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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 13 febbraio 1998
PANNELLA: A PROPOSITO DEL "REFERENDUM COLOMBO", CHE "REPUBBLICA" E "IL CORRIERE DELLA SERA" INDICANO COME EVENTUALITA DOPO AVERLO SEQUESTRATO E NASCOSTO AI LORO LETTORI, SABOTANDOLO.
SEGUE RICHIESTA DI RETTIFICA E DI PRECISAZIONE A TERMINI DI LEGGE PER LE DUE MASSIME TESTATE DEL SISTEMA.

Roma, 13 febbraio 1998

Dichiarazione di Marco Pannella:

"I due massimi quotidiani del sistema editoriale italiano s'accorgono, simultaneamente, dell'esistenza di un quesito referendario di riforma del sistema elettorale vigente.

Tale quesito, scrivono, è opera di "un giovane della galassia radicale", Emilio Colombo. Il che è assolutamente esatto: da oltre due anni quel nostro compagno si batte perché quel quesito venga preso in considerazione e in forza anche dalla stampa italiana, dai cronisti, dagli osservatori, dai politologi, oltre che dai politici di casa. Invano. E non solamente lui; ma anche qualcuno e qualcosa d'altro, che - more solito - i due massimi quotidiani suddetti, e i due massimi loro redattori, censurano, ostracizzano, soffocano come e quando possono, finché morte non sopraggiunga. Sicché "Il Corriere della Sera" e "Repubblica" (e il presente comunicato vale anche come rettifica e precisazione a termini di legge) non scrivono, nemmeno oggi, che i quattro quesiti (non "uno") furono depositati ufficialmente in Corte di Cassazione il 30 aprile e il 2 maggio 1997 dalla "Lista Pannella" e dall'Associazione Comitato Referendum, che con relativi moduli furono inviati in 18.000 sedi istituzionali di raccolta di firme (Comu

ni, Circoscrizioni, Tribunali e Corti d'Appello); che dal 12 giugno del 1997 tutti quei moduli furono vidimati, che l'operazione complessiva costò mesi di fatiche democratiche, oltre ad un miliardo di lire circa (fra spese di stampa, di spedizione, di vidimazione, di pubblicità a pagamento), mettendo così in condizioni qualsiasi forza politica, qualsiasi persona di sostenere il quesito, come al solito a nostre esclusive spese, e vantaggio loro.

Non valsero conferenze stampa, informazioni individuali, collettive private e pubbliche. L'iniziativa pubblica, secondo la regola, divenne per il sol fatto di essere, oltre che di Emilio Colombo, "anche" nostra, clandestina. Ma il Ministro degli Interni Napolitano se ne accorse: e accorse con circolare tuttora vigente a proibire di fatto la raccolta di firme referendarie in Italia (riuscimmo a malapena a farne sospendere gli obbligati effetti poiché era evidente che non si potesse decentemente e giuridicamente mutare le regole del gioco a partita iniziata).

I due massimi quotidiani colgono l'occasione per censurare la storia una volta di più: fummo, per i referendum del 1993 come per ogni altro (ad eccezione di quello Segni sull'abolizione dei voti di preferenza plurimi) attori determinanti della raccolta di firme, come del loro concepimento e del loro deposito, nella stessa tornata nella quale, da soli, vedemmo approvati i nostri (e solo nostri) referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti e per la depenalizzazione del consumo e la riduzione della proibizione delle cure in atto in tema di droghe in Italia. Referendum - così come quello elettorale - traditi e inattuati malgrado le nostre assolutamente solitarie lotte e denunce.

E se estendessimo il "paradosso Pasolini" che chiedeva la soppressione della televisione in nome della informazione e della conoscenza, anche alla stampa italiana, lasciando libero campo solo a quella "straniera" e non FNSI?"

 
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