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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 15 settembre 1997
Tratto da un'intervista all'on. Gianfranco Fini
Ideazione di settembre, intervista di Gaetano Quagliarello

D: Lei si riferisce ad una nuova centralita' della politica. Dovra' pero' riconoscere che tra quanti hanno espresso perplessita' sui lavori della Bicamerale vi e' anche chi non lo ha fatto in nome di altri poteri, ma perche' ha scorto nel sistema proposto una logica doppia e contraddittoria: da un lato, un ampio spazio riservato ancora ai partiti ed alle loro oligarchie nella previsione del lavoro parlamentare, nei meccanismi di finanziamento della politica, nella forte frammentazione delle formazioni incoraggiata dalla legge elettorale; dall'altro, un presidente che in tale contesto potrebbe prestarsi ad essere il punto di riferimento di un'opposizione ai partiti cronica e permanente. Insomma, non teme che vi sia il rischio che la ricerca di una nuova centralita' della politica possa incontrare un piano inclinato e scivolare verso un nuovo lacerante confronto tra partitocrazia ed antipartitocrazia?

R: Nella mia concezione "centralita' della politica" e "partitocrazia" non solo non sono concetti coincidenti ma, addirittura, devono considerarsi antitetici. Quando parlo di ripristino della centralita' della politica mi riferisco, soprattutto, all'esigenza di mettere ordine tra i poteri. In tale quadro, anche i partiti devono trovare i loro spazi d'agibilita': spazi legittimi ma ferreamente limitati. Io credo che ci si stia muovendo in questa direzione. E' vero, infatti, che il "tasso di presidenzialismo" non e' quello che avremmo sperato e che avrebbe garantito un perfetto equilibrio al sistema. D'altro canto, il "tasso di partecipazione popolare" che la nuova Carta consentira' e' addirittura maggiore di quello che avevamo immaginato. Oltre all'elezione diretta del presidente, va tenuto presente che sono stati previsti: l'istituto del referendum propositivo; la possibilita' per il singolo cittadino di ricorrere alla Corte Costituzionale; i meccanismi atti ad ottenere un'indicazione chiara, da parte del c

orpo elettorale, della maggioranza che deve governare. Sono tutte tessere di un mosaico che, se correttamente composto, esaltera' la politica e nel contempo limitera' molto il potere dei partiti. In tal senso, e' possibile spingersi anche oltre: vanno riviste le norme che regolano le candidature alla presidenza della Repubblica. Resta valida l'esigenza di evitare la "fiera del mitomane" ma, d'altra parte, va anche garantito che parti consistenti del corpo elettorale si possano organizzare (attraverso raccolte di firme) per esprimere candidature diverse da quelle che proverranno dal mondo delle istituzioni.

Inoltre, oltre i limiti della materia trattata dalla Bicamerale, alle soglie del terzo millennio va finalmente regolato lo stato giuridico del partito: una vecchia battaglia "garantista" da riprendere e far giungere in porto. Se la nuova legge sul finanziamento pubblico deve essere rivista nei suoi tratti meno gradevoli (penso all'anticipo dei 160 miliardi di quest'anno, che non potra' essere riproposto), il suo principio di fondo - lasciare al contribuente la scelta di finanziare o meno la politica attraverso una sorta di contributo volontario - penso debba essere difeso e addirittura sviluppato. Per quel che riguarda l'ultimo aspetto al quale Lei faceva riferimento - l'eccessiva frammentazione partitica - debbo innanzi tutto notare come in questi ultimi anni cio' non sia dipeso tanto dal meccanismo elettorale. Infatti, le liste che hanno conseguito eletti sono state in numero esiguo mentre in seguito - al momento di costituire i gruppi parlamentari o di comunicare all'esterno la propria appartenenza parti

tica - il quadro si e' frammentato. In ogni caso, ritengo che sia necessario pensare ad una soglia di sbarramento piu' alta rispetto a quella del 4 per cento.

 
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