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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 26 novembre 1997
Mi rendo conto che questo intervento meriterebbe di finire nella rubrica "E chi se ne frega", ma volevo precisare, soprattuto "ad usum Grippi" che, pur considerandomi un "libertarian", non mi considero un anarcocapitalista. Essenzialmente per due punti teorici rilevanti. 1) Gli anarcocapitalisti, prefigurando l'estinzione dello Stato e dunque l'allocazione di tutte le risorse sulla base delle contrattazioni fra privati, cancellano di fatto l'istituto delle elezioni. Infatti, l'organizzazione collettiva non deve più essere stabilita da procedure "non mercatistiche" (come le decisioni prese dalla maggioranza nel meccanismo democratico), in quanto i voti-lira (cioé le preferenze espresse dagli individui nelle decisioni di spesa) manifestano le scelte meglio dei voti politici (caratterizzati dal limite dell'indivisibilità: cioé sono costretto a scegliere un partito o una coalizione che attuerà programmi non tutti esattamente coincidenti con i miei). Anche se le motivazioni della superfluità delle elezioni non s
ono fondate su presupposti autoritari, proprio in quanto libertario, e dunque scettico sull'esistenza di valori assoluti e definitivi, non condividerò mai il venir meno della possibilità dei cittadini di esprimere le proprie opzioni sull'organizzazione collettiva. 2) Settore ambientale. La privatizzazione di tutte le parti del territorio non funziona in relazione al mantenimento di zone verdi. Infatti, il proprietario di un terreno avrà profitti molto più alti se vi costruirà sopra palazzi e/o interi quartieri che non gestendo la zona, ad esempio, a parco naturale.

Dunque il mio dissenso nei confronti degli anarcocapitalisti non nasce da una riserva mentale di segno moderato nei confronti del loro "estremismo", ma da precise motivazioni circa la praticabilità di alcune soluzioni. Naturalmente vi sono affinità culturali profonde: ma la diffusione delle loro tesi nasce più dalla passione dello studioso che non dal fanatismo del dogmatico.

 
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