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Partito Radicale Angiolo - 27 giugno 1997
PEDOFILIA, CHE PASSIONE!
di Angiolo Bandinelli

da "L'Opinione", 27 giugno 1997

Quando eravamo ragazzini le nostre madri, sempre in ristrettezze finanziarie, una volta alla settimana ci contavano i pochi soldi per andare al cinema della parrocchia. Erano sale sgangherate, maleodoranti, ma noi facevamo la fila, urlando e dandoci pugni, in attesa che si aprissero le porte per il primo spettacolo. Le pellicole erano già vecchissime, tutte rigate, scricchiolavano ma, sopratutto, molto spesso saltavano, lasciando un breve lampo bianco sullo schermo. In sala, tra fischi e urli, si accendeva la luce e in quei momenti potevano svelarsi scenette imbarazzanti.

Noi sapevamo bene che al cinemetto bisognava stare attenti, e imparammo presto a difenderci. Allora non sapevamo che si chiamassero pedofili, ma li conoscevamo bene. Quando la manfrina diveniva intollerabile potevamo o cambiare posto, o usare le unghie (che avevamo, ovviamente, lunghe e nere). Il vantaggio della seconda tecnica era che non dovevi spostarti, e che il posto accanto si liberava di colpo. Ma se invece di andare al cinemetto salivamo al piano di sopra, nella sagrestia della parrocchia dove si poteva giocare a pallone, non è che le cose andassero meglio. I pedofili con la tonaca erano anche più pericolosi, usavano dei modi melliflui (affinati in quelle conturbanti confessioni, quando gli interrogatori sui nostri peccatucci infantili raggiungevano vertici di lussuria e il linguaggio, il raccontare, produceva momenti di raffinata delizia erotica), nonché della loro autorità morale, del mistero sacrale.

Più grandicelli, diventammo balilla. Siccome eravamo poveri, d'estate le famiglie ci mandavano ai campeggi. Appena arrivavamo a destinazione, la nostra prima preoccupazione era di sceglierci la branda più vicina ad un angolo della stanza, per evitare di essere attaccati almeno da due lati. Ma i riti pedofilici qui si celebravano di massa, gli avanguardisti erano spietati.

Uno, certe cose, tende a dimenticarsene. Poi, a metà degli anni settanta, te le ritrovi davanti, proprio a Napoli, quando vai a comperare le sigarette al Rettifilo, all'angolo con uno dei vicoli dove erano sistemate le bancarelle che vendevano sigarette di contrabbando. La donnona che te le offriva ti offriva insieme, adocchiando i tuoi capelli brizzolati, la bambina caruccia o, preferendolo, il bambino caruccio.

Certo, allora non c'era Internet, tutto era casalingo, sempliciotto, tacitamente accettato. Oggi si fa gran scandalo, perché le nostre società hanno bisogno, per sopravvivere a se stesse, dell'orrore e del mostro. Però fa senso che un collaboratore di Radio Radicale definisca un porcellone l'assistente universitario incolpato di omicidio che colleziona, sembra, annotazioni feticistiche sulle mutande di quaranta ragazze. L'Assessore alla Cultura di Roma, Gianni Borgna, organizza una mostra di mutande e pizzi intimi femminili dal '700 ad oggi. Lui è molto più laico di quel redattore, e la cosa fa meditare sullo scadimento della cultura sadiana. Chissà se Klossowski scriverebbe più il suo celebre saggio, "Sade, prossimo mio?" o avrebbe paura di provocare guai a suo fratello Balthus, che dipinge bambine nude scosciate?

L'erotismo infantile, la pedofilia, trovano i loro migliori cultori in TV. Boncompagni è un grande maestro del genere, i suoi spettacoli di adolescenti sono splendidi, maliziosi, casti e irraggiungibili. Boncompagni è persino riuscito a far regredire all'adolescenza Alba Parietti, rendendola desiderabile e misteriosa come mai. Bravissimo, per favore non arrestatelo.

Angiolo Bandinelli

 
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