Lunedì, 8 Dicembre 1997L'OSSERVATORIO
L'elettore incalza: no a un Polo frammentato, meglio un partito unico
di RENATO MANNHEIMER
Alla turbolenza di questi giorni in An, la maggioranza dei suoi elettori risponde chiedendo che »il Polo per le Libertà diventi un unico partito . D' altra parte, la stessa richiesta (ma con aspettative diverse, sia in termini di alleanze che di programmi) viene dalla maggioranza degli elettori di Forza Italia, ove pure è in corso una crisi rilevante che tocca perfino la leadership di Berlusconi (solo il 51% degli elettori di Forza Italia e, naturalmente, una quota ancora minore in An, auspica che Berlusconi »rimanga il leader del centrodestra ). Ancora, lo stesso auspicio per ciò che concerne la propria coalizione viene, seppure in misura minore, dalla maggioranza relativa dei votanti per l'Ulivo. In entrambi i Poli la misura di questa richiesta si è accentuata negli ultimi mesi e risulta più diffusa nei partiti »secondi : An e Ppi.
Nell'insieme, si tratta di un auspicio che va al là dei singoli partiti e che è l'espressione di un mutamento in corso nelle logiche stesse delle scelte politiche degli italiani. Lo mostrano anche i risultati delle ultime elezioni su cui, proprio per questo, vale la pena di soffermarsi ancora brevemente. Essi hanno scontentato non solo An e Forza Italia, ma anche molti esponenti del Pds, delusi poiché la Quercia ha ottenuto grossomodo lo stesso consenso delle Politiche del 1996, in contrasto alle vittorie eclatanti dei sindaci nei centri maggiori. I motivi di questa discrasia sono in parte tecnici, ma, assai più direttamente, politici. I meccanismi della legge elettorale suggerivano infatti ai partiti di »spezzettare ,
se possibile, i consensi tra diverse liste. Sono così sorte - spesso con la benedizione dello stesso Pds - varie formazioni locali che hanno intercettato una parte di voti che, forse, la Quercia avrebbe potuto raccogliere. Ma, in misura maggiore, proprio queste liste sono riuscite a convogliare verso il centrosinistra elettori che difficilmente avrebbero scelto il Pds. In più, una quota notevole di elettori ha contrassegnato il nome del candidato senza esprimere un voto per un partito. In parte, ciò è dovuto a incomprensioni sulle modalità di voto. In buona misura, tuttavia, si è trattato di una scelta consapevole: gli elettori cioè che volevano votare proprio la persona del candidato, senza optare per una specifica forza politica. Nel caso delle grandi città, il dispiegarsi dell'»effetto sindaco ha favorito l'Ulivo, ma ha, al tempo stesso, danneggiato la Quercia. Non si tratta di fenomeni nuovi. Anche nel 1996, la vittoria fu dell'Ulivo più che dei singoli partiti. Una quota determinante) di elettori s
celse la coalizione nel maggioritario, senza votare per uno dei partiti che la componevano nella competizione per la quota proporzionale. E lo stesso accadde nel senso inverso (anche se con proporzioni minori) in occasione delle elezioni del 1994. E perfino la vittoria del centrosinistra nelle Amministrative dell'inverno del 1993 era attribuibile più all'immagine di compattezza della coalizione che a meriti delle singole forze politiche. Insomma, tutte le elezioni recenti hanno mostrato come sia in atto un cambiamento significativo nella logica secondo cui gli italiani scelgono chi votare: sempre meno legami di fedeltà al singolo partito e sempre più orientamento alla coalizione e, beninteso, al candidato. Ciò emerge anche da altri sondaggi recenti. Più dell'80% degli italiani ritiene che »ci sono troppi partiti . La maggioranza relativa (42%) vorrebbe 2 grandi coalizioni, anche se una minoranza consistente, il 31%, preferirebbe che si formasse anche una forza di centro, ciò che conferma l'esistenza di un a
mpio mercato potenziale per quest'area. Insomma, secondo i sondaggi e i risultati elettorali il futuro della politica si gioca sul piano delle coalizioni, non su quello dei singoli partiti.
(Sondaggio Ispo-Cra Nielsen)