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De Andreis Marco - 7 maggio 1997
Economia sommersa
L'Economist di questa settimana (3 maggio 1997) dedica un lungo articolo al peso dell'economia sommersa in 17 paesi ricchi. I dati sono tratti da uno studio di un professore all'università austriaca di Linz, Friedrich Schneider.

L'Italia, tanto per cambiare, è alla testa del gruppo: circa un quarto della nostra economia sfuggirebbe all'ufficio delle imposte. Seguono la Spagna, con il 23%, e il Belgio, con il 20% circa. Nel complesso dei paesi esaminati, comunque, il peso dell'economia sommersa ammonterebbe a circa un settimo del totale, con una chiara tendenza alla crescita.

Questa tendenza è da attribuirsi in buona parte al peso e alla complessità dell'imposizione fiscale, che ovunque scoraggiano l'attività economica, oppure incoraggiano l'evasione. Scrive il giornale: "la differenza tra il costo del lavoro per l'imprenditore e il salario netto del lavoratore è del 79% negli Stati Uniti, del 47% in Svizzera, del 200% in Italia. Non è per coincidenza, dunque, che i primi due paesi sono agli ultimi posti nella classifica delle economie sommerse" - con, rispettivamente, il 10 e il 7% circa.

Una quota sostanziosa di un'economia che rimane al nero ha anche altre conseguenze: il tasso di disoccupazione è sicuramente sovrastimato; la pressione fiscale sull'economia emersa è più alta di quanto lasciano pensare le cifre ufficiali. Queste parlano per l'Italia di un 45% circa del PIL (cito a memoria). In altri termini, un cittadino italiano medio non evasore consegna alla Stato, tra imposte dirette e indirette, ben più della metà del proprio reddito.

Con una serie di manovre e manovrine tutte sbilanciate dal lato delle entrate, l'Italia sembra aver imboccato un circolo vizioso: ogni inasprimento fiscale aggiuntivo non è che un incentivo all'evasione e lascia invariata, nella migliore delle ipotesi, l'entità della raccolta. Viceversa, il contenimento delle uscite innescherebbe un circolo virtuoso, permettendo - se non subito almeno a termine - di allentare la pressione fiscale. Verrebbero così incentivate alcune attività economiche ora scoraggiate dal peso e dalla complessità degli obblighi fiscali. Emergerebbero alcuni dei settori sommersi (non criminali) dell'economia. Diminuirebbe la disoccupazione, sia attraverso la creazione di posti di lavoro, sia per effetto di una più accurata fotografia della realtà.

E' anche per questi motivi, credo, che occorre sostenere le ultime iniziative referendarie.

 
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