In un articolo apparso sul "Corriere della Sera" del 14 maggio, il professor Claudio Magris, per difendere l'idea di Stato (più o meno sociale) contemporaneo, sceglie come bersaglio il pensiero libertarian nella sua versione anarco-capitalista. In Italia, grazie al provincialismo e al conformismo di gran parte dell'industria editoriale e del mondo accademico, solo da poco tempo questo filone teorico ha cominciato a godere di una (limitata) diffusione, sebbene negli Stati Uniti, paese di origine, abbia vissuto il suo periodo di massimo vigore negli anni '70 e nei primi anni '80. Dai concetti esposti nell'articolo il dottor Magris evidenzia una conoscenza approssimativa di tale dottrina, acquisita probabilmente sulla scorta delle sintetiche divulgazioni che di recente alcune riviste (ad esempio "Ideazione" e "Panorama") hanno compiuto. Non si spiegano altrimenti i macroscopici errori interpretativi contenuti nell'articolo. L'equivoco centrale, che falsa l'intera argomentazione di Magris, consiste nella confus
ione, per la verità frequente, fra diritto (inteso come codice giuridico) e Stato (inteso come struttura amministrativa). L'equivoco è frutto di un' indistinzione teorica persistente a proposito dell'anarchismo. L'anarcocapitalismo, infatti, ha fra le sue radici dottrinarie l'anarchismo individualista americano (Warren, Spooner, Tucker, Nock), ma non ha niente a che fare con l'anarchismo collettivista europeo. I libertarians di matrice anarcocapitalista, avendo ereditato dal liberalismo classico la visione disincantata della natura umana, non ritengono affatto che l'uomo sia naturalmente "buono" e "virtuoso", e reclamano la necessità di un codice giuridico. Prendendo in considerazione l'esponente di maggior spicco di questa corrente culturale, Murray Rothbard, il punto essenziale è che tale codice giuridico deve essere basato sul fondamentale principio libertario secondo cui è vietato solamente dare inizio alla violenza contro un altro individuo o la sua proprietà (assioma della non-aggressione), mentre è il
legittimo vietare i comportamenti che producono effetti (anche dannosi) solamente su se stessi. Partendo dal principio della intangibilità della proprietà di se stessi e dei beni conseguiti attraverso l'homesteading lockiano, Rothbard elabora i fondamenti di un codice normativo che, a fini esplicativi, possiamo assimilare ai codici penale e civile. E tutto ciò parallelamente alla dimostrazione della non necessarietà di una struttura (lo Stato) che gestisca alcuni servizi in regime di monopolio forzoso. Dunque, nessuna legge del più forte, né disuguaglianza giuridica, né alcun richiamo ad una mitica "età dell'oro" feudale. Dice infatti Rothbard a tale proposito: "Il feudalesimo ... è la sottrazione violenta della terra ai suoi autentici proprietari, i trasformatori della terra ... la rendita feudale è l'esatto equivalente del pagamento da parte dei produttori di un tributo annuale ai loro conquistatori predatori ... il feudalesimo è una delle forme di titolo di proprietà nullo."