Rivoluzione liberale, dunque.
Terzo Stato, ovvero degli esclusi.
Infatti, i momenti passati alla storia come 'rivoluzioni' possono essere - a mio avviso - interpretati come soluzioni di continuità nel corso della storia, in cui si abbattevano privilegi di una ristretta oligarchia, da parte di ceti rilevanti della società esclusi in maniera divenuta insopportabile dalle possibilità di partecipazione all'esercizio del potere politico.
Cosi' accadde per il Terzo Stato francese che poteva ben dire di esser 'Tutto' e di non avere 'Nulla' e di chiedere 'Qualcosa' che inizialmente poteva esser ridotta alla convocazione degli Stati Generali, ovvero il luogo istituzionale ove potevano - ancorche' con forme e modi che si rivelarono inadeguati - trovare forme di partecipazione e espressione.
Analogamente, la rivoluzione americana, parti' dall'esigenza di rappresentanza che le fortissime colonie d'oltreoceano rivendicavano nei confronti della madrepatria.
In entrambi i casi forze prevalenti nel tessuto sociale erano totalmente escluse dal potere, fino a configurare una situazione rivoluzionaria.
veniamo all'analogia-metafora dei giorni nostri:
la partitocrazia puo' esser considerata una oligarchia che detiene il potere esclusivo di rappresentanza politica?
Soprattutto, la partitocrazia - anche in prospettiva - crea zone di esclusione così diffuse ed insopportabili da configurare una situazione pre-rivoluzionaria?
A ben vedere, la partitocrazia detiene un monopolio esclusivo, appunto la mediazione tra società e rappresentanza politica, ma il suo metodo non è affatto quello dell'esclusione quanto piuttosto l'inglobamento e la pervasione burocratica di tutti i gangli della vita associata.
Il rpoblema sembra piuttosto quello dei costi per l'acceso alla partecipazione all'esercizio del potere: tutti possono accedervi, pagando il costo che la burocrazia partitocratica richiede, necessario alla sua sopravvivenza ed alla conservazione del suo potere.
In questo contesto, l'esclusione puo' avvenire in due modi:
a) incapacità della burocrazia partitocratica di garantire ad un costo reale - ovvero accessibile, non fuori dal mercato dell'accesso alla partecipazione all'esercizio del potere - la possibilità d'accesso;
b) il rifiuto volontario da parte di alcune fasce della società di pagare questo costo perche' insopportabile in qunato non contraccambiato da una contropartita adeguata.
Dunque, il compito di un movimento rivoluzionario e' quello di favorire entrambi i processi, ma in particolar modo il secondo, più volontario, dunque, piu' consapevole.
Questa una prima analisi embrionale che riverso in conferenza, per alimentare un discorso sulla rivoluzione liberale da suscitare.
Si accettano anche confutazioni e stroncature radicali.
Allla prossima.