Dall'ospedale al comiziodi FRANCESCO MERLO
Corriere della sera, lunedi' 10 Novembre 1997
Accanendosi su se stesso con orgoglio rabbioso, Marco Pannella e' letteralmente fuggito dall'ospedale in cui era stato ricoverato per un'ischemia. Ultimo devoto dell'estetica romantica, non voleva sottrarsi all'ennesimo comizio in via del Corso. Non e' che avesse un appuntamento speciale con la Storia: non doveva prendere la Bastiglia, ma piuttosto la pastiglia. Non doveva rubare il fuoco al cielo e lo scettro ai tiranni. Sabato sera non c'erano le folle assiepate alle finestre, ne' l'impetuosa raffica di vento radicale avrebbe potuto spazzare con la politica fresca un centro di Roma sempre piu' distratto e infelice. Eppure Pannella e' fuggito dall'ospedale, convinto che il proprio corpo sia la forza naturale e insopprimibile della politica: "C'e' solo una terapia contro ischemie e infarti: l'amore". E invece, a sentire i medici, "ha davvero rischiato" a esibirsi su quella brutta strada, a sgolarsi al vento per la vita del diritto e il diritto alla vita, fra passanti irritati e afflitti che non riescono a ri
spettare piu' nessuno, ma conoscono e riconoscono quella voce "liberale, libertaria e liberista", e i suoi concetti con la febbre, "contro i rottamatori e i rottamati della moralita' ufficiale", e ascoltano senza emozioni i suoi paroloni caricati a salve: "Basta con la politesse che diventa police". Fra tristi negozi di jeans e di dischi, i passanti del sabato sera sono come avvolti dalla sempre piu' familiare "santabarbara del proibizionismo", entrano come fosse una nube condensata dentro "la corsia privilegiata della morte e della criminalita'"... e alla fine mormorano tra loro, con un sorriso inquieto ma ancora affettuoso: "E' il solito Pannella".
Eppure questo Pannella non puo' essere giudicato in base agli umori comiziali, c'e' qualcosa di drammatico e forse di tragico nel "solito Pannella" che gioca anche con la propria vita e sta diventando l'ultimo eversore d'Italia, ogni giorno piu' vicino allo scontro epico e finale, sempre piu' simile all'eroe radicale dell'ultima battaglia. Distribuendo soldi in piazza (cinquantamila a testa) a un'impensabile folla che si mette in fila aspettando il proprio turno, piu' disciplinata dei giovani ai concerti, Pannella, molto piu' efficacemente del Censis o dell'Istat, mostra che cos'e' la poverta' italiana del Duemila: dalla ragazza che prende quei soldi per comprare "la crema per le mani" al giovanotto che vuole "pagarsi la discoteca", all'altro che "potra' comprarsi un altro paio di scarpe": e' un'Italia radicale ed eversiva, senza ideali e senza utopie, e' un'Italia miserabile con il cuore di tenebra. Pannella la chiama, la rivela, e la scaglia contro l'altra Italia, quella che al contrario pagherebbe su
bito cinquantamila pur di non fare la fila, nessuna fila. Il Pannella che distribuisce soldi e hashish, il vecchietto che si fa arrestare, e adesso persino annuncia che distribuira' gratis a Roma mille dosi di eroina, e' un Pannella che gioca pesante, sempre piu' pesante.
Il Pannella malandato che fugge dall'ospedale e' l'evoluzione, adattata ai tempi dell'inciucio e delle transazioni, del Pannella che con il digiuno riduceva il proprio corpo a una spina di pesce, e subito dopo lo gonfiava di metafore da marciapiede, poi lo insaccava in un sudario da fantasma, correva a drogarsi in pubblico... Ma ora la carica eversiva e' molto piu' puntuta, piu' radicale, e allo stesso tempo piu' dolente. E la passione di Pannella e' diventata malinconia, il suo e' l'epico compimento di una specie di guevarismo italiano, l'ultima battaglia contro un mondo, sempre piu' chiuso e sordo, che non e' mai riuscito, per pavidita', a metterlo in prosa, a farlo ministro o commendatore, presidente o cavaliere, a costringerlo a curarsi in ospedale, ma sempre piu' lo spinge invece ad amare il marciapiede. Quel marciapiede che e' la sua patria, e anche il suo letto d'ospedale.