da "Il Sole - 24 ore" del 25 aprile 1997
rubrica "Intervento"
titolo: "Giornalisti, meglio il voto di questi progetti di riforma"
autore: Franco ABRUZZO - pres. ordine giornalisti Lombardia
Testo:
Abolizione dell'ordine dei giornalisti e istituzione di un Albo dei giornalisti presso il "Garante per la radiodiffusione e l'editoria" che presto dovrebbe essere sostituito dall'"Autorita' per le garanzie nelle telecomunicazioni", struttura a nove teste (quattro commissari scelti dai deputati, quattro dai senatori e il presidente nominato con decreto del Capo dello Stato su proposta del primo ministro d'intesa con il titolare del dicastero delle Poste). La proposta elaborata da Stefano Passigli e illustrata il 16 aprile alla Commissione affari costituzionali del Senato ha in pratica il sostegno dei rappresentanti di tutti i gruppi, dal Polo all'Ulivo. Passigli e' il relatore del disegno di legge firmato dai senatori Tino Bedin e Antonio Duva, progetto di tutt'altro segno (prevede l'autogoverno della categoria attraverso l'Ordine e l'Albo, l'accesso delegato in sostanza all'Universita', regole etiche piu' ampie e rigorose di oggi, professione da svolgere in via subordinata o in via autonoma). La Commissione
ha richiamato al suo esame le altre proposte nel frattempo presentate da AN e CCD vicinissime a quella Bedin-Duva con l'obiettivo di affidare ad un comitato ristretto la stesura di un testo unico.
Dal confronto sviluppatosi alla Commissione Affari costituzionali (il 3 e il 16 aprile) e' emersa una "via" che significa, in tempi rapidi, il superamento della consultazione referendaria del 15 giugno sulla professione giornalistica con una soluzione che suscita forti perplessita' (ma che "e' ritenuta valida anche per gli altri Ordini" dal senatore Felice Besostri). Non era mai accaduto, dal 1908 (anno della prima legge sui giornalisti professionisti) ad oggi, che l'Albo fosse affidato a un organismo di nomina politica (qual e' il Garante monocratico di oggi, indicato dai Presidenti delle Camere, e quale sara' quello di domani, addirittura a nove teste e quindi espressione dei partiti presenti in Parlamento). Se la proposta Passigli dovesse diventare legge, i giornalisti appariranno (o saranno?) vassalli del potere politico, perche' la professione potra' essere esercitata solo dagli iscritti all'Albo tenuto dal Garante.
La nuova normativa - che elimina l'esame di Stato, obligatorio invece per l'accesso a tute le professioni secondo un preciso vincolo posto dalla Costituzione - dovrebbe essere "molto succinta, rinviando la disciplina deontologica a strumenti di autoregolamentazione, con un'apposita normativa transitoria, e affidando alla sede contrattuale la definizione dei rapporti tra i giornalisti e gli editori". Su tale proposta il governo (per bocca del sottosegretario Arturo Parisi) e' neutro.
Nel corso di questo secolo la professione giornalistica ha avuto due architetture legislative: durante il regime fascista, i giornalisti potevano lavorare se iscritti ad un Albo gestito dal sindacato regionale della categoria. L'accesso era in mano agli editori (solo nel periodo 1930-34 funziono' a Roma una scuola dove si poteva svolgere il praticantato alternativo a quello redazionale, mentre all'Universita' di Perugia il corso di Scienze Politiche aveva un indirizzo in giornalismo, che dava ai laureati lo "sbocco", iscrivendosi all'Albo, di esercitare la professione).
Il regime republicano ha dato ai giornalisti l'Ordine e l'Albo e la dignita' piena di professionisti (senza, pero', il possesso di titoli di studio universitari). Solo nel 1977 e' sorta a Milano una scuola di giornalismo, promossa dall'Ordine, dove era ed e' possibile svolgere il praticantato senza l'OK di un editore. Nel 1991 e' stato varato il corso di laurea breve in giornalismo, nel 1996 sostituito dal corso quinquennale nell'ambito di Scienze della comunicazione (i primi corsi saranno attivati nell'ottobre prossimo a Roma e forse anche a Torino).
A questo punto appare opportuno l'accantonamento della proposta Passigli. E' meglio affrontare i rischi del referendum (e sperare nell'astensionismo) che approvare una brutta legge. Non si comprende perche' non venga accolto il punto di vista della Consulta: anche in presenza di un referendum si puo' parlare di un Ordine dei giornalisti diverso (ovviamente) da quello esistente su due punti-chiave: sul punto dell'accesso (la professione aperta a tutti via universita' con esame di Stato in universita') e su quello delle garanzie (certe e a costo zero) ai cittadini soprattutto in tema di rettifica e di tutela dei loro diritti.
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