Mi pare che il termine "liberale" susciti non raramente qualche diffidenza nell'area radicale-pannelliana.
Un noto amico del Movimento mi diceva, una volta: - Sempre quella parola, lasciamola
perdere: mi ricorda il PLI!
Ed altri, indicandomi qualcuno che non conoscevo: - Quello e' liberale, COME TE.
Non pochi, credo, considerano l'aggettivo piu' che altro come uno scomodo "obbligo" della parentesi "tentativi con il Polo", insieme a "liberista" (ma qui ci vuole un discorso a parte),
e tornano, con sollievo, al rassicurante "radicale".
Ma che altro significa radicale, se non liberale vero, e non fasullo?
Le parole sono importanti... Se il PLI, con tanti altri, ha usurpato il
termine, il termine continua ad avere un senso, il senso della politica "radicale"
e "pannelliana" di sempre, quella per le liberta' personali, politiche, economiche
nel nostro paese, come quella contro lo sterminio per fame nel pianeta.
Una questione lessicale? Qualcuno si sente piu' a suo agio con "liberale di
sinistra" (ma ha un senso, qui, oggi, una contrapposizione politica fra
liberali di destra e liberali di sinistra?), altri con liberalsocialista...
Io non credo che la "copertura a sinistra" aggiunga nulla...
Personalmente "liberale" mi e' sufficiente: include gia', di per se', ogni
forma di difesa dei piu' deboli compatibile con la democrazia e con le liberta'
come le intendo. Come le intendiamo.