REFERENDUM ELETTORALI VERSO LA BOCCIATURA, MA C'E' UNO SPIRAGLIO
Il fronte aperturista nella Consulta si impernierebbe su Valerio Onida giudice eletto dal Parlamento per l'Ulivo
Di Maria Antonietta Calabro
ROMA La Corte Costituzionale ha fissato i criteri generali per la votazione sull'ammissibilità dei referendum. Ne ha discusso mercoledì, giovedì e venerdì scorsi. Così da ieri pomeriggio e iniziato l'esame nel merito dei singoli quesiti, che, e stato deciso, avverrà seguendo l'ordine di iscrizione a ruolo. Quanto all'impostazione complessiva, sembra che si possa affermare che si sta registrando un'apertura a favore dei referendum elettorali, proposti da Pannella, per eliminare il residuo proporzionale nell'elezione di Camera e Senato. Il fronte aperturista si impernierebbe sulla posizione di Valerio Onida, giudice eletto dal Parlamento per il centrosinistra. Onida si sarebbe ritrovato sulla stessa lunghezza d'onda delle argomentazioni espresse dal costituzionalista Augusto Barbera. Seguendo l'ordine deciso, i referendum elettorali saranno esaminati nel gruppone di coda, rispetto al complessivo numero di trenta quesiti sotto esame, quindi non prima di questo fine settimana. Le indiscrezioni, quindi, vanno
nel senso che, sui criteri, la Consulta potrebbe cambiare la propria giurisprudenza. Trattandosi di un'Alta Corte questo non può far gridare nessuno allo scandalo. Tanto più che proprio per affrontare al meglio la complessa scadenza, nell'estate scorsa era stato dedicato ai referendum il seminario di studio annuale. Certo è però chef che le decisioni non vengono comunicate ufficialmente dalla Consulta, sia pure solo con il dispositivo, esse possono essere cambiate fino all'ultimo: cioè fino a che la camera di consiglio non si sia formalmente conclusa e del resto il pronostico della vigilia è sempre stato per la vittoria dell'inammissibilità. Quanto ai precedenti, la Corte si è espressa sui referendum elettorali due volte: nel '93 ammettendo quelli presentati da Mario Segni (a stragrande maggioranza). E nel '95 respingendo due quesiti presentati da Pannella, identici a quelli all'esame oggi. Averli riproposti tali e quali, e stato interpretato sul Colle del Quirinale, dove sorge anche il Palazzo della Consu
lta, come un energico invito alla Corte a rivedere la propria giurisprudenza o addirittura come una provocazione. Rispetto alla Corte che decise nell'95, sono presenti nell'attuale collegio solo sette giudici su quattordici (Granata, Vassalli, Guizzi, Mirabelli, Santosuosso, Vari, Ruperto). Ne c'è alcun problema per il fatto che Granata adesso sia il presidente del collegio (con un voto che sarà determinante in caso di parità) ne che Guizzi e oggi relatore dei due quesiti elettorali. I1 relatore infatti deve raccogliere gli orientamenti prevalenti nel collegio e mettere nero su bianco le argomentazioni a sostegno della decisione (all'epoca, la sentenza di inammissibilità venne presa a larga maggioranza). La decisione, insomma, è sempre, su tutti gli argomenti, collegiale al massimo. E come detto, oggi il fronte del no, sembra molto meno granitico di quanto facessero pensare le previsioni della vigilia. Vero e, anche, che all'inizio del' 95 la situazione politica generale era molto diversa da quella di oggi.
Proprio mentre la Corte stava per decidere, due anni fa, il Capo dello Stato era impegnato in consultazioni per risolvere una difficile crisi di governo: far cadere la legge elettorale avrebbe voluto dire condizionare le scelte del presidente della Repubblica in un momento istituzionale delicatissimo.