Due secoli dopo...Il "Terzo Stato" dell'impresa, della produzione, del lavoro e della scienza; dei non garantiti e delle vittime dello "Stato"; dei "padroni" e dei disoccupati; dei sette milioni di partite IVA, dei cinque milioni e mezzo di imprenditori e dei tre milioni di senza lavoro, degli immigrati e dei nonemigranti; dei cittadini senza diritti. Il "Terzo Stato" italiano c'è e vive in un sistema ed in un regime letteralmente fuorilegge e di fuorilegge, sotto un dominio burocratico ed in condizioni prerivoluzionarie. La secessione del diritto e della libertà, del popolo produttore e oppresso da questo "Stato" partitocratico e criminogeno, corrotto e corruttore, dalla nomenklatura degli oligarchi e delle anime morte è urgente, necessaria e soprattutto possibile. Il regime, per impedirla, sta stracciando come mai negli ultimi 50 anni la Costituzione e la legalità. Ma è sempre più impotente, fragile ed isolato. Occorre che l'identità degli interessi di ceti e classi un tempo divise ed opposte divenga consapevolezza e fo
rza rivoluzionaria e riformatrice. Occorre trovare e offrire a tutti, al popolo, le armi di questa rivoluzione possibile, a portata di mano e di firma. E tornare a farlo, inesausti, fino a quando non sarà Riforma. Bikamerale? No. Rivoluzione!
Sette milioni di "partite IVA". Quattrocentomila "imprenditori" del NordEst. Stato e leggi che soffocano, corrompono, esasperano, falliscono e fanno fallire. La insostenibile pressione fiscale. Non si può assumere perché non si può licenziare. Non c'è libertà politica se non c'è anche libertà economica, d'impresa, di lavoro. Occorre urgentemente... (riformare lo Stato sociale, la Previdenza, il regime delle pensioni, lo Stato, le istituzioni, ecc...). La giustizia non funziona, ci vogliono dieci anni per riscuotere un credito, liberare il solo appartamento che si possiede, esser riconosciuto innocente, veder condannati i colpevoli, i corrotti ed i corruttori... Ci vuole l'Unità europea e italiana, la Secessione, il semipresidenzialismo francese corretto all'italiana, alla neozelandese, alla libanese, al diavolo!
Se potessimo assumere part time, a domicilio, a tempo determinato, già da subito tutto cambierebbe
Il Sindacato, i sindacalisti, i burocrati parassitari delle Confederazioni, i "caporali" di categoria e di mestiere, i "distaccati" a vita, le Bicamerali con cucina, e, ogni giorno, ogni ora, tutti i giornali, tutte le televisioni, che ripetono lo stesso disco ossessivo: i tavoli di concertazione, con concertati, concertini e blablabla; e i blablabla sui blablabla dei soliti quacquaraqua; "informano" su tutto, tranne che su ciò che potrebbe davvero informare ciascuno di quel che può fare per realizzare quanto vuole realizzare; tranne che su quanto sarebbe già possibile a ciascuno, ora e su quasi tutto, o almeno su quel che gli conviene e gli interessa.
Certo, ci sono i pedofili, gli "albanesi", i pentiti, gli arrestati, e, a gogo, Prodi e Cofferati, D'Alema e Berlusconi, Bertinotti e Ribertinotti: ma mai le lotte civili, ma mai l'epopea quotidiana o la tragedia di una sola fra le seisette milioni di famiglie di imprenditori, di commercianti, di artigiani, di professionisti onesti, di lavoratori dipendenti che con il sostituto d'imposta ritenuta alla fonte in busta paga lavorano fino al 15 del mese per "lo Stato", e solo dal 16 per sé e per la propria famiglia.
Che noia e che nausea, oltre che sdegno!
Un sistema, un regime, un ceto dominante burocratico che non conta nemmeno un milione di membri effettivi, cui tutto è delegato, mentre il popolo soffre, mugugna, si rassegna o smadonna, ma non conta o non fa nulla: se non tornare a votare sempre per gli stessi, o gli stessi "diversi" di nomina del potere; se non continuare ad "arrangiarsi" ben sapendo che non potrà farlo all'infinito, ma facendo come se non lo sapesse.
Poco più di due secoli fa, meno di una dozzina di generazioni, in Francia la situazione non era molto diversa.
"Parigi" (come oggi "Roma") sembrava sempre più onnipotente. Il Re, la Corte, il famelico apparato di Stato, con esattori, coscrittori, nobili e nobilastri, esercito, clero e magistrati mezzo milione di persone in tutto dominavano sempre più esosamente e fruttuosamente istituzioni e società "civile", la gran massa degli "emergenti" della nascente borghesia produttiva e commerciante, le plebi cittadine e le masse contadine.
Le tasse erano sempre più insopportabili e disumane, ingiuste e dilapidate.
La Francia di Luigi XVI, ben più di quella di Luigi XIV, il Re Sole, sembrava monoliticamente costituita in regime. Per istinto di conservazione si erano controllate e ridotte le contrapposizioni interne fra i D'Alema e i Berlusconi, i Sindacati e le Confindustrie, gli Agnelli e i Prodi, e fra i ceti parassitari di allora:
spartizioni e ridistribuzioni di prebende, e di sottopoteri, "riforme" anche allora operate con la coscienza di appartenere ad un unico Palazzo.
Ma "fuori" premevano nuove idee e nuovi interessi, nuovi ceti e nuove tecnologie, "globalizzazioni" incontrollate, e non previste, nuovi "ricchi" e nuove "miserie" oggettivamente alleate o alleabili, in dimensioni tali da non poter esser più cooptate o "accontentate" e corrotte dallo Stato centralista e assistenziale di allora. Il deficit pubblico diveniva spaventoso mentre la forza produttiva delle nuove professioni, della nuova imprenditorialità veniva soffocata e compressa, finché non esplose.
Crebbero nel Paese i "quaderni di doglianze", si vennero affinando ed arricchendo richieste corporative e generali, puntuali e sempre più estese, minuziose e smisurate rispetto alla capacità di assorbimento e di corruzione dello Stato, fino a che non si affermò una cultura alternativa, militante, politica, via via sempre più sospinta (e anche inquinata) da grandi idee e utopie non meno che da forze riformiste interne del regime.
Il potere diveniva sempre più impotente e violento; la coscienza di ciò, della forza dei loro interessi e del numero, delle idee di libertà e di giustizia, da cui erano animati e di cui si servivano per alimentare la rivolta, incoraggiava le poche migliaia di nuovi "borghesi" a pretendere di partecipare al governo del Paese ed a conquistarlo.
A Parigi non mancarono tentativi di rinnovamento del regime, soprattutto sul piano della politica economica; non mancarono superministri delle Finanze con velleità "liberiste" o "riformatrici". Pure i falsi Necker di oggi, ricordano a volte quelli di allora.
Quando per dirla con l'abate Seyes questo "Terzo Stato" prese coscienza di sé, di esser "tutto", se consapevole, o, altrimenti, nulla , iniziò ed esplose la Rivoluzione e il vecchio Stato onnipotente fu spazzato via in un baleno, forse perché non si tentò di sacrificarne una parte cospicua per salvarlo tutto, come è stato fatto in Italia con la liquidazione fulminea e feroce del CAF, della corrente CraxiAndreottiForlani.
Anche oggi il "Terzo Stato" delle sette milioni di partite IVA; dei cinque milioni e mezzo di "imprenditori"; dei 400 mila "imprenditori del NordEst" e dei 3 milioni di disoccupati... Il "Terzo Stato" dei quaranta milioni su cinquanta di elettori italiani, che vorrebbero il sistema "americano", bipartitico, federale, con presidenti e governatori direttamente eletti a capo dell'esecutivo, con una legge elettorale chiaramente maggioritaria, secca, ad un turno; che rigettano con sdegno il "finanziamento pubblico" dei partiti; che rivendicano libertà economica e diritto di iniziativa; che riformerebbero radicalmente l'amministrazione della giustizia e delle finanze in direzione dello Stato di diritto e del mercato; che sono e sono stati per i diritti civili, laici, libertari, contro i DNA delle due grandi chiese mondane, la cattolica e la comunista, difendendo così anche la fede, la coscienza e la libertà dei credenti e dei cittadini
Questo "Terzo Stato" sembrerebbe destinato ad essere anche questa volta sconfitto e distrutto dal sistema di potere esistente, e dalle sue polimorfe incarnazioni e propaggini; dal mondo della conservazione partitocratica, corporativista, burocratica, culturale degli Agnelli e dei Bobbio, dei Berlusconi e dei D'Alema, delle Confederazioni sindacali e di quelle "padronali" o di categoria; da una "comunicazione" tutta ma proprio tutta incapace di trasmettere informazione, conoscenza, dialogo, democrazia.
Perché, in realtà, basterebbe il Triveneto, il NordEst
La secessione vera, quella dalla politica e dal potere che da ottanta anni dominano l'Italia e gli italiani, può infatti esplodere, come nuova unità, dall'oggi al domani.
Quando la Rivoluzione del Terzo Stato per difendersi e radicarsi distribuì le "armi al popolo", fece così del popolo un esercito, una giustizia, una fede; ne fece cioè l'erede, e non l'alternativa, dello Stato e del potere monarchico. Riuscì a difendere la Francia dalle coalizioni europee suscitate dal Terrore e dal terrore della rivoluzione, ma a prezzo del fallimento ideale. Occorsero infatti decenni perché la via della libertà e del diritto riprendessero il loro cammino.
Cosa c'entra tutto questo con noi, con l'Italia di oggi, con il nostro tempo e la nostra società?
Scegliere fra cinquanta o cinque milioni di famiglie di imprenditori; fra il mercato liberale e democratico e il mercato delle vacche in cui le oligarchie politiche, sindacali ed industriali si scambiano favori e privilegi, "coperture" e riconoscimenti; fra la storia e l'universo degli interessi FIAT, fra il nuovo statalismo da una parte e, dall'altra, un nuovo capitalismo liberale italiano: scegliere fra queste alternative, urgenti e drammatiche è oggi necessità vitale per il Paese, oltre che per la immensa maggioranza degli imprenditori e lavoratori dell'industria, del commercio, dell'artigianato e delle nuove "libere professioni".
Lo scontro sociale con il ceto burocratico dominante, la sua cultura, i suoi tempi, i suoi metodi, va ricercato, ormai, e non più evitato; né i ceti produttivi antiburocratici e antistatalisti possono contare sulla cooptazione in questo sistema di potere, e sulla ricerca, al suo interno, di nuovi e più favorevoli equilibri; questa subalternità imporrebbe loro prezzi troppo alti, e sarebbe comunque, per loro e per il paese, un'operazione in perdita. La "concertazione" istituzionalizzata è antiliberale e contraria al funzionamento dello Stato democratico e di diritto. Il prepotere sindacale è ad ogni giorno che passa sempre più deleterio e costoso, famelico e autoritario. Le leggi sullo sciopero sono state violate, in un breve periodo di tempo, oltre tremila volte, senza scandalo e senza conseguenze.
Lavoratori e imprenditori, a livello di massa, sono sempre più, culturalmente e per interessi, contigui e convergenti. Hanno interessi comuni, opposti a quelli che sono comuni alle loro "confederazioni". Il Sindacato serve molto più alla FIAT ed alle cinquanta famiglie del suo entourage che ai lavoratori ed ai cittadini non garantiti; la FIAT serve molto di più al potere burocratico dei partiti e delle oligarchie che agli interessi del nuovo capitalismo italiano che può esser espresso da cinque milioni di imprenditori.
I tempi della "politica" di potere sono assolutamente opposti a quelli richiesti dalle urgenze liberali e di mercato. Per questo noi abbiamo in questi anni elaborato sempre più puntualmente e sempre più sistematicamente i moderni "cahiers de dolèances", i quaderni delle doglianze dei cittadini, dei lavoratori, degli imprenditori. Nessuno se ne accorge?
Fra i circa settanta quesiti che oltre mezzo milione di elettori hanno sottoscritto in questi anni (e ancor più nei 35 oggi depositati nei Comuni, presso i Notai, nelle Cancellerie dei Tribunali) i cittadini liberali, gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani, i nuovi professionisti, i ceti non garantiti, possono trovare i loro obiettivi e la forza di perseguirli senza inganni e mediazioni "politiche" o "sindacali", in modo diretto e responsabile.
Anche noi, oggi, abbiamo "distribuito le armi al popolo". Abbiamo costituito oltre sedicimila depositi di queste armi in tutto il territorio nazionale. Ogni imprenditore, industriale, commerciante, artigiano, ogni democratico e liberale, può imporre con urgenza decine di leggi abrogative che corrispondono alle immediate e maggiori necessità della propria personalità, del proprio lavoro, della propria impresa.
Grazie alla nostra forza umana, politica e culturale, abbiamo reso possibile al "Terzo Stato" se avrà coscienza della propria esistenza e forza di tornare a vincere, ad affermarsi, dopo più di due secoli: oggi in Italia come ieri in Francia.
Basterebbe una campagna di informazione; una come a decine sono condotte per spaghetti o per creme abbronzanti, per nuovi gelati o per biancheria intima per signore e signori per fare scoccare una scintilla e divampare l'incendio della Riforma di libertà e di giustizia.
Basterebbe una piccola parte di quel che Lorsignori hanno dovuto o voluto "dare", e ancora danno o sono pronti a "dare", a camorre di Stato o "private", a finanzieri corrotti o corruttori, per liberarsi, per affermarsi ancor meglio e più. Basterebbe, basta il "NordEst" Basterebbe "il Veneto" e perché no la Campania o il Sud di Antonio D'amato. Basterebbero alcuni imprenditori e le loro famiglie, per liberare tutta l'Italia e tutti gli italiani dalla piovra che soffoca e strangola i capaci e gli onesti, in Veneto, o in tutto il Mezzogiorno.
Una o più "Padanie" indipendenti, con finanziamento pubblico dei partiti, con i "soliti" padroni privati e di Stato, con la "proporzionale" o decine di partitini, non armerebbe il popolo di armi democratiche, legali; moltiplicherebbe e renderebbe ancora più insopportabile e costosa la vita delle persone, del mercato, del diritto. Secessione? Sì. Quella del Terzo Stato dalla politica degli usurpatori e degli oligarchi, dei conservatori e dei burocrati: quella della giustizia e della libertà contro qualsiasi "Stato", terrone o polentone che sia, con quale accento che parli, poiché gli infami, gli incapaci, i violenti, i ladri, gli oppressori e i (loro) servi nascono ovunque, e ovunque a cominciare dal proprio paese devono esser battuti.