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Cora Segr.Recapiti - 16 novembre 1994
RELAZIONE POLITICA SU AGENZIA
RELAZIONE DELLA SOTTOCOMMISSIONE TOSSICODIPENDENZE DEL COMUNE DI TORINO SUL PROGETTO DI AGENZIA CITTADINA SULLE TOSSICODIPENDENZE

La presente relazione ha due obiettivi:

- evidenziare sinteticamente gli aspetti più rilevanti dei contributi che i diversi soggetti (gruppi, associazioni o organi istituzionali) hanno voluto portare al progetto di Agenzia Cittadina sulle tossicodipendenze (ACT);

- esprimere gli indirizzi della commissione in ordine alla realizzazione del suddetto progetto.

La relazione si articolerà in alcuni punti (Finalità; Approccio Metodologico; Strumenti ed obiettivi; Comunicazione con la città), attraverso i quali si potrà schematicamente comprendere il corso e la natura della discussione svolta.

FINALITA'

La bozza contenente le linee generali del progetto ACT, che nella sua sommarietà delinea comunque le forme di una possibile riconversione delle politiche del Comune in materia di tossicodipendenze, esprime, al di là delle indicazioni concrete suscettibili di migliore elaborazione, due esigenze obiettivamente imprescindibili:

a) l'una di ordine metodologico, e di natura istituzionale, è quella di coordinare il complesso degli interventi in materia di tossicodipendenze, la cui responsabilità è oggi attribuita, sulla base della presente legislazione, a diversi organismi istituzionali, con una evidente frammentazione di ruoli e competenze.

Questo deriva ovviamente dalle diverse implicazioni che un fenomeno quale il consumo di sostanze psicoattive, proprio perché proibito dalla legge, comporta sul piano giuridico, costringendo l'autorità pubblica a misurarsi con un insieme di problemi estremamente diversi e straordinariamente allarmanti (siano essi di natura sanitaria, assistenziale, sociale, economica o criminale).

Ciò che, invece, le legislazioni nazionali e internazionali trascurano, innanzitutto sul piano istituzionale, è la necessità di superare un approccio puramente settoriale al fenomeno droga (sia esso sanitario o giudiziario), per passare a forme di governo politico complessivo - di politica sulle droghe - che non si limiti a riflettere la complessità e la multiformità del fenomeno, (con il rischio di costruire, attorno ad ogni aspetto del problema, un labirinto di gradi istituzionali, competenze, livelli di mediazione e di composizione degli interventi...).

La prima esigenza da soddisfare è, insomma, che, almeno sul piano locale, la politica sulla droga sia coordinata e integrata, nei suoi strumenti e nei suoi obiettivi;

b) l' altra esigenza, di ordine sostanziale e di natura politica è quella di modificare le politiche concrete di intervento sulle dipendenze, fino ad oggi rigidamente ancorate, con poche eccezioni, ad un paradigma disintossicazionista.

La definizione di un programma anche minimo delle città in questa materia non può, invece, che fondarsi sulla consapevolezza che la stragrande maggioranza degli utenti potenziali di servizi, prestazioni e opportunità, è costituita da individui in stato di tossicodipendenza attiva. Questa è di per sé la condizione su cui è più necessario intervenire - proprio per l'assenza di qualunque volontà riabilitativa da parte del tossicodipendente - con un complesso di sistemi sociali e sanitari in grado di contenere i rischi ed i danni connessi al consumo di droghe.

Quindi:

- il patto terapeutico e "sociale" preliminare e decisivo non è quello fondato sulla disponibilità, più o meno presunta od accertata nel tossicodipendente, ad astenersi dal consumo di sostanze, ma sulla sua determinazione ad avanzare domande di salute, integrazione, ruolo sociale, anche in presenza di una tossicodipendenza attiva;

- le strategie miranti ad indurre coattivamente l'accesso a percorsi terapeutici (in parte sostanziale "disinnescate" dal referendum) sono, al di là del merito, perdenti dal punto di vista politico e sanitario, perché selezionano in modo abnorme e irragionevole fra la popolazione tossicodipendente una parte, comunque marginale e minoritaria, destinataria di tutto il complesso di interventi e prestazioni.

APPROCCIO METODOLOGICO

Con il termine "approccio metodologico" non ci si riferisce tanto, in questa fase, alle modalità di approccio al problema droga, quanto a forme che rendano possibile la costituzione di un meccanismo di coordinamento fra competenze e professionalità diverse, nella stragrande maggioranza dei casi istituzionalmente autonome, indipendenti e non sottoposte ad una comune autorità gerarchica.

Rispetto alla costituzione dell'ACT, il primo problema politico è rappresentato dalla definizione di un profilo istituzionale nuovo che consenta forme di collaborazione efficace, e non finisca per essere condizionato da rivendicazioni di autonomia non solo operativa, ma anche burocratica, che i diversi soggetti, interessati o competenti ad interventi sulla tossicodipendenza, tendono naturalmente ad avanzare.

Il problema è estremamente delicato: è evidente che l'ACT dovrà servirsi della esperienza e della competenza di soggetti (operanti in campo sociale, sanitario, assistenziale...) nei confronti dei quali non è possibile né politicamente opportuno, imporre burocraticamente indirizzi e strategie.

E' ancora più evidente che l'ACT non dovrà sostituirsi con compiti di supplenza (politicamente ed istituzionalmente sciagurati) all'opera di quanti sono investiti di competenze specifiche dalle legislazioni nazionali.

Dovendo assolvere a compiti di indirizzo e coordinamento delle politiche, l'ACT non potrà configurarsi come ente erogatore di prestazioni.

Ciò che, invece, è necessario, affinché venga svolta efficacemente la funzione di coordinamento che la sottocommissione ritiene debba essere attribuita all'ACT, è che l'Agenzia possa valersi dell'esperienza dei diversi soggetti interessati su di un piano di certa e continua collaborazione politica.

Tale grado di collaborazione e integrazione è ovviamente possibile laddove i diversi livelli istituzionali (Questura, Magistratura, Prefettura, Sert, privato sociale...) condividono, più che uno specifico campo di interventi, le finalità delle strategie che di volta in volta sono messe in campo.

E' necessario che ciascun soggetto riconosca l'autorità dell'ACT nella definizione delle linee e degli indirizzi delle politiche sulla droga, ma è necessario che tale rapporto di collaborazione non si configuri per nessuno nella forma di una pura subordinazione burocratica.

Proprio per questa ragione l'ACT non può ridursi al ruolo di una consulta permanente o di un comitato interistituzionale. Ad essa va riconosciuto un potere istituzionale ed un profilo istituzionale certo nel quadro di quelli previsti dall'Amministrazione Comunale.

INTERVENTI E STRUMENTI

E' bene definire le aree di intervento verso le quali l'attività dell'ACT dovrà primariamente indirizzarsi, promuovendo e coordinando azioni capaci di realizzare vere innovazioni e concrete riforme delle politiche sulla droga. A tal fine è opportuno chiarire quali siano le "aree scoperte" ed i bisogni insoddisfatti della popolazione tossicodipendente e consumatrice di droghe.

Esiste, innanzitutto, l'area costituita dai tossicodipendenti attivi, che non accedono, per scelta o impossibilità personale, a programmi di disintossicazione e riabilitazione. Essa è composta da una percentuale della popolazione tossicodipendente che - dati un periodo ed un'area di riferimento - è sempre eccedente rispetto a quella dei tossicodipendenti che intraprendono programmi terapeutici propriamente detti.

Bisogna dunque riconoscere l'esigenza di definire programmi di intervento per quella quota maggioritaria della popolazione tossicodipendente che, pur essendo virtualmente in grado di mutare il proprio rapporto con la sostanza, non è in grado di portare a termine programmi riabilitativi.

Per politiche di riduzione del danno intendiamo, quindi, il complesso degli interventi sanitari, sociali e assistenziali capaci di ridurre i rischi e di contenere i danni individuali e sociali connessi all'uso di sostanze psicoattive.

I programmi di riduzione del danno non possono essere esclusivamente sanitari, per quanto siano essenziali misure di prevenzione, profilassi ed educazione sanitaria diffuse ed efficaci.

Tali programmi devono, innanzitutto, mirare a rendere ed a considerare il tossicodipendente come un soggetto attivo e passivo di diritti, con il quale, in sede terapeutica od in altra forma, è possibile stringere un patto: un patto "debole" fondato sul riconoscimento di responsabilità individuali e sociali, prima che sull'effettiva disponibilità a sospendere l'uso delle sostanze.

Al di là dei singoli strumenti che le legislazioni nazionali ed internazionali mettono e metteranno progressivamente a disposizione (ivi compreso quello della somministrazione controllata di oppiacei che alcune realtà europee stanno sperimentando), è evidente che una strategia che non riconoscesse l'opportunità di forme d'intervento sulla quota maggioritaria della popolazione tossicodipendente è da considerarsi in sé stessa assurda prima che fallimentare.

La bozza del progetto enumera una serie di strumenti ed interventi innovativi.

Non si ritiene opportuno ridefinire, in questa sede, il complesso degli interventi delineati nella bozza del progetto, poiché tale lavoro dovrà necessariamente essere svolto dalla stessa Amministrazione, che, sulla base delle proprie disponibilità e per quanto di propria competenza, dovrà dare concreta attuazione agli indirizzi contenuti nella bozza preliminare, insieme agli altri soggetti interessati.

In questa fase sottolineiamo l'importanza di strumenti quali:

- una rete di distributori automatici e di scambio delle siringhe, diffusa e capillare, valida, oltre che come misura di prevenzione, come elemento di richiamo alla responsabilità nei confronti della propria e dell'altrui salute;

- unità mobili, come strumenti riconoscibili di contatto informale, in zone della città che il mercato criminale delle droghe sembra relegare in una sorta di extraterritorialità rispetto alla comunità urbana;

- programmi di distribuzione di farmaci sostitutivi, per garantire forme di normalizzazione della condotta individuale dei cittadini tossicodipendenti, oltre che per arginare il rischio di un'ulteriore diffusione dell'AIDS e delle altre patologie correlate all'assunzione di droghe per via endovenosa;

- "centri crisi" fissi e aperti sulla strada, per favorire un contatto diretto con le esigenze dei tossicodipendenti, eliminando qualunque grado di mediazione burocratica;

- centri di accoglienza "a bassa soglia", capaci di assicurare forme di assistenza della tossicodipendenza attiva, rappresentando uno strumento di ridefinizione del rapporto con la sostanza, con la dipendenza, con la volontà di remissione, con la strada;

- programmi di auto-aiuto, di "relazione orizzontale" fra tossicodipendenti, come elemento di responsabilizzazione e di modifica delle dinamiche socialmente e individualmente più distruttive connesse alla dipendenza (illegalità), violenze, incuria ed imprudenza nel rapporto con il corpo...).

COMUNICAZIONE CON LA CITTA'

E' necessario che alle innovazioni e alle riforme delle politiche sulla droga segua un'opera d'informazione affinché i cittadini comprendano il senso, la logica ed il valore delle riforme e non divengano vittime di inutili allarmismi.

La percezione del fenomeno droga nella realtà urbana influisce in maniera determinante sul rapporto che la cittadinanza finisce per avere con le scelte dell'Amministrazione. E' paradossale che, trattando di politiche sulla droga, siano proprio gli interventi finalizzati a contenere il costo sociale del fenomeno quelli che maggiormente sono soggetti a speculazioni, interpretazioni strumentali e anatemi ideologici. Quanto più viene maturando un sentimento di estraneità nei confronti di un fenomeno che non rappresenta in senso proprio un'"emergenza", ma, pur nella sua enorme problematicità, una realtà normale, in certo modo ordinaria, con cui, con gli effetti che conosciamo, tutti i grandi centri urbani devono misurarsi, tanto maggiore è il rischio di essere costretti a ridurre, sospinti dall'opinione pubblica, le politiche sulla droga, a politiche di semplice repressione criminale. Anche in questa direzione è necessario che l'ACT porti un contributo di prudenza e ragionevolezza.

E' evidente che, perché la cittadinanza comprenda e magari collabori a forme di sperimentazione nel campo delle tossicodipendenze l'Amministrazione deve mobilitarsi insieme agli organi preposti, perché vengano al più possibile soddisfatte quelle esigenze di ordine pubblico e sicurezza sociale che la cittadinanza avverte, minacciata da fenomeni che non coincidono, ma, per la stessa natura del mercato illegale delle sostanze psicoattive, s'intrecciano con i fenomeni di dipendenza.

Sono infatti del tutto giustificati a questo riguardo la preoccupazione e l'allarme dei cittadini:

il potere della criminalità organizzata ed i fenomeni di microcriminalità diffusa rappresentano evidentemente elementi di sovvertimento dell'ordine civile, di condizionamento dell'economia legale, di disgregazione del tessuto sociale, cui bisogna rispondere anche con politiche serie di ordine pubblico e di repressione criminale (la cui responsabilità e la cui competenza non può essere attribuita comunque in primo luogo all'amministrazione comunale).

Allo stesso modo è importante che vengano stroncati, anche sul piano della informazione e della comunicazione pubblica, quei tentativi di speculazione e strumentalizzazione del disagio sociale connesso al mercato criminale delle droghe che vogliano attribuire specifiche responsabilità alla particolare insipienza della Amministrazione Comunale. Questo sarebbe falso sul piano storico, e demagogico sul piano politico, poiché tanto il fenomeno quanto le dimensioni del fenomeno che Torino si trova ad affrontare sono, nella loro natura e nel loro rilievo, comuni a tutti i grandi centri urbani del mondo industrializzato.

A quest'opera generale di informazione e "dialogo" con la città, può concorrere anche un intervento sulla popolazione tossicodipendente, con iniziative di comunicazione (numero verde, giornali "di strada"), mirate ad innescare dinamiche, solo apparentemente marginali, di autoriconoscimento e definizione del ruolo sociale, che condizionano in modo positivo le aspettative ed i comportamenti dei tossicodipendenti rispetto alla domanda di salute, all'uso ed alla cura del corpo, ed alle relazioni che essi intrattengono con i soggetti di riferimento (la scuola, la famiglia, la società nel suo complesso...).

Torino, 6 aprile 1994

 
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