E LA PS VIGILA SUI BERMUDA DI STATO
di Francesco Merlo, rubrica Fratelli d'Italia Sette allegato del Corriere della Sera di gio. 14 agosto 1997
Era gia' successo che una sua guardia del corpo minacciasse una giovane cronista, come nel Padrino di Coppola, quello con Marlon Brando, quando Sonny Corleone strappa la macchina fotografica dalle mani del paparazzo, la pesta e gli rende la poltiglia. Era successo pure che chiudesse i cronisti in un recinto spiegando loro che lontano dalle notizie, in una bella gabbia, si puo' riflettere di piu' e dunque scrivere meglio. Ed era persino accaduto che, durante il congresso del suo partito, impedisse di entrare a tutti i fotografi tranne a quello di cui si fida, il suo ritrattista personale. Ma quel che e' avvenuto nella piazzetta di Gallipoli, davanti all'ingresso della casa di villeggiatura di Massimo D'Alema, e' una novita' nella pur lunga storia dell'arroganza italiana. Questa volta, infatti, il fotografo, che si chiama Marco Dario Caricato, non e' stato allontanato ne' da D'Alema in persona ne' dalle sue guardie del corpo.
D'Alema infatti non ha piu' bisogno di esporsi al rischio della rissa personale come fanno i divi di Hollywood o come ha fatto Alberto Tomba. E puo' persino fare a meno dei gorilla a pagamento e del servizio d'ordine del suo partito. Adesso per suo conto si muove, nientemeno, la Polizia di Stato. Che sabato 2 agosto ha fermato e portato al commissariato il signor Caricato, appostato in piazza con la sua Nikon e con la manifesta e lecita speranza di fotografare il leader del Pds che ama passeggiare in zoccoli e bermuda. Inutilmente Caricato ha spiegato agli agenti che "non possono impedire a un fotografo di ritrarre un personaggio pubblico in un luogo pubblico". I poliziotti lo hanno identificato e, una volta al commissariato, in mancanza di peggio, gli hanno presentato una bella multa di 117.000 lire per divieto di sosta. Poi ovviamente lo hanno rilasciato. Malgrado tutto infatti non siamo ancora in Uganda dove Idi Amin non solo faceva arrestare i fotografi che non riuscivano a ritrarre la sua maestosita' i
mperiale ma li faceva pure sparire (la testa di uno di loro fu ritrovata dentro il frigorifero di Amin che era un raffinato cannibale).
Molto piu' laicamente, Caricato e' stato si' portato in commissariato ma e' stato trattato civilmente anche se alla fine non ha fatto la sua foto, e i bermuda di regime non sono stati violati da nessuno screanzato sovversivo. Non sappiamo se Caricato ha denunziato quei poliziotti ne' ci risulta che l'Ordine dei giornalisti, di cui D'Alema fa parte, sia intervenuto. La storia ci interessa soltanto per quel che conferma e illustra sul potere in Italia e su quello di D'Alema in particolare: ci pare infatti ben piu' istruttiva di cento bicamerali.
E forse, cosi' come il New York Post creo' la rubrica "Mario Watch", trenta righe al giorno di "Osservatorio Mario" per raccontare i due anni piu' lunghi del governatore Mario Cuomo, incapace di decidere se candidarsi alla Casa Bianca, sarebbe ora necessario e soprattutto sano per la nostra giovane democrazia se anche i grandi giornali italiani dedicassero un osservatorio a D'Alema, trenta righe al giorno di "Massimo Watch". Se vogliamo infatti comprendere quest'uomo cosi' potente e la sempre piu' sua Italia, non c'e' altro modo che quello di inseguire i dettagli e le cerimonie segrete, dalle cene dell'inciucio all'organizzazione del tempo libero. D'Alema e' infatti fornito di direttori e giornalisti e biografi "privati" e di almeno un fotografo personale che ci narrano e ci illustrano la sua storia sacra e gli avvenimenti mitici, dalla Bicamerale alla barca a vela. Pochissimi ci raccontano invece le piccole vicende della sua storia profana, considerata a torto una storia minore e relegata troppo spesso in
fondo agli articoli di cronaca, negli angoli piu' nascosti dei sempre piu' ossequiosi giornali.