IL PREMIO NOBEL »STRANIERO DI LUSSO+
Modigliani: italiani, copiate l'America
Alessandra Farkas
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK - »Sul tema immigrazione consiglio all'Italia di seguire il grande modello americano+. Parla Franco Modigliani, 79 anni, Premio Nobel per l'economia nell'85, uno degli immigrati di origine italiana più illustri degli Stati Uniti.
»L'America mi ha accolto a braccia aperte al mio arrivo nell'agosto del 39, a soli 21 anni, spinto dalle leggi razziali del fascismo - racconta al Corriere della Sera Modigliani -. Tre mesi dopo avevo già una borsa di studio, nel '42 il dottorato in economia e nel '43 la mia prima cattedra, in un'università femminile del New Jersey+.
L'odissea americana dell'emigrante Modigliani assomiglia ben poco a quella di tanti albanesi alla deriva sulle coste del Bel Paese. La sua prima abitazione è un residence a Manhattan vicino a Central Park, il primo impiego un decoroso business di compravendita di libri italiani destinati ai nostri connazionali.
»Riuscii persino ad evitare il servizio di leva - spiega il professore - in base alla legge che permetteva ai padri con figli nati dopo Pearl Harbour di restare a casa ad occuparsi della famiglia. Una legge molto umana che ci commosse. Non posso trovare un aspetto negativo in quegli anni neppure sforzandomi+.
Eppure oggi Modigliani crede fortemente nella necessità di regolamentare l'immigrazione.
»Anche l'Italia dovrebbe limitarla a seconda del proprio bisogno e della disponibilità di posti di lavoro - incalza -. Chi entra dovrebbe indicare con un affidavit d'essere in grado di mantenersi anche prima d'aver trovato un lavoro. Esonerando così lo Stato da ogni responsabilità+.
Ci_ non significa per_ chiudere le frontiere.
»Al contrario - incalza l'autorevole professore -. Con una popolazione decrescente come quella italiana, l'immigrazione non è solo accettabile ma addirittura indispensabile. Aiuta a risolvere il problema della sicurezza sociale: pochi giovani costretti a pagare le pensioni di troppi vecchi. L'afflusso di forze nuove è vitale per ristabilire l'equilibro della piramide sociale+.
E' giusto applicare criteri di selezione o sarebbe meglio optare per una politica di frontiera aperta?
»L'unico criterio dovrebbe essere quello di incoraggiare l'afflusso di giovani emigranti, scoraggiando quello degli anziani. Andrebbe inoltre privilegiata la manodopera non qualificata. Braccianti pronti ad assumere quei lavori che ormai gli italiani non vogliono più fare, come la pesca e la coltura dei campi. Ci_ non escluderebbe naturalmente l'asilo politico, dove è bene essere generosi. Ma anche qui si deve fare uno sforzo per assicurarsi che i rifugiati siano veramente tali+.
A chi dovremmo dire di no?
»Preferisco attenermi al criterio positivo. Una volta stabilito a chi dire di sì, il resto diventa quasi automatico. L'essenziale è avere regole chiare e precise, per non passare da un estremo all'altro ed evitare i tristi eccessi di odio xenofobo e razzista di cui si è macchiata l'Italia negli ultimi tempi. E che, francamente, mi hanno molto stupito, data la grande tradizione di tolleranza del nostro Paese. Ma il fenomeno in fondo non è nuovo. Penso ai terribili pregiudizi razzisti del Nord verso il Sud+.
Eppure anche l'America viene additata quotidianamente come un Paese razzista, dove spira sempre di più un vento xenofobo.
»Questo è un Paese fondato e costruito interamente da emigranti dove non esiste discriminazione rispetto all'"alieno" in quanto tale. Certo, abbiamo assistito all'intolleranza rispetto a certi gruppi etnici: italiani, ebrei, neri, ma l'ostilità non aveva niente a che fare con la figura dell'immigrato, che qui resta sacra. Pensi a tutti gli italiani nelle stanze del potere dopo soltanto una generazione+.
Sarebbe possibile un'emancipazione del genere anche in Italia?
»No di certo. La divisione per caste sociali della società italiana lo impedirebbe. In America c'è al contrario una fluidità enorme ed è questa una delle ragioni per cui io sono rimasto qui+.
Si pu_ essere ragionevolmente fautori dell'apertura totale?
»No. Il successo americano inizia negli anni 20, quando il governo ha adottato la politica delle cosiddette "quote". Una per ogni Paese, che varia a seconda della situazione socio-economica e della realtà migratoria dei singoli Stati. Anche l'Italia dovrebbe adottarle al più presto, in conformità alle normative della comunità europea, se vuole veramente una politica dell'immigrazione razionale ed ordinata+.
Quali sono stati gli errori più gravi commessi fino ad oggi dal nostro Paese?
»Uno: il caos più completo che ha permesso a tutti d'entrare e uscire a piacimento, favoriti dalla vulnerabilità geografica conferita all'Italia dal mare. Ma quello che è fatto è fatto. E senza perdere un attimo di tempo il governo dovrebbe ora affidare a una "authority" superspecializzata il difficile compito di riordinare e disciplinare questa delicatissima materia+.