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Conferenza Movimento club Pannella
Poretti Donatella - 29 luglio 1997
TORNA L'IPOCRISIA DEI PARTITI-STATO
La proroga del finanziamento pubblico

CORRIERE DELLA SERA martedi', 29 luglio 1997

di PAOLO FRANCHI

Avviso ai politologi e ai costituzionalisti: la Prima Repubblica e Mezzo ha gia' prodotto una signifi- cativa innovazione politico-parlamentare. Questa: quando non e' chiaro come salvare assieme capra e cavoli, e' buona regola lasciar liberi i propri deputati di regolarsi a modo loro. Lo ha gia' fatto il Pds, prima sulla legge Rebuffa, sulla riforma dell'articolo 513 del codice di procedura penale poi. Adesso, salvo contrordini, e' il turno di Forza Italia. Che, dopo avergli dato via libera al Senato, preannunciava fuoco e fiamme alla Camera sul provvedimento che proroga al 31 dicembre il termine entro il quale i contribuenti possono scegliere se destinare ai partiti il 4 per mille delle imposte.

Invece, con buona pace di Marco Pannella e della pattuglia "liberale" degli Azzurri, niente fuoco e niente fiamme. I deputati di Forza Italia, fa sapere il capogruppo Beppe Pisanu, voteranno secondo coscienza. A larga maggioranza contro. Ma senza troppe polemiche verso chi votera' a favore: il grosso del centro-sinistra e Alleanza nazionale.

Cosi', in questo clima limpido, gia' oggi Montecitorio dovrebbe approvare il decreto che, nel secondo dei suoi tre articoli, si occupa, per cosi' dire di passaggio, di come salvare 110 miliardi destinati ai partiti dalla legge varata il 23 dicembre scorso. Meno del 4 per cento degli italiani ha destinato ai partiti una pur piccola parte delle tasse, mentre la legge prevedeva che dovessero essere almeno il 15? Fa nulla, sicuramente si e' trattato di scarsa informazione o di schede aggiuntive non inviate in tempo utile. Ci sono cinque mesi per rimediare. Informateli come si deve, predisponete il materiale necessario e vedrete come aumenteranno i cittadini disposti ad accollarsi i costi della politica.

E' quasi inutile dire che a una simile favoletta non crede nessuno, nemmeno chi la racconta. Ma, a quanto pare, e' ancora piu' inutile chiedersi come mai nessuno, ne' la maggioranza ne' l'opposizione, si risolva a prendere per le corna il toro del finanziamento della politica. Cominciando con il riconoscere l'ovvio, e cioe' che ciascuno di noi puo' essere disposto a contribuire per il partito che vota, o per un partito che in determinati frangenti svolge, a nostro insindacabile giudizio, una funzione essenziale, non per il sistema dei partiti in quanto tale. E proseguendo con l'interrogarsi apertamente su che cosa mai debbano essere, alla vigilia del Terzo Millennio, i nostri parti- ti. Articolazioni dello Stato, o supplenti dello Stato medesimo, come erano di fatto, se non certo nella Costituzione, durante la Prima Repubblica? In questo caso, sarebbe giusto continuare a ricorrere, nonostante il referendum del '93, alla fiscalita' generale. Cosi' come vollero, con gli esiti che conosciamo, la

legge del '74 e quella dell'89.

Ma se, viceversa, si ritiene che quei grandi e piccoli partiti-Stato non ci siano piu' e non debbano risorgere sotto altra veste, e che viceversa ogni tentativo di restituire dignita' e attrattiva alla politica passi anzitutto per un suo nuovo radicamento nella societa', allora il discorso cambia. Anzi, si rovescia. Il ruolo del contributo pubblico si ridimensiona assai. E cresce assai quello delle erogazioni liberali, rigorosamente regolamentate, delle persone fisiche e giuridiche. Ai partiti, certo. Ma ancora di piu' ai candidati, ai progetti, alle campagne.

Forze politiche che si prefiggono addirittura di cambiare insieme la Costituzione di questo dovrebbero discutere, perche' non si viene a capo della decisiva questione dei costi della politica senza chiedersi contemporaneamente quale politica e quali partiti vogliamo. Tutto al contrario, maggioranza e opposizione continuano ad affrontare il problema quasi di soppiatto, come se si trattasse di panni certo non piu' sporchi come una volta, ma comunque da lavare il piu' possibile in famiglia. Tra i tanti motivi che autorizzano a dubitare degli esiti della nostra transizione, questo non e' davvero secondario.

 
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