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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 1 luglio 1997
NORBERTO BOBBIO: SI', VIA RASELLA FU UN ATTO DI VIOLENZA...
di Angiolo Bandinelli

(L'Opinione, 1 luglio 1997)

NOTA. DI QUESTO ARTICOLO QUESTA MATTINA LAURA CESARETTI, NELLA RASSEGNA STAMPA DI R.R., HA FATTO UNA CITAZIONE CHE NON ESITO A DEFINIRE "DI MERDA". POICHE' E' INACCETTABILE CHE QUESTO ACCADA AD UNO CHE HA RESPONSABILITA' NEL MOVIMENTO DEI CLUB, MI DIMETTO TRANQUILLAMENTE DAL CONSIGLIO GENERALE DEL MOVIMENTO STESSO.

ANGIOLO BANDINELLI

***

Norberto Bobbio che su Via Rasella dà ragione alle denunce pannelliane? Bocca che definisce l'episodio partigiano un fatto di terrorismo, compiuto non per necessità militari ma per fini propagandistici? Forse, i due corifei dell'antifascismo non se lo ricordano, eppure è accaduto. Sentite: "Ritengo che Pannella abbia ragione nell'affermare che tutta la storia della violenza va rivista (...) e che le cose da lui dette sull'episodio di Via Rasella rientrino in questa riflessione. Non vedo come ci si possa sottrarre a una riflessione di questo genere, e ritengo che ciascuno di noi abbia il dovere di farla liberamente, senza correre il pericolo di essere accusato di essere fascista o amico dei fascisti (...). Di fronte al tribunale della storia non ci sono sentenze passate in giudicato".

Nessun dubbio, sono parole di sostanziale solidarietà con il Pannella che indica nell'attentato partigiano del marzo del '43 una delle radici della cultura della violenza, della violenza "rivoluzionaria" cara alla sinistra storica, al PCI di ieri come alle Brigate Rosse. Non pensiamo di commettere, come il Ministro Berlinguer, un errore nella citazione bobbiana. Lo scritto risale al 1979, ma controllarlo è facile. Basta rintracciare il libro dal titolo "Una 'inutile strage'?" uscito in quell'anno, a cura del sottoscritto e di Valter Vecellio, per l'editore Pironti di Napoli.

Ma andiamo con ordine. Il 29 marzo del 1979, in vista delle elezioni del 10 giugno successivo, si apriva a Roma, alla Città Universitaria, il 21^ Congresso del Partito Radicale. Negli stessi giorni, anche il PCI di Enrico Berlinguer teneva all'EUR le sue assise. Il 31 marzo, Pannella aprì il congresso radicale con un intervento, nel quale rievocò la vicenda di Via Rasella in connessione con l'esplosione del terrorismo rosso allora particolarmente virulento: solo un anno prima era stato assassinato Moro dalle BR, e la polemica sulle reponsabilità della tragedia era ancora vivissima. Molti avevano denunciato la tradizione di certa cultura "rivoluzionaria" come una matrice essenziale su cui si erano formati i Curcio e le Brigate Rosse. Pannella precisò: "Se barbari e assassini sono i ragazzi (...) come Curcio che, sulla base dell'iconografia di S. Gabriele e S. Michele, con il piede schiaccia il demonio e diventa giustiziere contro il drago capitalista,(...) allora anche Carla Capponi, la 'nostra' Carla, medagl

ia d'oro della Resistenza, con Antonello Trombadori, con Giorgio Amendola e gli altri devono ricordare quella bomba". E quindi: "Dobbiamo dire che se abbiamo un rapporto di 'intimità' con la storia fascista, abbiamo (...) lo stesso rapporto con i torturatori peggiori, con i miei 'compagni' Togliatti e Curcio..."

La reazione dell'"Unità" e del PCI fu scomposta. Il 1^ aprile, Pannella si recava al congresso comunista dove venne accolto dai fischi dei congressisti e dagli attacchi di Amendola e Lama. Lo stesso giorno, in un secondo intervento al congresso radicale, Pannella affondò il coltello nella ferita chiedendo la revisione nel trattamento giudiziario del Reder e degli Hess, condannati all'ergastolo.

Due mesi dopo, usciva il libro già ricordato, che raccoglieva una serie di interventi, tra cui quelli di Alfassio Grimaldi, Baget Bozzo, Bobbio, Bocca, Del Buono, Galli della Loggia, Guiducci, Lombardo, Manconi, Mughini, Roversi, Settembrini, Stame, Timpanaro, ecc. Tra tortuosi e prudenti distinguo Bobbio finiva, come abbiamo visto, con l'ammettere: "Parlare della violenza, cosa significa se non parlare innanzitutto della nostra illusione violenta che ci portiamo dietro minuto per minuto? Anche a me è accaduto in questi anni di scrivere o di dire spesso le stesse cose." Quindi, dopo qualche inspiegabile frecciata alla campagna per la depenalizzazione dell'aborto dei radicali (l'aborto è "un atto che pure è violento, anzi è l'inizio di ogni violenza sull'uomo...") il filosofo affrontava di petto la questione di Via Rasella, con il giudizio riportato all'inizio. Concludeva così: "Sia ben chiaro: nessuno pensa di rimproverare i protagonisti di aver compiuto il loro spietato dovere...Ci sarà lecito almeno dire,

ancora una volta senza il timore di essere accusati di essere fascisti o amici dei fascisti, che quei trentadue soldati tedeschi erano soggettivamente innocenti?..."

Perfino più grave quanto scriveva Bocca. Da bravo ex partigiano, il giornalista difendeva l'episodio del '43: Roma era stata dichiarata "una città 'aperta', per ragioni di politica del Pontefice, del Vaticano, degli Alleati", riuscendo così ad essere "esclusa dalla guerra partigiana, col beneplacito di Togliatti, che si rifiutò di mandare l'ordine di insurrezione generale per Roma. "In queste condizioni, proseguiva, le formazioni comuniste furono sorprese dall'arrivo degli alleati e a Roma non ci fu insurrezione". " Allora (...) mi pareva fosse giusto che dei gruppi, delle avanguarde partigiane cercassero di coinvolgere la città capitale in una lotta che era lotta di tutto il paese. Questo privilegio di Roma, di rimanere fuori della guerra, mi sembra un privilegio un po' immorale... Con quell'atto, e chiamiamolo pure 'terroristico', si era cercato di far capire al paese e al mondo che anche a Roma si combatteva contro i tedeschi...". Insomma, secondo Bocca, l'attentato, più che una azione di guerra contro l'

invasore fu un bvero e proprio messaggio trasversale indirizzato agli alleati, al vaticano e magari al Papa.

Degli altri interventi, alcuni giustificavano l'episodio, altri lo condannavano, più o meno aspramente. Ma ci è parso particolarmente interessante restituire al lettore quanto venti anni fa scrissero Bobbio e Bocca, i due pilastri della cultura democratico-ulivista. Nella polemica che oggi sostiene nel vedere riaperto il caso, non piacerà a Bocca sentirsi rinfacciare di aver definito "terroristico" e propagandistico l'attentato partigiano, visto che tutta la questione verte proprio sulla liceità o meno di quella "azione di guerra". E il Bobbio di oggi non si rallegrerà di essere stato, venti anni fa, a a fianco di Marco Pannella nella condanna di questo episodio come ogni forma di violenza e di aver dichiarato che "di fronte al tribunale della storia non ci sono sentenze passate in giudicato." Eppure è accaduto. Perché? E' semplice: venti anni fa faceva fino "distinguersi", oggi invece si fa blocco. I barbari sono alle porte.

Angiolo Bandinelli

 
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