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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 24 settembre 1997
LA SOLITUDINE di Francesco Merlo
CORRIERE DELLA SERA mercoledi', 24 Settembre 1997

LA SOLITUDINE

di FRANCESCO MERLO

E' come se il sistema politico italiano cercasse di espellerlo. E gli intellettuali quasi non lo servono piu'. Lucio Colletti, che non gli ha mai venduto l'anima, lo chiama "capo", come si fa con i posteggiatori d'auto. Nessuno piu' ride della sua megalomania e delle sue ingenue vanita'. Sui giornali non ci si esercita piu' nella satira al vetriolo, che e' stata un genere di moda e di successo. Si diffonde tra ex amici ed ex nemici quel fastidio contenuto che sempre e' stato il preludio alla ferocia.

Giuliano Ferrara, che e' il piu' generoso, lo paragona a Mozart, che fu terribilmente e disperatamente solo, irresponsabile genio infantile che irritava il mondo degli adulti. Ma Alleanza nazionale, che non l'ha mai digerito perche' "e' un padrone pieno di soldi", comincia a scaricarlo, a Palermo come a Roma. Fini spinge la sua audacia sino a definire Berlusconi "un incauto", che e' una parola ricercata faticosamente per nascondere e mostrare una caustica animosita' (a chi di voi verrebbe in mente di criticare il leader dandogli dell'incauto?).

I cosiddetti liberali di Forza Italia, da Martino a Taradash, si organizzano in corrente autonoma. Casini e Mastella gia' indossano, come le serve di Genet, gli abiti del padrone di casa. Le presunte vittime della Procura di Palermo apertamente rifiutano il suo abbraccio mortale. Il professor Puglisi nega di aver subito quelle sevizie che Berlusconi ha denunciato. E ovviamente Cesare Previti, il suo avvocato di affari, dicendogli: "E' te che vogliono, caro Silvio", minaccia di trascinarlo nell'inferno: "Quel che sta avvenendo a me potrebbe avvenire a te". Come si diceva una volta, Previti "prefigura". Persino il Milan l'ha tradito.

Con la regia del gran maestro Francesco Cossiga nelle vesti del moralizzatore e dell'erede, e' iniziato il conto alla rovescia: il centrodestra cerca un leader perche' e' finito il carnevale della politica, nessuno crede piu' alla festa liberale, fatta di canzoni e palcoscenici e detassazione, anche il partito-azienda ha i conti in rosso ora che la poesia ha ceduto il posto alla prosa. Tutti ormai sanno che Berlusconi e' inadeguato alla "cucina dei partiti", che D'Alema l'ha ubriacato con la tattica e la strategia, con il cedere qui per prendere li', con l'arte del fare tre passi avanti e due indietro.

Il carisma personale e i soldi inesauribili funzionarono fin quando bisognava aggregare consensi e simpatie, umori e talenti. Ricordate cosa disse Berlusconi? "Erano zucche, li ho trasformarti in tanti deputati". Ma adesso che bisogna progettare resistenze e lunghe marce ci vogliono i sergenti e i caporali, le strutture di servizio, un partito.

Percio' Berlusconi si sta consumando tra le sue zucche, e mille mormorii ci dicono che e' malato, proprio come avveniva con Craxi negli interminabili anni del crepuscolo politico.

Ci puo' essere una dignitosa malinconia nella estenuante fine di un capo, come accade per esempio tra i bufali e gli elefanti quando un capobranco perde il dominio e le forze. Ma tra gli uomini e' un crudo spettacolo di cannibalismo e di vilta'.

 
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