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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 9 aprile 1997
Dal "Corriere della Sera" del 9 aprile 1997 - pag. 1

UNA TRAGICOMMEDIA

di Paolo Franchi

E' probabile che Piero Fassino si morderà a lungo le mani per l'incredibile gaffe in cui è incappato. Tra le caratteristiche più stravaganti di questo governo c'è l'incontenibile propensione dei suoi esponenti a tacere quando dovrebbero comunicare, e a parlare quando dovrebbero star zitti: il sottosegretario agli Esteri ha voluto evidentemente onorare oltremisura questa regola. Ma, per quanto improvvide siano state le sue parole, nessuna persona seria può imputare al solo Fassino la responsabilità della tragicomica confusione che ormai, comunque vada oggi alla Camera e dintorni, lega la vicenda albanese, le sorti del governo e le prospettive stesse di quel che resta del nostro malcerto bipolarismo. Tutti o quasi, infatti, provvedono a dare il peggio di sè, come in un gioco impazzito di dilettanti allo sbaraglio: quasi che stavolta si fosse deciso di dar luogo al nostro ennesimo otto settembre, ma senza dare alle truppe nemmeno il tempo di schierarsi. Continuiamo a pensare che, per motivi nobili e meno nobili

, sarà in extremis evitata la crisi di governo su un tema cruciale di politica estera che investe direttamente gli interessi nazionali. Ma, ammesso pure che le cose vadano effettivamente così, e in attesa (si fa per dire) che l'imminente verifica tra Ulivo e Rifondazione sulla riforma dello Stato sociale risolva il rebus dei destini del governo, questa bruttissima storia qualcosa lo insegna già adesso. Viviamo nel più strano dei bipolarismi. In un bipolarismo, cioè, in cui a menare la danza non sono le componenti centrali dei rispettivi schieramenti, ma le estreme, Bertinotti da una parte, Fini dall'altra. Cosicchè ogni qual volta D'Alema e Berlusconi, per citare solo i due principali protagonisti, riescono a definire qualcosa di simile a un'intesa bipartisan, Rifondazione e Alleanza nazionale, anche scompostamente e senza logica alcuna, come nel caso del niet neocomunista alla missione e della richiesta di dimissioni di Prodi avanzata da Fini, riescono a sbarrare loro il passo: e tocca scegliere tra la pade

lla e la brace, tra la caricatura della Prima Repubblica e lo scontro paralizzante. In meno di un anno Prodi si ritrova nelle stesse condizioni in cui si ritrovò in meno di sei mesi Berlusconi: la sua maggioranza non c'è più. E il Paese si ritrova a dover fare i conti con la seconda falsa partenza in tre anni del sistema bipolare e maggioritario. I sondaggi rendono noto che, per un terzo degli italiani, si stava meglio durante l'Antico Regime: e la nostalgia non è del tutto infondata. Anche perchè molti di quelli che continuano a pensarla diversamente insistono: non c'è ingegneria istituzionale che valga, è la politica che deve fare il suo mestiere. Parole sante. Peccato che questa politica offra lo spettacolo che offre. Dunque? Dunque si può cominciare ragionevolmente a dire che bipolarismo e maggioritario proprio non fanno per noi. Oppure (meglio) si può tornare a scommetterci su, ma per davvero, nella Bicamerale e fuori. Cominciando con il chiedersi come mai, in tutti i comuni in cui voteremo, i sindaci u

scenti siano, a differenza dei premier, gli stessi nominati quattro anni fa, e abbiano avuto tempo, modo e poteri per governare e lasciarci infine lo sfizio di giudicarli. Non sarà, per caso, anche grazie a una buona legge, e insomma a un po' di sana "ingegneria istituzionale" sorretta dalla spinta dell'opinione pubblica?

 
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