http://www.geocities.com/CapitolHill/8351/"Sono Davide Emmanuello e le scrivo per porre alla sua attenzione la scandalosa mancanza di regole processuali in cui si svolge il processo in Corte di Assise di Appello di Genova, che mi vede alla sbarra (con i miei fratelli ed altri) con l'accusa di omicidio, traffico di stupefacenti, rapine e associazione mafiosa - 416 bis- (assolti di quest'ultimo reato già nel primo grado).
Detto questo devo premetterle che abbiamo già subito processi in varie fasi di giudizio, che ci vedono condannati per mafia, pero' sono arrivati alla condanna "alleggerendo" le regole processuali sulla prova; in pratica sono bastate le parole dei pentiti, peraltro contraddittorie, senza la necessità di andare a cercare i tanto famosi riscontri.
La regola del "doppio binario", per una classe di cittadini c'è un codice, per un'altra classe (i presunti mafiosi) ce né un altro. E poi scrivono nelle aule dei tribunali: "LA LEGGE E' UGUALE PER TUTTI" !?!.
Di ricorrere al "doppio binario" per valutare le prove di colpevolezza, è stata la richiesta esplicita fatta alla Corte dal proc. Dott. Lalla, in apertura di requisitoria!
Cercando di sintetizzare, questi guai iniziano quando vengo accusato dell'omicidio di Angelo Stuppia (avvenuto a Genova il 20/11/90) sulla base di alcuni frammenti di impronte digitali trovate nell'auto che sarebbe stata usata dai killers; vengo assolto in primo grado dopo una perizia d'ufficio (cioè di un perito nominato dalla Corte, al di sopra delle parti) che definisce inutilizzabili le impronte sulla base delle quali la polizia scientifica aveva fondato l'accusa.
In appello, il p.m. chiede la rinnovazione della perizia e vengono nominati due periti, uno dei quali - nonostante le proteste della difesa- appartiene ancora alla polizia giudiziaria; l'altro un giovane e sconosciuto criminologo svizzero.
Nel frattempo sbuca l'atteso pentito Domenico Sorrentino, Malavitoso, tossicodipendente, ammalato di AIDS all'ultimo stadio, che - ancor prima di comparire in aula per la prima volta- scrive alla p.m. Anna Canepa, mettendo per iscritto le sue richieste per se stesso, per la fidanzata e per il fratello, altrimenti dispiaciuto, ma non si sarebbe presentato in aula a deporre. Il pentito, minato dalla malattia e con una "prognosi di vita" al massimo di qualche anno, si accusa dell'omicidio (anche di altri rimasti privi di colpevoli) e chiama in correità l'assolto Davide Emmanuello e i fratelli Nunzio e Alessandro.
Il cerchio, grazie anche al rifacimento della perizia che - prevedibilmente - stabilisce la perfetta utilizzabilità delle impronte (ad onta dell'opinione del chiarissimo professore, titolare dell'istituto di medicina legale dell'Università di Torino dott. Baima Bollone, che al contrario l'aveva precedentemente esclusa), si chiude: condanna in Appello per Davide Emmanuello. Ma ancor più grave è la condanna per i miei fratelli, per i quali non ci sono impronte o altro; contro di loro solo ed unicamente la "parola del pentito": "Sono stati loro".
Tanto basta. ERGASTOLO per TUTTI.
Esempio concreto di "doppio binario".
Prima che iniziasse il processo di appello bis, scoppia lo scandalo della DIA, notissimi investigatori vengono arrestati con l'accusa di aver falsificato le prove (talvolta inventando di sana pianta i reati) contro alcuni soggetti, al fine di realizzare clamorose operazioni. Nel "mandato di cattura" contro questi sono menzionate anche operazioni oggetto del procedimento in corso (la cosiddetta "operazione Medusa"). Ovvio l'interesse a riaprire il dibattimento sul punto per verificare che non si sia trattato di una delle operazioni fantasma, inventate per glorificare il "mitico" gruppo di Riccio.
C'è qualcosa di più inquietante, questi investigatori (e loro colleghi assai vicini), sono quelli che hanno "gestito" i collaboratori di giustizia nella più delicata delle fasi, quella dei primi contatti.
Hanno cioè raccolto le loro prime dichiarazioni, li hanno accompagnati sui luoghi dei delitti per i primi sopralluoghi. La stessa sentenza di primo grado aveva censurato (ancor prima che scoppiasse lo scandalo l'attività inquinante di alcuni di questi soggetti, che con le loro intempestive iniziative avevano talora alterato la prova dei reati (in un caso il capitano dei ROS Mettifogo, accompagno' un pentito sui luoghi di un omicidio ancor prima che costui ne parlasse al p.m., cosicché fu in grado di descrivere perfettamente quei luoghi e percio' fu creduto, fino a quando - per un puro caso- una frase sfuggita in dibattimento ad uno di essi, non accerto' la sventata iniziativa).
Tanto non basta, pero', ad ottenere l'esame in aula di quei tutori dell'ordine per accertarne la legalità di comportamento nella ricerca delle prove.
Ogni richiesta in tal senso è stata RESPINTA! Su esplicita richiesta - avvenuta tramite il personale invio di due fax - la corte ha dovuto ascoltare in dibattimento il 26/11/97, il maresciallo di C.C. Giovanni Ferrari (attualmente detenuto perché accusato di illegalità in concorso con il col. Riccio Michele e "mitico" gruppo).
Questi riferiva come veniva istruito il pentito Denili, con questionario completo di risposte fornitogli dal col. Riccio, di alcune falsificazioni di prove operate dagli stessi, e concludeva dicendo che il maresciallo Parrella era a conoscenza di irregolarità, operate dallo stesso, in concorso con il cap. Mettifogo riguardanti i fatti proprio del processo in corso.
Nonostante le reiterate richieste dei difensori di ascoltare in udienza il Maresciallo Parrella, la corte rigettava non ritenendo necessario tale accertamento.
Cose normali in un paese dove vige il "doppio binario".
Il mese scorso è accaduto un fatto che, se non fossero in gioco i destini e la vita di persone (ancorché presunte mafiose !?!), sarebbe da ritenersi comico; ad un'istanza presentata da un difensore nell'interesse del suo assistito, collaboratore di giustizia, risultava allegata - per errore - copia di un foglio di appunti redatti da un poliziotto (testimone nel processo in corso) intitolato "COMPITO PER FABIO" (Fabio è - ovviamente - il pentito) dove venivano elencati fatti omicidiari e accanto nomi di imputati. Seguivano criptiche raccomandazioni ("ricordati di Andrea") e la promessa: "se svolgerai bene il compito entro venerdi' potrai scegliere tra (luoghi ameni dove vengono collocati i collaboratori di giustizia). A scanso di equivoci, il foglio risultava firmato in calce: F.to Jannotta (ispettore di P.S., testimone che aveva deposto in primo grado).
Tante cose sono saltate fuori in questo processo per puro caso, chissa' quanto ancora si potrebbe scoprire con le dovute investigazioni, tanto più che il processo è proprio il momento più appropriato per la ricerca della verità.
In ogni modo la procura non ha avuto dubbi nel chiedere "L'ERGASTOLO".
Quanto da me affermato puo' approfondirlo con maggiore incisività e con l'aggiunta di documenti (Sentenza di primo grado con censura all'operato del cap. Mettifogo, dichiarazioni dell maresciallo Ferrari, lettera tra pentito Sorrentino e p.m. Canepa, foglio con firma Jannotta compito per il pentito) mettendosi in contatto con i miei difensori che saranno ben disposti a fornirle le informazioni opportune.
La ringrazio anticipatamente per la sua cortese attenzione e le porgo distinti saluti."
Emmanuello Davide.