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LA REPUBBLICA 18 GENNAIO 1998

LA POLEMICA

IL GOVERNO HA STANZIATO 8 MILIARDI E MEZZO PER L'EMITTENTE DI PANNELLA CHE TRASMETTE LE 'DIRETTE' DAL PARLAMENTO. LA RAI POTEVA FARLO A COSTO ZERO.

E PRODI SALVA RADIO RADICALE

Di Sebastiano Messina

"Se 'Il Popolo' soffiasse al Poligrafico dello Stato la redazione e la stampa della Gazzetta Ufficiale, tutti direbbero - giustamente, legittimamente - che siamo al regime. Non si può affidare a un organo di partito il compito di portare nel paese le decisioni del Parlamento. Non si può assegnare a un giornale dichiaratamente di parte e, per sua stessa natura, fazioso, un compito che richiede obiettività e imparzialità. E' lampante. Perché, allora, se Radio Radicale - 'organo della Lista Pannella' - strappa alla Rai per un altro anno la trasmissione delle 'dirette' delle sedute parlamentari, con lo sconcertante appoggio del governo e di mezzo Parlamento, allora è una vittoria della libertà e della democrazia?

C'è qualcosa che non quadra, nella strepitosa opera di seduzione collettiva che Marco Pannella ha condotto con insuperabile maestria, anche se il copione era quello già visto tante volte: prima lo straziante annuncio della chiusura, poi uno sciopero della fame e i cartelli contro il regime, quindi l'appello ai Grandi Nomi e le firme di qualche centinaio di parlamentari, infine l'assedio sotterraneo al governo, un martellante ricatto psicologico che si conclude puntualmente con la resa, per stanchezza o per disperazione, dell'assediato di turno. Cedette per la prima volta il severo Carlo Azeglio Ciampi, che staccò per conto dello Stato un assegno di 20 miliardi. Cedette (quasi subito, bisogna dirlo) l'amico Silvio Berlusconi, che firmò un contratto di 8 miliardi e mezzo per tre anni. E ha ceduto, adesso anche l'austero Romano Prodi, che prima ha autorizzato la Rai a comprare le frequenze da Pannella (trattativa fallita: chiedeva 50 miliardi), poi ha prorogato di altri 12 mesi il contratto di convenzione con l

a radio di Pannella.

Ora, mentre Ciampi e Berlusconi non avevano scelta, se volevano garantire le 'dirette' radiofoniche delle sedute parlamentari, Prodi un'alternativa ce l'aveva: il servizio pubblico. Obbligata dall'ultimo contratto di servizio a 'realizzare una rete radiofonica riservata esclusivamente ai lavori parlamentari' la Rai era pronta ad accendere la sua 'Radio Parlamento'. Le nuove frequenze erano state acquistate e il direttore del Giornale Radio aveva già formato una redazione speciale. Trattandosi di un compito del servizio pubblico, allo Stato non sarebbe costato una lira.

Ma Prodi non ha deciso così. Venerdì il governo ha approvato una superproroga per Radio Radicale, ha sciolto la Rai da uno dei suoi doveri di sevizio pubblico e ha annunciato che per il futuro si ricorrerà a una gara. Ora, sarà molto interessante assistere a un'asta alla quale parteciperanno da una parte un organo di partito, Radio Radicale, e dell'altra la concessionaria del servizio pubblico, la Rai, la quale non potrà che offrire gratuitamente il più pubblico dei servizi. Insomma un bel pasticcio, contro il quale si è battuto quasi da solo il sottosegretario Vincenzo Vita. Ma cosa poteva fare il povero sottosegretario alle Poste di fronte a un'offensiva di persuasione che ha coinvolto Bobbio e Agnelli, Di Pietro e Previti, De Mita e Occhetto, il 'parlamento della Padania' e i sindaci dell'Ulivo, Manconi e Marini e persino Andreotti e Leone? Nulla.

La superlobby pannelliana ha vinto. Radio Radicale può continuare a vivere, i suoi 17 giornalisti continueranno a essere pagati come impiegati (cioè la metà) e il suo insuperabile editore continuerà a incassare 8 miliardi 734 milioni l'anno come 'organo della Lista Pannella' e altri 8 miliardi e mezzo come 'Radio Parlamento', con un utile netto di 2 miliardi 499 milioni. La libertà e la democrazia sono salvi. Il forziere di Pannella pure".

PER EVENTUALI COMMENTI SI PU0' SCRIVERE A: "LA REPUBBLICA", Piazza Indipendenza 11/b - 00185 Roma - Fax 06 49822923 Internet: larepubblica@repubblica.it

 
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