Nei commenti di questi giorni sull'esito dei referendum gronda come l'acqua dai tetti durante un temporale d'estate. Non un guizzo di fantasia, non un briciolo di volonta' di andare oltre: da ogni dove si sentono le stesse parole, che ribadiscono gli stessi giudizi sulla base delle stesse analisi. E i giornalisti banalizzano sempre nello stesso modo. E' il festival del gia' detto, del gia' visto, del gia' fatto.Tutto questo mi preoccupa e mi spaventa.
Credo, dunque, che cio' che e' vitale per noi, adesso, e' evitare di riprodurre, oltre il loro, anche il nostro conformismo. Percio' non mi paiono utili, anzi mi paiono pericolose, le considerazioni basate sul "abbiamo fatti tutto e lo abbiamo fatto bene" (sia detto, Laura, senza alcuna polemica personale, come puoi ben immaginare). Cosi' come mi pare pericoloso per la nostra sopra/vivenza, riprodurre i luoghi comuni del ritorno al passato (rifondiamo il PR nazionale) o del ritorno al futuro (facciamo solo pochi referendum importanti).
Quello che a mio parere, per quel che vale, (ci) occorre e' uno scatto analoga ed equivalente a quella che fu per il PR, dieci anni fa, la scelta transnazionale. In questo senso il congresso (che non potra' che essere di chiusura e di liquidazione del soggetto Movimento) dovra' essere solo uno strumento, non certo la sede di chissa' quali soluzioni catartiche o autoconsolatorie.
