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Conferenza Movimento club Pannella
Segreteria Rinascimento - 10 aprile 1997
Da "La Nazione" del 23 gennaio 1997 - pag. 9

PROCEDURE REFERENDARIE, SERVONO ALCUNE MODIFICHE.

Di Antonio Patuelli

Da molti giorni ormai i Giudici della Corte Costituzionale sono riuniti per esaminare le trenta richieste di referendum e per decidere sulla loro ammissibilità, sulla base delle compatibilità previste dalla Costituzione: si tratta di una specie di Conclave la cui assai lunga durata evidenzia l'emergere di molti problemi sull'ammissibilità di vari referendum. Sono, pertanto, comprensibili le preoccupazioni dei promotori e dei sottoscrittori delle richieste referendarie che, dopo tanti sforzi, temono di essere privati dell'obiettivo per cui si erano impegnati. In sostanza si trovano ad essere conflittuali gli interessi legittimi dei sostenitori dei referendum e le responsabilità dei Giudici costituzionali. La contraddizione evidente discende dalla legge, del 1970, che disciplina il funzionamento dell'istituto referendario e che dispone che prima si debbano raccogliere le almeno cinquecentomila firme (autenticate da notaio o pubblico ufficiale equipollente) per ciascun quesito, poi venga controllata la regolari

tà delle firme ed infine si pronunci la Corte Costituzionale sull'ammissibilità. Oltre un quarto di secolo di esperienze referendarie ha inequivocabilmente messo in luce l'esigenza di correggere questa anomalia anticipando il giudizio di ammissibilità costituzionale alla prima fase di raccolta delle firme, per esempio dopo le prime cinquantamila, in modo, al tempo stesso, di non sprecare inutilmente energie e di non scaricare sulla Corte Costituzionale richieste assurde o fantasiose e non sostenute da consenso popolare. Si tratta, in sostanza, solamente di correggere (senza che occorrano maggioranze qualificate) una parte di una legge ordinaria, quella che disciplina le procedure referendarie. Già nel 1995 si era affacciata questa esigenza quando erano state presentate alla Corte Costituzionale sedici contestuali richieste referendarie, di cui nove ammesse e sette respinte: ora ben trenta referendum rappresentano una spinta inesorabile alla revisione del funzionamento dell'istituto referendario. In proposito

non sarebbero, invece, delle medicine appropriate le eventuali richieste di elevare il numero di firme necessarie (attualmente cinquecentomila) per rendere più difficile la promozione di referendum: questa sarebbe una scelta contraria alla logica stessa della democrazia diretta che è un contrappeso, un correttivo della democrazia delegata, una delle poche forme che il cittadino possiede per esprimere la propria volontà. Meglio, invece, sarebbe evitare conflitti fra poteri dello Stato come la Corte Costituzionale ed i promotori dei referendum dopo il regolare completamento della raccolta delle firme.

 
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