Roma, 13 ottobre 1997
(Questo articolo di Marco Pannella verrà pubblicato domani dal quotidiano L'Opinione, con preghiera di citarne la fonte)
"Quando cerchiamo di avvertire il Paese, di ammonire coloro che pretendono la sua guida civile oltre che politica, quando andiamo da più di vent'anni affermando e dimostrando che il regime partitocratico che regge e occupa l'Italia è letteralmente, sul piano anche tecnico-giuridico "fuorilegge", non un solo "maitre a penser", non un solo scrittore o osservatore politico osa degnare di una qualsiasi considerazione questa nostra convinzione e questa nostra denuncia.
L'ennesima condanna dell'Italia in Europa, primatista assoluta di imputazione e condanne per violazioni reiterate e sistematiche del diritto positivo italiano ed europeo oltre che di principi fondamentali del diritto, resterà al solito senza pratiche conseguenze, visto anche le funzioni di copertura e di istigazione a violare la Costituzione che la cosiddetta Corte Costituzionale indecentemente e criminalmente assicura.
Non appena liberato dal sequestro contro di lui effettuato dal sistema banditesco che occupa il territorio e le coscienze italiane, noi siamo stati onorati di accogliere nei nostri congressi e convegni Bruno Contrada ed i suoi interventi documentano che ci troviamo dinanzi ad una persona ed a un cittadino assolutamente pericoloso per il "disordine imperante": egli ha infatti tratto dalla sua vicenda - anziché rinunce o rabbie - amore nuovo e forte per il diritto e la speranza di una Italia retta sui valori e sulla vita del diritto perché a ciascuno sia assicurato il diritto alla vita ed alla reputazione.
Lo ripetiamo anche in questa occasione: quando il potere è violenza, la legge viene negata e stuprata da coloro che dovrebbero rappresentarla, a cominciare dal Presidente della Repubblica, dalla Corte Costituzionale e dal Parlamento, oggetti del regime partitocratico, qual è la risposta che può e deve essere data da quanti credono nel diritto e nella libertà e per loro lottano? Rispondiamo: alle armi: non si pensi che scherziamo o che pronunciamo una esortazione retorica."