The Wall Street JournalDa "Internazionale" 6.6.1997 pag. 36
Il Wall Street Journal, quotidiano finanziario statunitense, esplora la giungla
burocratica dell'Italia attraverso la storia di due imprenditori italoamericani
CRAIG COPETAS, THE WALL STREET JOURNAL, STATI UNITI
Giovanni Bonmartini e Max Elsersono due imprenditori italoamericani che hanno formato una società a Roma, e che raccontano al Wall Street Journal le difficoltà con la burocrazia italiana. Moduli, bolli, certificati e controlli allungano i tempi e gonfiano i costi. Non solo: secondo il giornale finanziario statunitense il costo della burocrazia non favorisce la creazione di nuovi posti di lavoro, danneggia le imprese e renderà difficile l'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria europea (Ume). Il fisco è troppo esoso e le leggi sono talmente numerose e confuse, che occorre pagare battaglioni di consulenti per uscire dal tunnel burocratico. Il governo sta facendo qualcosa, ma sembra troppo lento.
ROMA, 18 MARZO 1997
Giovanni Bonmartini e Max Elser sono dotati di senso dell'umorismo. Lo si vede chiaramente dal Superman con due teste, le loro, che compare sul materiale pubblicitario della ditta di cui sono comproprietari, la Distributex, creata di recente e che ricicla cartucce per stampanti laser e componenti usati di computer. E lo vediamo anche dal fatto che i due italoamericani sono sopravvissuti al percorso di guerra delle assurdità burocratiche che, in Italia, si accompagna alla conduzione di un'attività commerciale. Per convincere le autorità che la Distributex poteva trasportare su autoveicoli le cartucce vuote dei toner, al trentaquattrenne Bonmartini e al trentatreenne Elser ci sono voluti dodici mesi. Nella vicenda sono stati coinvolti un manipolo di funzionari governativi e di consulenti privati. Nel frattempo la polizia ha fatto spendere a Elser 17 dollari per rilasciargli una dichiarazione di non appartenenza alla mafia. Il costo totale della caccia ai documenti è stato di 1.200 dollari tra cui dieci dollar
i per un documento di convalida delle informazioni contenute su tutti gli altri certificati rilasciati dallo Stato. A questo punto le autorità hanno comunicato prontamente alla ditta che tre mesi dopo avrebbe di nuovo dovuto sottostare alla medesima procedura ma passando per un labirinto di canali burocratici completamente diversi. "In Italia, le barriere per chi gestisce un'impresa sono spaventose, ma stimolanti", dice Elser. "Dobbiamo escogitare delle soluzioni ogni giorno, 24 ore su 24". E' possibile che l'inchiesta Mani pulite abbia ridotto la corruzione e le tangenti, che erano diventate la prassi nello svolgimento delle attività commerciali. Ma nel paese rimane un altro grande responsabile del levitare delle spese: il governo stesso. Imprese grandi e piccole ritengono che la navigazione attraverso il labirinto normativo italiano sia un esercizio frustrante e dispendioso. Sono in molti a sostenere che esso inibisce la creazione di nuove imprese, e questa non è una buona notizia per i lavoratori in un m
omento in cui le privatizzazioni, le fusioni, e il tasso di disoccupazione del 12 per cento significano prospettive più nere per il mondo del lavoro. E, in definitiva, tutto ciò che soffoca la crescita degli affari finisce per ridurre proprio quelle entrate di cui il paese ha bisogno per diventare, nel 1999, parte dell'Unione monetaria europea (Ume).
Troppe leggi
L'economia italiana ha chiuso lo scorso anno con alcuni risultati deludenti rispetto ai parametri dell'Ume. Il debito pubblico ha raggiunto 1.297 miliardi di dollari e un disavanzo da incubo di circa 81,2 miliardi di dollari, ossia il 6,6 per cento del Prodotto interno lordo una distanza notevole dal tetto del tre per cento imposto dall'Unione monetaria. Secondo le cifre provvisorie del governo, il Pil in Italia è cresciuto lo scorso anno solo dello 0,8 per cento, dopo l'aumento del 3 per cento del 1995. Sebbene questi dati sul Pil per il 1996 non siano completi, il governo si prepara a una crescita lenta dell'economia. E molti funzionari pubblici sostengono che sono proprio le normative del governo a rendere più difficile la situazione. "Abbiamo troppe leggi, la maggior parte sono inefficaci", dice il ministro italiano per l'Ambiente, Edo Ronchi, a cui spetta promuovere leggi per aiutare le piccole imprese a districarsi nella burocrazia. "La pressione fiscale e burocratica sulle aziende italiane è enorme",
aggiunge. "E' chiaro che per quelle in fase di avviamento deve essere ridotta". Il governo sostiene che non esistono cifre definitive su quanto costano globalmente all'economia italiana gli oneri burocratici. Ma a livello settoriale l'aritmetica può indicare alcune cifre molto pesanti. Secondo l'Associazione italiana artigiani, solo agli artigiani la burocrazia costa intorno ai 14mila miliardi di lire all'anno.
Barriere psicologiche
Paolo Giacomelli, consulente presso la Ig, la società per l'imprenditorialità giovanile (finanziata dallo Stato), sostiene che le procedure amministrative minano la crescita e pongono enormi barriere psicologiche di fronte a chi vorrebbe intraprendere nuove attività: "Abbiamo avuto casi in cui la burocrazia ha costretto alcuni a rinunciare al proprio lavoro"! sostiene Giacomelli, la cui organizzazione agevola un rapido avviamento alle imprese. "La nostra burocrazia è tutt'altro che amichevole verso i cittadini. In pratica, per i cittadini non ha la minima considerazione". Gli analisti sostengono che in Italia, per rivitalizzare il settore privato e accrescere la fiducia nelle attività commerciali, la soluzione ottimale è rappresentata dalle ditte che producono servizi. La Distributex, per esempio, che ha dichiarato oltre un milione di dollari di fatturato lo scorso anno, recupera e rivende circa 1.600 cartucce di toner ogni mese da 700 ditte dell'area di Roma. Il potenziale di crescita è enorme. Dieci anni f
a il riciclaggio di cartucce di toner negli Stati Uniti era un'attività a conduzione familiare. Oggi è un'industria da due miliardi di dollari l'anno, con ditte come la Nucote che rimette a nuovo oltre tremila cartucce al mese. "Le piccole imprese sono d'importanza cruciale in qualsiasi settore perché propongono metodi nuovi di lavoro" , spiega Sibylle Hyde, direttrice della Ecofin, un fondo di investimento per la tutela ambientale con sede a Londra che ha come obiettivo tecnologie alternative di riciclaggio. La società d'investimento a capitale variabile del gruppo, la Okovision, considera matura per l'investimento la nicchia dei riciclatori. Inoltre, i grandi riciclatori industriali, quali la West Management International Plc del Regno Unito, sono continuamente in cerca di gruppi imprenditoriali da acquistare o in cui investire. "I mercati di nicchia sono mercati in movimento, e abbiamo grande interesse per le società che già vi sono presenti con un portafoglio di consumatori finali di prodotti riciclati",
dice Peter Combe, direttore del settore informazioni della Waste Management's. "Le piccole imprese sono aziende gestite con intelligenza. Riescono a risolvere gran parte dei problemi che pone l'organizzazione dell'azienda sul territorio. Da loro abbiamo molto da imparare". Ma le grandi imprese che mirano a strategie organizzative originali ed esclusive e a opportunità di investimento ardite hanno qualcosa da guadagnare da un'esperienza imprenditoriale in Italia? "La burocrazia rende impossibile investire qui, anche se le piccole imprese di servizi sono il futuro dell'Italia", afferma Maurizio Cucchiara, direttore della Merrill Lynch International Banking a Roma. "I soldi, i nostri clienti vogliono portarli fuori dall'Italia, non investirli qui". Ezio Rombola ricorda ciò che è avvenuto quando la sua impresa di costruzioni ebbe il denaro per fare un investimento. Un anno fa la Ig gli assegno 3,2 milioni di dollari per costruire strutture prefabbricate. "Sono ancora in attesa che qualcuno mi dia un terreno in
concessione", protesta Rombola. "Andai a parlare con il sindaco, il vicesindaco, con il segretario della giunta municipale, con il direttore di tutti gli altri uffici locali di controllo o come altro si chiamano. Ci furono grandi entusiasmi, grandi strette di mano, e una conferenza sulla necessità di creare posti di lavoro e stimolare l'economia locale". Alcune settimane dopo Rombola ricevette una lettera che praticamente gli rifiutava l'accesso al terreno per il quale aveva raggiunto un accordo. "Il sindaco telefonò per avvertirmi che inaspettatamente gli era capitata tra le mani una vecchia disposizione di legge che negava alle imprese estensioni superiori ai settemila metri quadrati di terreno", racconta Rombola, che aveva intavolato trattative per due volte tanto. "Guardi, posso capire uno che si preoccupa dei suoi interessi personali. Quello che non riesco a capire sono le burocrazie locali in zone in cui la disoccupazione è rampante. Avremmo creato almeno 46 posti di lavoro, numero che potrebbe appari
re risibile, ma che in un territorio con mille abitanti è una bella cifra". Sia che si tratti di grandi o piccole imprese, Cucchiara sostiene che in Italia il costo della gestione di un'azienda è enorme, anche per le energie che prosciuga. Cita come un altro degli ostacoli alla crescita economica la recente decisione del governo di abolire una legge che consentiva alle imprese di reinvestire gli utili netti esenti da tasse. Noto come legge Tremonti, questo insieme di norme fu promulgato durante il governo del precedente presidente del Consiglio, Silvio Beriusconi. Ma il capo dell'attuale governo, Romano Prodi, ha soppresso il provvedimento per ottenere un aumento di entrate fiscali nella speranza di adeguare il paese ai criteri dell'Unione monetaria europea. Un'altra tattica usata dal governo per ottenere fondi è il concordato, cioè una dispensa concessa dallo Stato che consente a una società di pagare una percentuale in aggiunta alle tasse legittimamente dovute per mettersi al sicuro da una verifica da part
e degli uffici tributari. Il concordato è "un ricatto e io sono il primo a pagarlo", dice Bonmartini. "Tutti lo pagano perché hanno paura delle conseguenze se non lo facessero". Cucchiara non si sorprende che le piccole imprese siano costrette ad accollarsi più della loro giusta parte dell'onere tributario imposto dal governo. "Solo marginalmente è più facile per una grande impresa operare qui", spiega. Il concordato "è un esempio perfetto del problema. Chi può davvero voler creare una nuova impresa in un clima come questo?". Bonmartini ed Eiser sono due dei pochi imprenditori disposti ad accettare la sfida. Hanno creato la Distributex nel 1994 con un capitale iniziale di l5mila dollari e un laboratorio subito fuori le antiche mura fortificate della città. "L'unica cosa che potrebbe toglierci di mezzo sarebbe se venisse fuori una nuova tecnologia esplosiva a sostituire le stampanti laser", dice Elser. Ma l'unico esplosivo del quale i due soci non avevano mai tenuto conto è stata la Guardia di Finanza, ossia
il corpo di polizia tributaria italiana che, senza preavviso, è piombata l'anno scorso nell'ufficio della Distributex per esaminare minuziosamente le registrazioni della società a causa di un errore banale nelle formalità di spedizione su un ordinativo da Londra. "La Finanza ci bloccò l'attività per quattro giorni", racconta Bonmartini. "Gli dissi che ci mancava solo che mi portassero via in manette". Sebbene in conclusione la Finanza avesse avuto parole di elogio per la contabilità della ditta, aveva pero rilevato che centinaia di fatture non erano state redatte in modo corretto. Gli errori minacciavano di mettere a terra l'azienda, con multe di decine di milioni di lire. L'infrazione: tutte le fatture compilate tra gennaio e settembre erano state datate correttamente alla maniera europea per esempio 12/1/96 per 12 gennaio 1996. Ma la legge italiana stabilisce che i mesi con una sola cifra siano indicati come 01. Per ogni zero mancante la multa avrebbe dovuto essere una batosta di 500mila lire, ma la ditta
se la cavò con un avvertimento. "E' impossibile che un'impresa sia in regola con tutte le leggi", lamenta Elser. Perciò la maggior parte di quelli che vogliono intraprendere un'attività ricorrono a espedienti illegali. Oppure approfittano di qualche vantaggio. Quando la banca della Distributex, la Banca di Roma, disse a Bonmartini che l'iscrizione alla Federazione europea delle casalinghe (Federation of European Women Housewives) avrebbe procurato alla ditta tariffe preferenziali sui servizi bancari, egli ci si iscrisse senza pensarci due volte.
Riforme lente da farsi
Il governo è consapevole del problema. Il ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini, ha già presentato in Parlamento un pacchetto di leggi destinate a ristrutturare le procedure amministrative e a ridurre il numero dei moduli che le organizzazioni commerciali devono riempire. Ma la legge non diventerà operativa fino alla fine di quest'anno, e qui in Italia in molti sono scettici sulla sua capacità di accelerare la crescita economica. "Temo che il governo continuerà a rendere eccessivamente difficile la creazione di nuove imprese e di nuovi mercati", dice Edo Ronchi, ministro dell'Ambiente. "Forse per favorire lo sviluppo del settore privato è ancora più decisivo un allentamento della politica fiscale", aggiunge Elser. In effetti, l'intricato codice tributario italiano non è stato concepito per guardare troppo per il sottile. "Si deve versare l' Iva al governo alla fine di ogni mese, che si sia incassato o no", spiega Elser. "Questo ha ripercussioni molto negative sul flusso di cassa". Inoltre, sosti
ene Bonmartini, "la maggior parte delle imprese come la nostra è colpita da un'imposizione fiscale sostanzialmente pari a un doppio anno. Si deve usare una formula complicatissima che consente al governo di riscuotere adesso le tasse dell'anno prossimo calcolate sull'imponibile dell'anno in corso". Anche il tentativo di appianarsi la difficoltà può costare caro a una ditta in fase d'avviamento. La Distributex ha speso oltre il 30 per cento dei suoi profitti al netto delle imposte per sei consulenti esterni che non fanno altro che tenere d'occhio la legislazione tributaria in continuo cambiamento, e riempire le montagne di fogli e documenti che le autorità burocratiche richiedono. "Questo è un tipo di lavoro che molti uomini d'affari svolgono nei ritagli di tempo", dice Elser. "Qui invece ci vuole il tempo pieno". E per spuntarla con i clienti morosi la società dispone di una squadra di fattorini freelance che corrono da una parte all'altra di Roma per incassare i soldi. "Mi sveglio ogni mattina sapendo che d
ovrò spendere almeno 50 dollari per mandare in giro motorini a ritirare assegni, perché i clienti non hanno proprio voglia di pagare". Tuttavia Elser e Bonmartini rimangono stoicamente nella mischia come Superman in persona. Non credo che mi lascerò piegare dalle difficoltà", dice Elser. C'è un tasso molto alto di abbandono dell'attività tra i piccoli imprenditori. Questo sistema ha fatto fuori un sacco di gente". (V.T.)