Le nostre analisi della partitocrazia nella sua concretezza di esercizio del potere, sono fondamentalmente derivanti dalla fase della cosiddetta 'prima repubblica': per intenderci quella a bipolarita' dc-pci.
Il secondo tempo della prima repubblica vede una trasformazione non secondaria: il nuovo bipolarismo ulivo-polo, possiede caratteri completamente diversi.
Gli eredi del pci giunge al controllo del potere politico-istituzionali, senza avere una sorta di nuovo-Pci che gli si contrapponga: gli oppositori - anche finti - dell'attuale schieramento di governo, infatti, non posseggono affatto il radicamento, l'insediamento sociale, la forza d'urto che il Pci poteva utilizzare contro i democristiani.
Questo comporta, evidentemente, un equilibrio diverso, apparentemente più stabile poiche' la classe di potere e di governo si insedia dapeprtutto con facilita' straordinariamente maggiore e senza una effettiva contrapposizione, ma dall'altra parte anche piu' precario, proprio perche' vi e' un oggettivo squilibrio delle forze in campo, e questo e' evidentemente percepito dall'Ulivo, trovando la sua menifestazione nel cosiddetto 'buonismo'.
E' chiaro che le iniziative di dialogo con il Polio che hanno caratterizzato gli scorsi anni sono state tutte rivolte ad alimentare le possibilita' teoriche che nell'area del Polo, proprio per quella mancanza di riflesso etnico potesse sorgere qualcosa.
Le questioni sono, a questo punto:
- e' definitivamente tramontata questa opportunita'?
- in che modo un processo di disgregazione dell'assetto odierno della partitocrazia puo' essere innescato, stante l'impossibilita' di percorrere la via referendaria?
- puo' essere contrariamente a quanto e' accaduto negli scorsi anni, proprio il blocco apparentemente imperturbabile dell'Ulivo il luogo delle contraddizioni proprio per la difficolta' a dover conservare le zone di radicamento esistenti in precedenza e quelle derivanti dall'attuale situazione di esercizio del potere di governo?