CORRIERE DELLA SERA Sabato, 20 Dicembre 1997di FRANCESCO MERLO
Con il voto favorevole del Pds e l'astensione della Lega, salvo
ripensamenti dell'ultima ora e salvo una molto probabile latitanza alle
Bermuda, nel mese di gennaio del prossimo anno l'onorevole avvocato
Cesare Previti sara' arrestato e rinchiuso nel carcere milanese di San
Vittore. Lui da anni ripete: "Chiunque vede che se l'accusa contro di me
andasse in porto verrebbe travolto Berlusconi". E la sua non e' tanto o
solo la minaccia di Romolo al fratello Remo. E' la constatazione,
persino banale, che Previti e Berlusconi sono come la corda e il
secchio: non si puo' tirare la prima senza che dal pozzo venga fuori il
secondo. E infatti chi gli sta vicino descrive un Berlusconi impaurito,
che alterna l'euforia alla depressione. I suoi avvocati, sin dal
settembre del 1996, gli consigliano di vendere tutto e di andare
all'estero, e non solo perche' deve vedersela con Previti. Gia' imputato
in cinquanta processi, rischia di diventare, comunque e molto presto, un
collezionista di condanne.
Succede pure che una decina di deputati illustri, da Lucio Colletti ad
Antonio Martino fino ad Achille Serra, discutano sulla opportunita' di
lasciare Forza Italia e di passare al gruppo misto della Camera. E Rocco
Buttiglione avrebbe gia' offerto a tutti i fuggitivi la propria casa,
nonche' la presidenza del partito a Martino. Colletti addirittura si
rifiuta di incontrare Berlusconi dopo avergli detto d'essere disposto ad
affogare assieme a lui "a condizione, pero', che non sia un affogare
nella melma, un affogare con una banda di briganti". Dentro il Polo, una
ferocia privata contro il capo si alterna all'osanna, esagerato e
nevrotico, ogni volta che Berlusconi riunisce i gruppi parlamentari di
Forza Italia e li arringa sulla giustizia promettendo "la rivoluzione in
nome della liberta'". Fini considera Berlusconi un pericoloso estremista,
un ex Sansone stremato, una sorta di Zampano', il forzuto girovago
inventato da Fellini. E c'e' pure chi ha assunto il ruolo ufficiale di
infermiere di campo. L'ex andreottiano milanese Luigi Baruffi intanto e'
diventato la nuova stella del partito: salvato dall'oblio democristiano,
e' l'ultima fiamma del capo. Ogni tanto infine si sparge la voce
fantasiosa di nuovi accordi segreti e risolutivi, ora con Violante, ora
con D'Alema, addirittura con Di Pietro. Rispettando le proporzioni e le
grandi differenze, c'e' qualcosa che ricorda la caduta del fascismo:
mentre si facevano le valigie per la Valtellina, qualcuno annunciava che
Hitler aveva pronta un'arma segreta, il raggio laser, il veleno a
distanza, o chissa' quale altra diavoleria.
Tutti gli italiani sanno che le vite di Cesare Previti e di Silvio
Berlusconi sono cosi' intrecciate da far pensare appunto alla corda e al
secchio, a un unico destino, a un comune pozzo nero. I due hanno
percorso insieme le strade tortuose del successo economico,
dall'acquisto di Arcore sino alla Fininvest e alla Mondadori, con storie
terribili e affascinanti di contesse tradite e invenzioni economiche
brillanti e feroci. Insieme hanno fondato Forza Italia, hanno governato
e hanno perso le elezioni, insieme fanno l'opposizione a Prodi e a
D'Alema: parafrasando Montale, "hanno salito un milione di scalini
dandosi il braccio". E' infatti ancora insieme che si dichiarano vittime
di "un giustizialismo politico barbaro". Dice Berlusconi: "Da quando ho
vinto le elezioni fischiano contro di me le pallottole delle Procure di
regime".
Cesare Previti, si sa, e' un avvocato d'affari, un broker, parola inglese
che significa appunto sensale e mediatore, viene dal latino medievale
broca e passa per il francese broche. In origine stava a indicare quella
zeppa appuntita, quella spina affilata, quella sorta di
pugnale-rubinetto che si infilava nelle botti per spillare il vino e
riempire le bottiglie. Era insomma l'affilato "mediatore" tra un
recipiente grande e uno piu' piccolo. E adesso sembra gia' di capire
meglio, grazie alla filologia, non solo la professione di Previti e di
parte del capitalismo italiano, ma anche quel molto che si conosce delle
carte del Pool di Milano, tutte quelle operazioni bancarie, quei soldi
spillati da una botte per riempirne una piu' piccola, con mille broche
che si fanno strada nel legno, mille rubinetti di denaro, in Italia e
all'estero, e il Psi, e Rovelli, e l'avvocato Pacifico, e il giudice
Squillante, e il magistrato Filippo Verde: botti e broche, altre botti e
altre broche.
Gli italiani sanno pure, dopo anni di scandali, che il capitalismo di
questo Paese e' stato, per decenni, in gran parte in mano a questi
pugnali-rubinetto che spesso lavoravano anche per i servizi segreti e la
politica, interna ed estera. E' stato un mondo di traffici e di
mediatori, grandi e piccoli mediatori, dai Pazienza ai Pacini Battaglia,
dai Cusani ai Previti. Che la giustizia indaghi e giudichi anche Cesare
Previti dunque non puo' scandalizzare davvero nessuno. E poi, come dice
Borrelli, in Italia esiste l'obbligatorieta' dell'azione penale. Indizi
di colpevolezza ce ne sono certamente, sulle prove si vedra'.
All'onorevole Previti non auguriamo la galera perche' non l'auguriamo mai
a nessuno, ma le lettere che indirizza agli altri deputati, quella
lacerante invocazione d'aiuto ("Colleghi, non permettete che mi facciano
marcire in una cella"...), tutto questo sembra l'epilogo di un film sui
pirati. Dentro c'e' il grottesco ma c'e' pure il tragico di quest'Italia.
E tuttavia e' anche vero quel che dice Berlusconi. Hanno cominciato a
indagare quando e' partita l'avventura politica di Forza Italia.
Quell'avvio rumoroso e felice che a molti di noi parve una sorta di
ballo in maschera della politica si e' rivelato per quello che era: un
gioco d'azzardo. La politica non ha ne' protetto ne' salvato il nostro
broker, che anzi e' diventato, grazie alla politica, il Male Assoluto. E
l'allegria dei canti da piano bar e degli slogan calcistici di Forza
Italia si e' trasformata in lenta agonia, il pittoresco che aveva fatto
sorridere il mondo e' diventato un dramma nazionale, e non solo perche'
c'e' l'obbligatorieta' dell'azione penale, che c'era anche prima e ci sara'
anche dopo Berlusconi, ma perche' l'azione penale e' stata anche
accanimento politico, risentimento. La giustizia che viene dal
risentimento e' qualcosa di arcaico, e' una soluzione predemocratica, una
pratica asiatica. La famosa frase che pronuncio' Antonio Di Pietro
quand'era ancora magistrato, e riferendosi alla propria attivita' di
magistrato ("Io quello li' lo sfascio"), e' orribilmente significante, e
tradisce, assieme alla successiva carriera politica di Di Pietro, una
concezione mesopotamica del giustizialismo che deve inquietare tutti,
tanto i colpevoli quanto gli innocenti.
Nei momenti di euforia, nei momenti di maggiore ottimismo, l'infermiere
di campo di Forza Italia, colto e delicato liberale, ripete a Berlusconi
una cosa che non e' vera e che e' bene che non sia vera: "Non si
permetteranno di toccare davvero il leader dell'opposizione, non
sfideranno otto milioni di voti, non calpesteranno il venti per cento di
questo Paese". C'e' in questa affermazione, falsa ma sinceramente
affettuosa, la prova definitiva che non e' vero che si possa separare la
politica dalle vicende giudiziarie di Previti e campo di For
Non e' vero che la Bicamerale non ha nulla a che fare con il Pool di
Milano. Sostenerlo, magari invocando la scienza politica e la teoria
filosofica o la solita onnipotente magia del solito mondo anglosassone,
e' un'altra ipocrisia nazionale, un altro tentativo impossibile, un'altra
astruseria all'italiana. La politica ha acceso i riflettori sui
malaffari di Previti, una precisa cultura politica, piena di
risentimento, ha scoperchiato tutte le pentole di Berlusconi. Le Corti
giudicheranno uomini interi, perche' non si dividono in piani le
coscienze, non esistono farabutti che siano anche padri della patria,
canaglie nei caveaux delle banche ed eroi nazionali in Bicamerale.
Probabilmente dunque bisognera' ricominciare da capo anche con la
politica. E non e' detto che vada meglio. Altro che bipolarismo,
bicamerale e Paese normale. Qui ci sono solo una corda e un secchio. E
sul fondo del secchio, sulla superficie del fango, si riflette il viso
di chi sta tirando la corda.