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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 17 settembre 1997
DROGACORA: "QUANDO ARLACCHI DISSE: 'A TALEBA', CHE TE SERVE? '"

Roma, 17 settembre 1997

Pino Arlacchi, il direttore del Programma Onu contro il traffico di droga e la criminalità internazionale ha rilasciato nella giornata di ieri una intervista al TG1, in cui ha annunciato in termini espliciti che l'ONU sta "trattando" con il regime dei Talebani la riduzione della produzione annuale di papavero da oppio in Afganistan. I dicktat del regime afgano (definito pudicamente "fondamentalista" da Arlacchi) erano stati, nelle scorse settimane, altrettanto espliciti : il Ministro della Cultura Mawlawi Hotaki, in una intervista rilasciata all' International Herald Tribune il 21 agosto, aveva affermato senza mezzi termini che non era possibile sostituire le culture di oppio e hashish in Afganistan senza contropartite, cioè senza ingenti aiuti da parte dell'Occidente. In altri termini, aveva chiarito che non era possibile ridurre la rendita che la proibizione dell'oppio consente al regime afgano.

Dunque, il grande zar antidroga dell'Onu che, ogni giorno, immaginiamo, avrà contatti con regimi totalitari e dittatoriali, che applicano le pene più disumane ed esemplari nei confronti dei "trafficanti", essendone insieme i primi padrini e protettori è impegnato a trattare il "riscatto" per contro dell'ostaggio (la comunità internazionale). Fa il mediatore, (che detto fuori di ogni ipocrisia può essere cosa dolorosa e necessaria); aggiusta, nei limiti del possibile, le cose; tenta, quando ci riesce, di mettere ordine nel racket ordito dai paesi produttori; ma non stronca alcunchè, meno che mai il traffico di droga.

Non è però accettabile che in sede ONU continui a circolare la "favola bella" della sostituzione delle culture di "droghe"; che continui ad essere invocata e presentata come la strada maestra per il "prosciugamento" di un mercato che è, al contrario, doppiamente alimentato. Neppure Alice nel paese delle meraviglie (ed Arlacchi non è Alice, né l'Afganistan il paese delle meraviglie) potrebbe credere che regimi o despoti alimentati dai flussi finanziari del narcotraffico (imparagonabili a quelli legati a prodotti legali) possano rinunciarvi, anziché, come avviene normalmente, alzare il prezzo del ricatto.

L'unico modo per arginare il mercato è quello di comprimere il valore delle sostanze; è, in pratica, quello di abolire il valore aggiunto della proibizione. Ma Arlacchi, strenuamente fedele alla retorica antidroga, si oppone ad ogni riforma antiproibizionista delle Convenzioni Internazionali sulla droga. Intanto, l'esempio afgano - lungi dal dimostrare l'efficienza dello zar antidroga dell'ONU dimostra il costo insostenibile che deriva per le popolazioni "interessate" e per gli equilibri internazionali dal consolidamento che il proibizionismo garantisce a regimi violenti e sanguinari.

 
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