a Nord, sempre

a fini speculativi. Tornando al Piano Regolatore di Piccinato, io non capisco come si possa ritenere superato un piano che prevedeva addirittura un'espansione urbana maggiore di quella che poi è stata. Se la condizione demografica e più favorevole a maggior ragione il Piano risulta attuabile!

Mi pare che tu abbia proposto anche qualcosa di più al sindaco?

E' vero, gli proposi di fare, dando grande risalto all'iniziativa un grande plastico che riproducesse la città, suddiviso in tanti quadranti. Questa idea fu attuata per Philadelfia nel 1927 da un architetto russo.

Perhè la città divisa in quadranti?

Semplicissimo. Ogni quadrante può essere azionato con un bottone e capovolto. Da una parte c'è la città come è, dall'altra la città come la si vorrebbe. Tutto questo avviene sotto lo sguardo continuo e collaborativo dei cittadini interessati ad ogni singolo quadrante in modo tale che un progetto evolve e si modifica con l'intervento di chi poi dovrà vivere quella porzione di città. Il cittadino può vedere il quadrante dall'alto dal basso, da sinistra e da destra, seguendo un percorso di facile attuazione e dire cosa ne pensa, suggerendo esigenze specifiche cambiamenti, etc. Un'idea dunque che sposa la potenzialità progettuale con l'intervento democratico del cittadino.

Qual'è stata la risposta di Rutelli?

Mi disse che era una bellissima, idea ma molto difficile da attuare e che comunque l'avrebbe sottoposta alla Giunta. Evidentemente Cecchini e gli altri l'hanno bocciata. Hanno pensato che la soluzione "moderna" era nelle simulazioni al computer: esattamente l'opposto di quello che proponevo. Nel plastico il cittadino si muove, vede quello che gli interessa, lo cerca, lo può toccare con mano; nella simulazione il poverino viene fatto accomodare in poltrona e lì si addormenta. Invece di coinvolgerlo fisicamente come nel plastico lo si riporta alla dimensione del sonnifero televisivo. Immagino che i suggerimenti a Rutelli non siano finiti. Me ne racconti qualcun'altro.

Volentieri. Un'altra raccomandazione che gli ho fatto è stata: non fare l'Auditorium al Flaminio. Devi avere il coraggio di dire: quello che è stato ipotizzato dall'Accademia di Santa Cecilia è, con tutto il rispetto, una fregnaccia. La spiegazione è anche qui molto semplice. Roma è fatta di un Centro Storico e da una cinta di quartieri dormitorio che si chiamano così non a caso. Qual è la differenza tra un quartiere dormitorio e un rione del Centro? Il rione ha una serie di attrezzature e servizi che interessano tutta la città, tant'è vero che dal Tiburtino Terzo arrivano a Piazza di Spagna mentre il quartiere dormitorio non ha nulla che possa attrarre le persone che abitano a Piazza di Spagna. E allora come si trasforma un quartiere dormitorio in un polo metropolitano: mettendo in un ognuno di questi quartieri una struttura che non sia una struttura di quartiere sennò siamo sempre al punto di prima ma una struttura metropolitana. Dunque da questo ragionamento mi sembra logico che l'Auditorium andava

fatto a Pietralata.

E Rutelli?

Mi rispose: vabbè ma al Flaminio e molto più comodo. Bravo! Ma è più comodo proprio perchè è a ridosso del Centro così al casino aggiungi casino. Ma mi interessa raccontarti un'altra cosa che gli dissi.

E cioè?

Gli dissi tu hai quattro anni di fronte a te. Fai un canile. In modo che tra quattro anni qualcuno possa dire: vedi quel canile l'ha fatto Rutelli. Ovviamente dico un canile per dire. Avrebbe potuto scegliere tra tante ipotesi: una scuola, un teatro una qualsiasi cosa e invece cosa fa: la Fabbrica di Roma. Che di fabbrica non ha proprio niente. Di urbanistico meno che meno. Urbanistica vuol dire coordinamento dei progetti. Qui mi pare che si facciano tante cose e cosette senza nessun coordinamento.

Insomma i rapporti con Rutelli non hanno preso una buona piega, forse il futuro potrà riservare delle sorprese? Saresti interessato a collaborare con giunte d'altro tipo?

Rutelli è stato eletto dalla Roma democratica e io a quella guardo. Ciò che succede a Destra non mi interessa perchè io non ho alcuna simpatia soprattutto per la Destra romana. A questo proposito mi fai venire in mente il caso di largo Bottai che e stato il punto di rottura vera con Rutelli. Ma pensa tu: voleva celebrare Bottai per aver voluto l'Eur! Ti ho già detto quello che penso dell'Eur. Figuriamoci se Roma deve celebrare uno dei suoi massacratori. Come se non bastasse uno che prima ancora che fossero promulgate le leggi razziali fece decadere dall'incarico i professori ebrei! Un'idea più cretina è difficile da concepire; comunque mi dispiace aver duramente insultato Rutelli in quell'occasione, ma ne valeva la pena: abbiamo evitato che Roma avesse largo Bottai. A proposito di Bottai, cambiando piano del discorso, non pensi che la legge da lui voluta, la tanto osannata 1089 sia stata al contrario uno dei fattori di ristagno dell'intervento nei centri storici, ridotti a essere oggetti di una tutela ipocri

ta che consente il peggior abusivismo, ma li priva e ci priva, invece, d'interventi, di costruzioni nuove nel tessuto storico dei centri urbani. Roma, per rimanere in tema, e la Città Eterna anche perchè ogni epoca ha lasciato la sua traccia.

Assolutamente. Basta vedere le altre capitali europee. Con oculatezza, ma continuamente si compiono interventi che ridefiniscono l'aspetto di piazze e luoghi storici. Qui invece non si vuol capire l'importanza culturale, ma anche economica di interventi di questo tipo. Se si vincesse questo assurdo tabù si libererebbero energie compresse da tanto troppo tempo. Purtroppo paghiamo la totale mancanza dl sensibilità in questo senso della nostra classe dirigente che ha sempre pensato alla cultura come a qualcosa di lontano dal territorio, dall'ambiente, dalla città e quindi dall'architettura. Veltroni, per esempio, di tutto parla: vuole la legge sul cinema, sulla danza, sul teatro vuole leggi su tutto, ma a una legge sull'architettura lui non pensa. D 'altra parte se si guarda all'indietro nessuno, dico nessuno, nella storia d'Italia si è mai interessato al territorio, alle città e all'ambiente.

Come mai i governi dell'ltalia repubblicana non hanno mai compreso l'importanza di sciogliere questo nodo?

A questo proposito ti voglio raccontare un episodio. Mi ricordo che nel 1915 tornato in Italia incontrai Emilio Lussu che conoscevo dai tempi di Giustizia e Libertà. Mi disse: che fai? Gli raccontai quali fossero i miei interessi e lui con il suo spirito entusiasta mi rispose subito: bene, andiamo da Romita, allora ministro dei Lavori Pubblici. Arrivammo al ministero e io spiegai a Romita quali pensavo dovessero essere le priorità d'intervento. Lui mi guardò e mi disse: ma tu che posto vuoi? No guardi, risposi, non voglio nessun posto. Allora tu mi vuoi imbrogliare perchè se non vuoi un posto e fai solo chiacchiere mi vuoi imbrogliare! Ecco da lì, da quel modo di ragionare, mi pare che nei decenni successivi ci si sia scostati di poco.

E oggi, a parte Veltroni (che come hai detto prima non mostra grande attenzione all'urbanistica) credi che potrebbe intervenire il ministro Costa ?

Sì, e credo che, una volta risolto il problema di rilanciare tutti gli appalti rimasti in sospeso, affronterà la questione. E' un ex rettore di Ca' Foscari e anche non conoscendolo, penso sia non solo una persona onesta, ma soprattutto competente. Sono fiducioso.

Critico tagliente, ma inguaribile ottimista, come si fa ad arrivare a ottant'anni e avere ancora tanta voglia di fare, di partecipare, di intervenire?

Bisogna essere stati iscritti al Partito d'Azione. Quella sì che era una palestra eccezionale. Viva il Partito d'Azione.

Benedetto Marcucci

 
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