La Stampa18 Febbraio 1998, pag6
di Flavia Amabile
LA PROTESTA PER RADIO RADICALE
Roma
Pochi minuti dopo mezzanotte, ovvero la trentunesima ora del sit-in di Emma Bonino davanti a Palazzo Chigi, la prima dell'ennesima serata di nebbia umida e fredda di questo febbraio romano. Il commissario europeo è seduto su una poltroncina di vimini portata da casa. La zazzera bionda irrigidita dalla lacca e uno spicchio di volto sono tutto ciò che appare. Il resto del commissario europeo è sommerso sotto una montagna di strati. Nell'ordine, dall'interno verso l'esterno: vestiti, cappotto, sacco a pelo tirato su fino alle orecchie, scialle e/o coperta, una nuvola di fumo di sigarette. Intorno a lei siedono, in cerchio, dieci militanti dei riformatori di Pannella. In piedi, altri militanti in ordine sparso. In totale, una ventina di manifestanti, la metà della notte precedente. Mancano in tanti, e manca soprattutto lui, il protagonista di quest'ennesima manifestazione dei riformisti, organizzata per chiedere soldi e mantenere in vita la loro voce, Radio Radicale.
Manca Marco Pannella. Non si è fatto vedere la prima notte all'addiaccio, né lo farà la seconda. Inutile chiedere notizie ai manifestanti. Si ottiene soltanto un silenzio imbarazzato o qualche risposta piccata: "Marco è a casa", "Non crediate che stia dormendo", "L'abbiamo appena sentito", "Questa è una manifestazione autonoma di Emma Bonino". In ognuna di queste risposte c'è un frammento di verità, ma nessuno ha il coraggio di raccontare dell'ira di Pannella dei giorni scorsi contro il suo più autorevole e importante esponente di partito. "Tu non fai abbastanza per la nostra causa" è il suo rimprovero. Emma Bonino è una donna di grande forza. Tra meno di un mese compirà cinquant'anni. Ha speso almeno trent'anni tra scioperi della fame, manifestazioni e arresti al fianco di Pannella. Gli ultimi tre li sta trascorrendo tra Africa, Cecenia, Afghanistan, ovvero tra kalashnikov, mine e ogni sorta di battaglie e cause umanitarie. Di fronte al rimprovero di Pannella ha reagito com'è nel suo stile, passand
o alla storia come il
primo commissario europeo che, come un barbone, dorme per due notti di
seguito in una piazza del centro di Roma e, come un qualsiasi dimostrante, si appende al collo scritte di protesta contro il governo che in realtà dovrebbe
rappresentare. L'idea è giusta, la risonanza del gesto garantita. Mezz'ora dopo la mezzanotte, arrivano i quotidiani, freschi d'inchiostro. Tutti riportano la notizia. E' un conforto, ma non rende meno difficile affrontare questa seconda lunga notte.
Palazzo Chigi è davanti ai manifestanti, chiuso e spento, la piazza ormai popolata soltanto di poliziotti. Passa qualche coppietta, ma nemmeno degna di uno sguardo il capannello di protesta. Stanchezza e freddo producono i primi "Ciao, ci vediamo tra qualche ora". Sulla piazza rimangono in quindici. Per riscaldarsi, cantano vecchie canzoni: un po' di Paoli, un po' di Guccini e persino qualcosa di Celentano. Dopo un quarto d'ora di cori, sul capannello cala il silenzio. Lo interrompe dieci minuti prima dell'una una voce dal forte accento meridionale.
"Emma! Che ci fai qui?" E' Clemente Mastella, accompagnato da Angelo Sanza e dalle consorti. Reduce da una lunga giornata di resa dei conti con l'ex amico/compagno di partito Pierferdinando Casini, non ha ancora letto i giornali e nulla sa della protesta della Bonino. Si avvicina, calpesta con fare disinvolto alcuni cartelli di protesta e fa finta di ascoltare le spiegazioni dei riformisti sui motivi del sit-in. Poi, si rivolge alla Bonino e devia la conversazione su un argomento che gli sta molto più a cuore: "Emma, debbo poi chiederti quell'incontro per le regioni meridionali...", le urla. E' l'ultimo incontro della notte. Alle due sulla piazza sono rimasti in dieci e Emma Bonino dorme della grossa. Dalla montagna di strati non esce più nemmeno la zazzera bionda. Alle tre squilla un telefonino. E' Radio
Radicale. Chiedono di Emma Bonino per registrare un intervento. Devono
scuoterla più volte, ma alla fine riescono a svegliarla. Emma Bonino ha la
voce impastata di sonno:" Dopo 36 ore devo sospendere la mia presenza, sapendo che . avrei prolungato la mia presenza se fossi stata libera da impegni istituzionali ". E' una spiegazione per giustificare ai radioascoltatori il suo abbandono anticipato del sit- in. "Mandatelo in onda domani mattina", chiede al termine del collegamento. Poi, aggiunge:" Mi raccomando, dopo averne parlato con Marco".