COME TI VENDO IL LIBERALECORRIERE DELLA SERA
lunedi', 15 Settembre 1997
di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
Tutti si dicono oggi liberali, ma per fortuna non e' vero. Per fortuna c'e' ogni tanto qualche piccolo episodio, si verifica qualche crepa nel conformismo obbligatorio, che indica come il vecchio riflesso illiberale e antiliberale dell'ideologia italiana, lungi dall'essere morto, semplicemente cova sotto la cenere pronto a farsi sentire di nuovo ad ogni momento. Tra i piccoli, rassicuranti sintomi che il vecchio pregiudizio e' ancora, sia pur sommessamente, insieme a noi, vorrei segnalare le parole con cui la casa editrice Einaudi sta pubblicizzando sui giornali in queste settimane una recentissima biografia di Ernesto Rossi, scritta da Giuseppe Fiori. Eccole: "L'avventura pubblica e privata di un grande liberale onesto".
Un grande liberale onesto Rossi fu senz'altro, ma forse che Nicolo' Carandini nella sua tenuta di Torre in Pietra coltivava la marijuana? E Mario Pannunzio finanziava forse il "Mondo" riciclando denaro sporco? E tutti gli altri che con Carandini e Pannunzio, da Cattani a Libonati, si trovarono dapprima in compagnia di Rossi e poi a polemizzare, talora pur in modo violentissimo, con lui non erano forse anch'essi onesti, notoriamente onesti? Che senso ha allora questa attribuzione di "liberale onesto" a Rossi, quasi a intendere che l'idea di onesta' non sarebbe associabile in generale all'insieme dei liberali italiani e in particolare a coloro che avversarono Rossi in una determinata stagione?
Ne' davvero si puo' pensare che qui "onesto" stia a significare per esempio antifascista, un liberale che non cedette alle lusinghe della dittatura, dal momento che se Rossi fu colui che pago' piu' di ogni altro, certamente l'antifascismo fu pero' un carattere comune a tutto il gruppo liberale del "Mondo" e non. Anche sull'antifascismo di un uomo come Giovanni Malagodi credo che non possano esserci dubbi.
In realta' penso che non ci si allontani troppo dal vero dicendo che il "liberale onesto" adoperato per Ernesto Rossi dalla pubblicita' einaudiana e' uno sciagurato parente stretto del "sincero democratico", del "sincero amante della pace", del "sincero credente", e di altre espressioni consimili che un tempo - diciamo fino ad una decina di anni fa - erano abituali del linguaggio della sinistra.
Essere "sinceramente" qualsiasi cosa significava secondo questo linguaggio una sola cosa: che lo si era in modo tale da non contrastare minimamente gli interessi politici del Partito comunista e fino ai primi anni Sessanta anche del Psi, della sinistra insomma: ed anzi contrastando semmai apertamente i propri nominali compagni di fede. Un "sincero amante della pace", ad esempio, doveva credere che gli eserciti, le guerre e le aggressioni l'Unione Sovietica non sapeva neppure cosa fossero, altrimenti non era piu' "sincero".
Anche allora accanto all'aggettivo sincero trovava largo uso l'aggettivo onesto. Chi era democratico, antifascista, cattolico, o qualsiasi altra cosa ma in modo che non piaceva alla sinistra, per definizione non poteva esserlo in maniera vera, autentica, disinteressata: sincera e onesta. Era un democratico, un antifascista, un cattolico, sul quale gravava in permanenza il sospetto di esserlo per ragioni oscure, forse per vantaggio personale, magari per innata faziosita': insomma un imbroglione o quasi.
Questo linguaggio e la sua accorta somministrazione miravano a due obiettivi, entrambi assai importanti. Da un lato, secondo un tipico modulo di origine giacobina, a gettare un permanente sospetto sulla rispettabilita' morale personale degli avversari politici: non si puo' essere contro la sinistra e nel contempo una persona perbene. Dall'altro, a trascegliere in ogni partito o ideologia avversari una piu' o meno esigua schiera di persone da gratificare con il pubblico riconoscimento della loro onesta' e sincerita', avendone in cambio la virtuale sterilizzazione politica della rispettiva ideologia o partito di appartenenza.
Infine l'esistenza di "sinceri antifascisti" o di "credenti onesti" serviva a dimostrare che ne' l'antifascismo ne' il cattolicesimo ne' qualsiasi altra ideologia, se "rettamente" intesi, erano incompatibili con una posizione di fiancheggiamento-alleanza nei confronti del Pci o della sinistra.
Per venire a noi, non ho letto la biografia di Ernesto Rossi di cui ho detto all'inizio. Ma non ho il minimo dubbio, conoscendo gli altri lavori di Fiori, che egli ci abbia restituito nella sua integralita' la figura storica di Rossi, il quale, fedele all'insegnamento del suo Salvemini, fu anticlericale, antifascista e anticomunista con una coerenza invidiabile e fu, e si disse, per tutta la vita liberale.
Ma il peso delle parole e' forte, ed evidentemente devono saperne qualcosa soprattutto gli uffici commerciali delle case editrici. Come si fa a vendere la biografia di un liberale in un Paese dove oggi lo sono quasi tutti ma appena ieri non lo era quasi nessuno?
Come si fa a venderla specialmente se si e' una casa editrice di sinistra che, come ovvio, ha un pubblico soprattutto di sinistra che e' poi quello che in generale compra almeno i tre quarti dei libri che si vendono ogni anno in Italia?
Come si puo' contrastare il profondo pregiudizio ancora assai diffuso in questo pubblico per il quale evidentemente il liberalismo e' ancora e sempre sinonimo di individualismo "selvaggio" e di antisolidarismo, di segrete pulsioni antipopolari?
Ci si puo' provare per l'appunto nascondendo nella pubblicita' il messaggio adatto, capace di far scattare le antiche associazioni mentali, di trasmettere le antiche strizzate d'occhio gergali: "Certo, lo sappiamo benissimo come voi che il liberalismo in generale fa schifo, ma guardate che questo signore di cui vi invitiamo a leggere la biografia non era proprio un liberale liberale, un liberale e basta: era un liberale "onesto". Avete capito? Comprate tranquillamente il libro".
E' cosi', con questi piccoli artifici, che i pregiudizi ideologici del pubblico vengono ribaditi, le vendite assicurate, e un uomo come Ernesto Rossi si trova trasformato a sua insaputa in un indipendente di sinistra qualsiasi. Il che, ne siamo assolutamente certi, lo avrebbe fatto infuriare come lui soltanto sapeva infuriarsi.
CORRIERE DELLA SERA
martedi', 16 Settembre 1997
DIBATTITI
Sul "liberale onesto" dopo Galli della Loggia intervengono Fiori, Antiseri e Vittorio Bo
Ernesto Rossi, lo slogan della discordia
di DINO MESSINA
"L'avventura pubblica e privata di un liberale onesto". In queste parole, utilizzate dalla casa editrice Einaudi per fare pubblicita' sui giornali alla bella biografia che Giuseppe Fiori ha dedicato a Ernesto Rossi, "Una storia italiana", Ernesto Galli della Loggia sul Corriere di ieri ha visto il sintomo di un vecchio vizio della sinistra. Cosa vuol dire definire "onesto" il liberale Rossi, di cui quest'anno ricorrono il trentennale della morte e il centenario della nascita? Forse che non erano onesti Carandini e Pannunzio, Cattani e Libonati? Questo uso apparentemente pleonastico di un aggettivo nasconde, secondo Galli della Loggia, qualcosa di piu' di un tic lessicale. Per cui "il democratico", "l'antifascista", "l'amante della pace" doveva sempre essere fino a pochi anni fa "onesto" o, se si preferiva, "sincero". Un ammiccamento per far capire agli elettori che il personaggio in questione era uomo di fiducia. Gradito alla sinistra e in Particolare al Pci. Oggi tutti si dicono liberali, ma i vecchi tic fa
nno affiorare la tradizione e cosi' l'Einaudi, secondo Galli della Loggia, si rivolge al suo pubblico, di sinistra, con questo messaggio Allusivo: Ernesto Rossi non era un liberale e basta, ma un liberale "onesto".
Vittorio Bo, direttore editoriale dell'Einaudi, risponde sinteticamente alla critica di Galli della Loggia: "E' vero, abbiamo forzato pubblicitariamente la presentazione del libro su Ernesto Rossi. Abbiamo scritto "liberale onesto". Per dire, con un gesto lessicale, che "liberale" e' una bandiera buona quanto altre (non tutte), e non un ombrello sotto cui possa ripararsi chiunque. La vita di Ernesto Rossi sta li' a dimostrarlo".
Cosa risponde invece l'autore del libro su Ernesto Rossi, Giuseppe Fiori, giornalista di grande esperienza, ex parlamentare della sinistra indipendente e autore di altre importanti biografie (fra tutte, quelle di Antonio Gramsci e di Silvio Berlusconi)? "L'altro giorno - dice Fiori - ho letto sull'Avvenire un'intera pagina, dedicata al nuovo libro di Nello Ajello, costruita soltanto sulla scheda per i librai. Adesso leggo sul Corriere un lungo editoriale di uno storico importante come Galli della Loggia interamente costruito su una frase pubblicitaria. Ma, professore, legga per favore il mio libro, cui ho lavorato molti anni e che non racconta soltanto un singolo personaggio ma un intero gruppo di liberali, quelli da lei stesso citati, Carandini, Cattani e Pannunzio, e i maestri di Rossi, Luigi Einaudi e Gaetano Salvemini. E' la storia di un gruppo di liberali perbene. Non capisco perche' non possa essere definito onesto un liberale come Rossi, che da presidente dell'Arar ha amministrato migliaia di miliardi
e a differenza di altri manager pubblici e' morto povero. L'Einaudi non ha sostenuto che Ernesto Rossi e' stato il "solo liberale onesto", ma ha semplicemente sottolineato una delle sue tante qualita'".
Dario Antiseri, studioso di Karl Popper e preside alla Luiss di Roma, e' invece completamente d'accordo con Galli della Loggia. E rincara la dose: "E' caduto il Muro di Berlino ma, gratta gratta, nella cultura sono rimasti i vecchi pregiudizi. Tutti a parole si dicono liberali, ma poi al centro, a destra e a sinistra si contraddicono nei fatti. Vedi il caso della scuola. Questo pero' e' un altro discorso. Tornando all'editoria, e' nota la vicenda del libro di Popper, "La societa' aperta e i suoi nemici", un classico del pensiero liberale, pubblicato in Italia da Armando Armando soltanto nel '74, dopo le traduzioni in turco e in giapponese. Norberto Bobbio, grande consulente dell'Einaudi, ha scritto due anni fa in un suo libro che aveva dato parere sfavorevole. Trovo poi grave, per non parlare soltanto dell'Einaudi, che una casa editrice come Mondadori, controllata dal liberale Berlusconi, pubblichi i libri di D'Alema, di Curzi e della Parietti e ignori invece i classici del pensiero liberale".