Gli antireferendari, per mancanza di argomenti, si sono arroccati su pochi patetici bastioni.
Non sarebbe inutile, alla fine di questa cosiddetta campagna referendaria, a futura memoria, raccogliere in un breviario le deviazioni filologiche (ma non solo) che ci stanno ammanendo.
In difesa di diritti corporativi (accesso ai fondi o ordine dei giornalisti), si sente dire che l'Italia dovrebbe mantenere la sua specialità. Siamo o no la patria del diritto? (sic!)
Per difendere la golden share peninsulare, invece, il gioco è più facile: c'è ovunque, perché dovremmo differenziarci dal resto del mondo?
E poi, i referendum fasulli e utilizzati in modo distorto. Come se la corte costituzionale già non si preoccupasse di respingere i referendum per le ragioni più disparate. Altro che caos legislativo.
Corporazioni "democratiche" d'ogni sorta ci spiegano poi che non bisogna votare, per riqualificare il referendum. Ver è che, come anche Cossiga ci ricordava l'altro giorno, c'è una differenza abissale tra i democratici e i democratici liberali.
Ma siamo in Italia, dove nulla cambia, ma tutto cambia nome.
Che tristezza.